Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33804 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3067/2017 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE n. 112, presso lo studio dell’avvocato CHIARA MAGRINI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 221/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 20/07/2016 R.G.N. 18/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/09/2021 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

che:

il Tribunale di Genova rigettava la domanda di B.M., produttore libero di impresa di assicurazioni, affermando la legittimità della pretesa contributiva oggetto del verbale di accertamento ispettivo con il quale era stato ritenuto l’obbligo di iscrizione dello stesso alla gestione commercianti ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con modific. in L. n. 326 del 2003;

adita dal B., la Corte d’Appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato insussistente l’obbligo dello stesso di iscriversi e versare i contributi presso la Gestione separata degli esercenti attività commerciali tenuta dall’INPS, in relazione all’attività svolta di produttore diretto o libero di assicurazioni per conto di una società assicurativa, avendo accertato che l’appellante non rientrava nella figura di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 (produttore di agenzia) e che quindi, l’obbligo contributivo – fatto valere dall’Inps in virtù del solo riferimento normativo sopra richiamato – non consentiva di ritenerne dimostrata l’applicabilità alla stregua degli elementi di fatto accertati in giudizio;

avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, sulla base di due motivi, cui ha resistito B.M. con tempestivo controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’Adunanza camerale.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del contratto collettivo corporativo 25.5.1939 per la disciplina dei rapporti tra le agenzie, le sub-agenzie e i produttori di assicurazioni e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 (conv. con L. n. 326 del 2003), in relazione alla L. n. 613 del 1966, art. 1, L. n. 160 del 1975, art. 29 e L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 202, per avere la Corte di merito escluso l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti per i produttori di Compagnia di Assicurazione, riconoscendolo solamente per i produttori di agenzia;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 414,416 e 434 c.p.c.”; contesta l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale, essendosi il thema decidendum formato in un atto estraneo al processo, in particolare nel verbale di accertamento notificato dall’Inps, sarebbe stata necessaria una domanda riconvenzionale per decidere sull’obbligo eventuale di iscrizione ordinaria alla gestione commercianti; sostiene di contro che dagli scritti difensivi dell’Istituto risulterebbe che il predetto thema decidendum si sarebbe formato esattamente all’interno del processo e, pertanto, la domanda riconvenzionale – invocata dalla Corte territoriale per la presunta diversità delle situazioni giuridiche da accertarsi quanto a fatti costitutivi e a conseguenze giuridiche – non si sarebbe resa necessaria;

il primo motivo è manifestamente infondato, dovendosi dare continuità al principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui l’obbligo di iscrizione di cui al cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, non include la posizione dei produttori di assicurazione che svolgono la loro attività direttamente per conto delle imprese assicurative, ma soltanto quella dei produttori collegati ad agenti o subagenti, in quanto il richiamo della norma al contratto collettivo corporativo intercorrente tra produttori ed agenzie e sub-agenzie e la qualità dei soggetti collettivi contraenti e’, per la precisione del rinvio, un elemento significativo utilizzato dal legislatore per strutturare la disposizione, che porta ad escludere la correttezza di interpretazioni analogiche (cfr. per tutte, Cass. n. 1768 e n. 2279 del 2018);

il superiore principio è stato ribadito anche a fronte delle perplessità sollevate dalla Sezione Sesta con ordinanze interlocutorie n. 13049 e n. 18302 del 2018, essendosi precisato che, ai fini dell’inquadramento previdenziale dei produttori assicurativi diretti, rilevano le concrete modalità di esercizio dell’attività di ricerca del cliente assicurativo, con la conseguenza che l’iscrizione va effettuata presso la Gestione commercianti ordinaria ove tale attività sia svolta dal produttore in forma di impresa, e presso la Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, ove l’attività in questione sia esercitata mediante apporto personale, coordinato e continuativo, privo di carattere imprenditoriale, o in forma autonoma occasionale da cui derivi un reddito annuo superiore ad Euro 5.000,00 (Cass. n. 30554 e n. 30693 del 2018);

il secondo motivo è inammissibile;

nel contestare il passaggio motivazionale della sentenza gravata circa l’irritualità della prospettazione di parte appellata concernente l’eventuale violazione della disciplina generale applicabile in materia di gestione commercianti (L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202 e 203), l’Inps sostiene che nessuna mutatio libelli si sarebbe determinata in corso di giudizio, atteso che dagli scritti difensivi prodotti risulterebbe che il thema decidendum, lungi dall’essere definito da un atto esterno al processo (verbale ispettivo), si collochi proprio all’interno di esso;

l’affermazione appare smentita dalla Corte territoriale, la quale ha accertato che l’eventuale sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizione di B.M. alla gestione ordinaria commercianti sia stata fugacemente menzionata attraverso il mero richiamo alla L. n. 662 del 1996, nelle difese di primo grado dell’ente e che quindi, l’Inps aveva fatto valere l’obbligo contributivo in virtù del solo riferimento normativo al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 (che tratta della posizione del produttore di agenzia); pertanto, affinché il tema potesse costituire oggetto di accertamento e di esame da parte del giudice adito, la domanda avrebbe dovuto essere formulata attraverso una riconvenzionale da parte dell’appellata, trattandosi di due situazioni giuridiche soggettive diverse per fatti costitutivi e conseguenze giuridiche;

a fronte di tale argomentazione, parte ricorrente si è limitata in questa sede a ribadire la propria posizione, accennando al contenuto degli scritti difensivi prodotti in giudizio, dai quali avrebbe dovuto desumersi che la domanda relativa all’applicabilità al B. della normativa generale sulla gestione commercianti si fosse incardinata all’interno del processo, senza tuttavia trascrivere o produrre tali atti difensivi, in violazione dei consolidati principi di specificità e di allegazione che governano il giudizio dinanzi a questa Corte;

il ricorso per cassazione, in ragione del principio di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione del contrasto di giurisprudenza esistente al tempo di proposizione del ricorso;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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