Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33795 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G. 23124/2015 proposto da:

COMUNE DI TORINO in persona del vicesindaco pro tempore elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno Buozzi, 87 presso lo studio dell’avv. Colarizi Massimo che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Melidoro Antonietta Rosa dell’Avvocatura comunale di Torino;

– ricorrente –

contro

ARCO SPEDIZIONI S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore con sede legale in Monza rappresentata e difesa dagli avvocati Sardella Alfredo e Salvucci Cristina elettivamente domiciliata nel loro studio in Milano, viale Regina Margherita, 7;

– controricorrente –

avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE, depositata il 6 marzo 2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07.07.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO RITA.

RILEVATO

Che:

La società ARCO spedizioni ha impugnato l’ingiunzione per il recupero dei canoni dovuti sui mezzi pubblicitari per gli anni 2006/2008 emessa dal Comune di Torino e relativa a tre insegne di esercizio della società, costituite da pannelli frontali murali applicati presso l’unità situata nell’interporto Nord di Torino.

Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado. Il Comune di Torino ha proposto appello che è stato respinto dalla CTR del Piemonte, sul rilievo che secondo il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 1 e art. 17 del sono escluse dall’imposizione le insegne in cui la scritta e il logo occupino una superficie inferiore a 5 m quadri e nella specie si tratta di tre pannelli separati di una superficie totale di 28,5 m quadri in ognuno dei quali la superficie della figura piana che contiene il logo e la denominazione dell’azienda è inferiore a metri quadri 5. La CTR rileva inoltre che è da escludere la valenza pubblicitaria dell’insegna perché posta al solo scopo di rendere individuabile il luogo in cui si devono recare i soggetti che hanno già concluso il contratto con il fornitore trattandosi dell’interporto di Torino che è un luogo ad accesso limitato con conseguente limitazione della categoria dei destinatari.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune affidandosi a due motivi. Si è costituita in giudizio con controricorso la società contribuente. La causa è stata trattata all’adunanza camerale non partecipata del 7 luglio 2021. Il Comune di Torino ha depositato memoria.

RITENUTO

Che:

1. – Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 5 e 7, dell’art. 15 del regolamento comunale per il canone pubblicitario, nonché l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.

Deduce che sensi dell’art. 15 del regolamento comunale per il calcolo dell’area assoggettata al canone va conto di tutto il mezzo atto a ricevere messaggi pubblicitari e non solo della superficie occupata mentre la CTR ha valutato solo l’estensione della figura piana.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5. La parte rileva che ha errato la CTR a ritenere che le insegne siano poste all’interno di un’area privata, deducendo che invece l’interporto di Torino è un luogo in cui transitano numerosi dipendenti o titolari delle imprese nonché la loro clientela e loro fornitori e quindi deve qualificarsi come luogo aperto al pubblico.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati.

In primo luogo deve rilevarsi che, secondo i principi affermati da questa Corte, la misura dell’imposta relativa alla pubblicità contenente la riproduzione del marchio commerciale va calcolata, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 1, sulla base delle dimensioni dell’intera superficie dell’installazione pubblicitaria, comprensiva anche della parte non coperta dal marchio, solo se quest’ultima abbia, per dimensioni, forma, colore, ovvero per mancanza di separazione grafica rispetto all’altra, le caratteristiche proprie o della componente pubblicitaria aggiuntiva vera e propria ovvero quelle di una superficie estensiva del messaggio pubblicitario (8427/2017).

La CTR pur premettendo il principio ha però omesso di applicarlo correttamente e nella sua interezza perché ha rilevato le dimensioni della figura piana ma non ha verificato se la parte non coperta dal marchio, per la sua forma o colore, abbia una componente pubblicitaria, anche soltanto rafforzativa del messaggio contenuto nella figura piana.

Inoltre, anche la nozione di esposizione in luogo pubblico non è correttamente intesa dal giudice di appello. Il concetto di esposizione dei mezzi pubblicitari in luogo aperto al pubblico deve intendersi nel senso che la collocazione avvenga in un luogo ove il segno risulti obiettivamente idoneo a far conoscere ad un numero indeterminato di possibili acquirenti o utenti il nome, l’attività o il prodotto dell’impresa, e non abbia, quindi, soltanto una mera finalità distintiva (Cass. n. 11530/2018).

Il presupposto impositivo va quindi individuato nell’astratta possibilità del messaggio pubblicitario (visivo od acustico) in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, divenuti tali per il solo fatto di trovarsi in quel luogo (Cass. 31707/2018) e ciò vale anche per quei luoghi in cui l’accesso del pubblico sia regolamentato, sicché ai fini dell’applicazione dell’imposta, costituisce luogo aperto al pubblico quello accessibile, sia pure nel rispetto di alcune condizioni, a chiunque si adegui al regolamento che disciplina l’ingresso (Cass. 6714/2017).

Di questi principi la CTR non ha fatto corretta applicazione perché pur rilevando che nell’interporto l’accesso è consentito ad una pluralità di soggetti, sia pure limitata dall’essere dipendenti delle imprese che ivi operano o dall’avere con esse un contratto, non ne ha tratto la corretta conseguenza e cioè che il messaggio può essere percepito da un numero indeterminato di destinatari, non necessariamente in relazione con quella specifica impresa che si avvale del messaggio stesso.

Ne consegue in accoglimento del ricorso la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla CTR del Piemonte in diversa composizione per un nuovo esame ed per la liquidazione delle spese in esse comprese quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorsoicassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio da remoto, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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