Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33784 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 6771/2014 proposto da:

Z.C. rappresentata e difesa dall’avv. Giulio Mario Guffanti e dall’avv. Fabrizio Grassetti elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma via 3ei Pompeo Magno n. 2 B;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate rappresentato e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

– resistente –

Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale dell’a Lombardia n. 106/31/13 depositata il 25 luglio 2013;

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella Camera di consiglio del 4/11/2020.

RILEVATO

che:

Z.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 106/31/13 depositata il 25 luglio 2013.

La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso di accertamento ***** per l’anno 2005 e ***** per il 2006.

L’accertamento evidenziava incrementi patrimoniali avvenuti nel 2005-2006 relativamente all’abitazione principale in *****, nel 2007 relativamente ad un immobile in ***** e nel 2009 relativamente ad un immobile in *****.

La contribuente impugnava gli atti impositivi innanzi alla CTP di Varese che accoglieva il ricorso. Esito che veniva però contraddetto dall’opposta pronuncia del giudice d’appello.

L’impugnativa in esame è basata su due motivi esposti nel controricorso, cui ha fatto seguito memoria illustrativa.

Non ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che si è costituita solo ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, per un verso, che sia stata calcolata, nell’avviso di accertamento per gli anni 2005 e 2006, una spesa, quella per l’acquisto dell’immobile nel comune di *****, effettuata nel 2007 e quindi successivamente all’anno in verifica.

Sostiene la ricorrente che l’Ufficio sarebbe incorso nella violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, come modificato dalla L. n. 248 del 2005, inserendo negli avvisi relativi agli anni in verifica, quote di una spesa ad essi successiva e perciò stesso non pertinente.

La censura quanto alla spesa effettuata al 2007 è da ritenere infondata.

Infatti, l’art. 38, comma 5, nella formulazione precedente alla modifica apportata dal D.L. n. 78 del 2010, dispone che, se nel corso dell’accertamento sintetico relativo ad un periodo dato, risulti che il contribuente disponga di beni indicativi di capacità contributiva si presume ex lege che la spesa sia avvenuta mediante l’impiego di risorse economiche che il contribuente ha conseguito, in quote continue, nell’anno in cui ha “effettuato” la spesa e nei quattro precedenti. Per cui se l’anno in verifica sia uno dei quattro precedenti a quello in cui la spesa è stata effettuata, il reddito dell’anno in accertamento sarà onerato di 1/5 dell’importo della spesa, in base alla suddetta presunzione che quella quota di reddito si sia prodotta nel periodo cui si riferiscono gli avvisi di accertamento emessi, nella specie il 2005 e il 2006. Pertanto, correttamente, per ciascuno di tali anni, l’Ufficio ha tenuto conto anche della quota della spesa effettuata nel 2007, rilevata nel corso dell’attività accertativa svolta nel 2010 e trasfusa negli avvisi notificati il 15 e il 17 luglio 2010.

Diversa e’, invece, la valutazione relativa all’altro profilo pure dedotto in seno allo stesso primo motivo.

La contribuente censura che, nell’attività di verifica, trasfuso negli avvisi di accertamento per il 2005 e per il 2006, sia stata calcolata anche una quota relativa ad una spesa per un incremento patrimoniale (l’immobile di *****), posto in essere nel 2009 e ritiene che la CTR avesse errato nel considerare corretta tale operazione dell’Ufficio, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, come modificato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22.

Ora, la nuova formulazione risultante dalla modifica in tema di accertamento sintetico, ha effetto “per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Ha cioè effetto dal 31 maggio 2010, con riferimento all’anno d’imposta 2009, per il quale, a tale data, il termine di presentazione della dichiarazione non era ancora scaduto.

La norma novellata dispone che le spese effettuate nel periodo d’imposta, a far tempo dal 2009, debbano essere valutate – ai fini della determinazione delle imposte, dovute per quell’anno – nella loto interezza e, quindi, non più frazionate in quote continue, nell’anno della spesa e nei quattro precedenti.

La nuova disposizione pone, cioè, una barriera temporale nel senso che, dal periodo d’imposta 2009, le spese avvenute in quell’anno, soggiacciono alle nuove modalità di accertamento. Tal che esse non sono più ripartibili così contribuendo a formare, pro-quota, la base imponibile per la tassazione dell’anno della spesa e dei quattro precedenti.

Va poi ricordato che, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 2, la dichiarazione dei redditi deve essere presentata tra il primo maggio ed il 30 giugno, e se in via telematica entro il 30 settembre, dell’anno successivo a quello cui si riferisce l’imposta.

Pertanto – ritiene il Collegio – la situazione reddituale maturata nel 2009, che sarebbe stata oggetto della relativa dichiarazione, il cui termine di presentazione non era ancora scaduto al 31 maggio 2010, debbono ritenersi soggetti alla nuova disciplina.

Talché, per gli incrementi patrimoniali frutto di spese sostenute in tale anno, non può più trovare applicazione, con riferimento agli l’avviso di accertamento relativi agli anni 2005 e 2006, il c.d. vecchio redditometro. Ne’ può computarsi in essi la quota dell’importo di un incremento patrimoniale acquisiti a far tempo dal 2009, costituente, tale anno, lo spartiacque tra la nuova disposizione e la precedente.

Quanto al secondo motivo, ritiene il Collegio che esso, pur se nominalmente riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contiene una censura relativa “all’insufficienza della motivazione per non aver il giudice di secondo grado adeguatamente esaminato.. la documentazione esibita sin dal primo grado di giudizio”. Ed è perciò inammissibile per non essere conforme alla sua riformulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b).

In definitiva, inammissibile il secondo motivo, deve ritenersi fondato il primo limitatamente al profilo con cui la parte censura che l’accertamento, relativo agli avvisi per gli anni 2005 e 2006, abbia incluso, nel calcolo del maggior credito d’imposta preteso per ciascuno di essi, la quota relativa della spesa per l’acquisto dell’immobile in *****, (perché) effettuata nel 2009.

Va perciò cassata la sentenza impugnata, con rinvio del giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, per il riesame nei termini indicati in motivazione e per le spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto indicato. Cassa la sentenza impugnata, rinvia il giudizio per il riesame e per la definizione sulle spese alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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