Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33682 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 391/2021 proposto da:

I.S., cittadino nigeriano, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Carotta, con domicilio eletto presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione Internazionale, Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2229/2020 della CORTE D’APPELLO di Venezia depositata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/10/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

I.S., ricorre per cassazione sulla base di tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, che ha confermato la sentenza del medesimo Tribunale di rigetto dell’opposizione avverso il diniego, da parte della Commissione Territoriale della protezione internazionale nella forma dello status di rifugiato, e, in subordine della protezione sussidiaria e del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il ricorrente, cittadino della Nigeria, Benin City, aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese per il timore di essere arrestato dalla Polizia, in quanto, incarcerato in via cautelare per un sospetto omicidio e rilasciato su cauzione sarebbe nuovamente ricercato.

La Corte d’appello ha ritenuto intrinsecamente inattendibili le dichiarazioni fornite dal ricorrente ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b; nonché ha escluso la sussistenza di una violenza indiscriminata nella zona di provenienza del richiedente.

Il Mistero degli Interni si è costituto solo formalmente.

Con un primo motivo deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, nn. 3 e 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, in relazione all’art. 116 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere la Corte di appello non dato conto del timore del richiedente di subire conseguenze negative nel caso di rientro nel Paese d’origine omettendo di dare applicazione agli indici legali di affidabilità (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5) in sede di valutazione della credibilità del racconto offerto dal ricorrente.

Con un secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1 e art. 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il giudice del gravame omesso di applicare l’art. 14, lett. b e c, in violazione dei criteri legali di valutazione degli elementi di prova con riferimento alla credibilità intrinseca del ricorrente.

Con il terzo motivo si duole della nullità della sentenza per motivazione apparente violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, per non aver il giudice di appello valutato la vulnerabilità in relazione alle condizioni di vita del ricorrente allegate in giudizio ed omesso l’esame di un fatto decisivo.

I primi due motivi sono inammissibili.

La Corte ha ritenuto che le vicende riferite dal ricorrente non fossero credibili rilevando in questo senso l’imprecisione e la scarsa coerenza del racconto ed i contrasti emersi fra la versione offerta avanti alla Commissione e quella data avanti al Tribunale (cfr. pag. 5 e pag. 6 della sentenza impugnata).

Ha poi evidenziato che le vicende narrate, al di là della scarsa credibilità rilevata, rientravano nella sfera penale ordinaria e come tali estranei alle ipotesi previste dalla legge per fruire delle protezioni invocate.

Occorre anzitutto osservare che il legislatore ha ritenuto di affidare la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo non alla mera opinione del giudice ma ha previsto una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e, inoltre, tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui al D.Lgs. cit., art. 5, comma 3, lett. c)), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, sicché è compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda” (Cass. ord. 26921/2017). Alla luce di quanto sopra appare evidente che il dovere del giudice di considerare veritiero il racconto del ricorrente anche se non suffragato da prove richiede pur sempre che le dichiarazioni rese dal richiedente asilo siano ” considerate coerenti e plausibili” (art. 3, comma 5, lett. C) e che il racconto del richiedente sia in generale “attendibile” (art. 3, comma 5, lett. E).

Nella fattispecie il giudice di merito ha escluso, per le ragioni anzidette, la attendibilità del racconto sicché ad essa consegue l’insussistenza di un danno grave ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria nelle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Si rileva, in proposito, che la prima forma di tutela esige che si dia conto di una personalizzazione del pericolo di essere fatto oggetto di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica: ciò che nel caso in esame deve evidentemente escludersi. In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. C), il Giudice ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva e con uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione del paese di origine l’assenza di minaccia grave e individuale alla vita e di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria. Inoltre, la Corte di appello ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da numerosi siti internet tutti elencati nella sentenza (da pag. 9 a pag. 16) da cui ha evinto che non vi sono situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico nella Nigeria – Benin City.

Con riguardo all’ultimo profilo di censura va in primo luogo osservato che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. 7 novembre 2017, n. 26310; Cass. 27 ottobre 2017, n. 25557; Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036).

Ciò posto il ricorrente con il mezzo de quo ha inteso dolersi della violazione dell’art. 112 c.p.c., del mancato esame della domanda di protezione umanitaria che era stata proposta come misura residuale in aggiunta a quelle maggiori. Esame che nella specie è stato del tutto omesso.

Ne si può ritenere che il suo omesso esame sia frutto di un implicito rigetto desumibile dal mancato accoglimento delle misure di protezioni maggiori.

Il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente asilo, relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno di una domanda di protezione internazionale, infatti non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, poiché la statuizione per questa domanda è il risultato di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale (Cass. n. 8020/2020) nel caso in esame però tale verifica è del tutto mancata.

La deduzione del vizio sebbene denunciato come violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, va riqualificato alla luce delle argomentazioni dedotte come violazione ex art. 112 c.p.c..

La decisione va cassata e rinviata alla Corte di appello per l’esame della domanda di protezione umanitaria.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso così come riqualificato e rigetta i restanti cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello del Veneto.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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