LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25592/2019 proposto da:
K.A., rappresentato e difeso dall’avv. MARTINO BENZONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositata il 03/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO Che:
K.A., cittadino del Pakistan, a seguito della decisione della Commissione territoriale che aveva respinto la sua domanda di protezione, adiva il Tribunale di Trieste. A sostegno della domanda, ha dichiarato in sede amministrativa di aver lasciato il Pakistan perché accusato di essere un informatore della polizia dai talebani e, al contrario, un complice di questi ultimi da parte delle forze di polizia.
Il Tribunale di Trieste, con decreto 3 luglio 2019, n. 1978, rigettava la domanda.
Avverso la decisione K.A. propone ricorso per cassazione.
Il Ministero dell’interno non ha proposte difese.
CONSIDERATO
Che:
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
1) Il primo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente individuato la regione di provenienza nel Khyber Pakhtunkhwa invece che nel Khyber Agency (FATA), così omettendo di verificare l’esistenza di un conflitto armato generalizzato nella regione di provenienza del ricorrente.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente non considera che dal maggio 2018 il Khyber Pakhtunkhwa ha assorbito il Khyber Agency, che non ha più autonomia dal punto di vista amministrativo, così che correttamente il Tribunale ha esaminato la situazione della regione del Khyber Pakhtunkhwa.
2) Il secondo motivo denuncia la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per l’erronea o falsa applicazione delle norme di diritto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9 e art. 8, comma 3”, in quanto il Tribunale non avrebbe ottemperato all’obbligo di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, avendo l’obbligo di indicare fonti più recenti e “maggiormente attinenti al caso di specie”.
Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha indicato quale fonte l’Ufficio Europeo di sostegno per l’asilo (EASO, 2016/2017), e a fronte di tale indicazione il ricorrente si limita a genericamente lamentare il mancato utilizzo di fonti più recenti, senza tali fonti individuare e senza indicare in alcun modo il loro contenuto.
3) Il terzo motivo denuncia l’omessa valutazione della domanda di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente si limita a ribadire la sussistenza di una situazione di vulnerabilità legata alla condizione socio-politica della regione di provenienza e a parlare di “documentato, felice percorso di integrazione sociale nel nostro paese”, senza alcun riferimento specifico e in particolare senza contestare la dichiarazione del Tribunale della mera allegazione di un lavoro a tempo determinato, carente di buste paga.
II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, non essendosi il Ministero intimato difeso nel presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021