LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 32014/2018 proposto da:
A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI n. 27, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTA ROSATI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO CESARONI;
– ricorrente –
contro
FARMA.NET SCANDICCI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA n. 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PUGLIESE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 501/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 07/08/2018 R.G.N. 681/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato LEONARDO VESCI per delega verbale Avvocato GERARDO VESCI.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza n. 501/2018, in parziale accoglimento dell’appello di Farma.Net Scandicci spa e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da A.R., volta al riconoscimento del diritto all’inquadramento nel livello A2 del CCNL Assofarm a decorrere dall’1.10.2006 e alla condanna di parte datoriale al pagamento delle relative differenze retributive.
2. La Corte territoriale, a fondamento della decisione e per quello che qui rileva, ha respinto l’eccezione pregiudiziale sollevata dall’ A. di tardività dell’appello di Farma.Net il cui ricorso era stato depositato l’11.7.2007, dopo 60 giorni decorrenti dalla notifica della sentenza di primo grado eseguita il 21.4.2017 all’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore domiciliatario della società Avv. Marco Lenzi. I giudici di secondo grado hanno dato atto che nella memoria di costituzione dinanzi al Tribunale la società Farma.Net aveva indicato quali propri difensori, con mandato disgiunto, gli Avvocati Marco Lenzi del Foro di Firenze, Paola Russo e Paolo Pugliese del Foro di Genova, eleggendo domicilio presso lo studio dell’Avv. Lenzi in Firenze ed indicando quali indirizzi di posta elettronica certificata presso cui avrebbero dovuto essere eseguite le comunicazioni quelle degli Avvocati Russo e Pugliese; hanno giudicato nulla la notifica della sentenza di primo grado eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’Avv. Lenzi, per avere la società nella memoria di costituzione in primo grado espressamente chiesto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata degli Avvocati Russo e Pugliese, senza indicare l’indirizzo PEC dell’Avv. Lenzi; hanno ritenuto la suddetta notifica inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione e, quindi, tempestivo l’appello proposto.
3. Avverso tale capo di sentenza A.R. ha proposto ricorso lx per cassazione affidato ad un unico motivo cui ha resistito con controricorso Farma.Net Scandicci spa.
4. Con ordinanza interlocutoria della Sesta Sezione Civile Lavoro n. 16581/2020, è stata disposta la trasmissione alla Quarta Sezione Lavoro.
5. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo A.R. denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, e succ. mod., anche in riferimento all’art. 325 c.p.c..
2. La ricorrente sostiene come il fatto che nella comparsa di costituzione della società in primo grado non fosse stato indicato l’indirizzo PEC dell’Avv. Lenzi, co-difensore domiciliatario, non avesse rilievo sia perché ciascun avvocato è munito di un proprio domicilio digitale conoscibile attraverso il registro INI-PEC, sia perché a sensi dell’art. 125 c.p.c., nel testo vigente, il difensore non ha più l’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo PEC, come peraltro statuito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17048/2017). Censura la decisione di appello laddove ha ritenuto che essa A. avrebbe dovuto notificare la sentenza ai due codifensori che avevano espressamene indicato l’indirizzo PEC, richiamando la giurisprudenza secondo cui, in presenza di più difensori, la notifica della sentenza ad uno solo di essi è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. Afferma come nella prima udienza del giudizio di appello (17.5.2018) la difesa della società avesse dedotto di non avere mai avuto conoscenza della notifica della sentenza di primo grado all’Avv. Lenzi, peraltro deceduto pochi giorni dopo la notifica stessa; aggiunge che, in realtà, la difesa di essa ricorrente, con la memoria di costituzione in secondo grado, aveva prodotto un atto di precetto, notificato alla società l’1.6.2017, in cui si dava atto della notifica telematica del 21.4.17 a Farma.Net della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine breve di impugnazione; sostiene come la società avrebbe dovuto contestare nel ricorso di appello (depositato l’11.7.2017) la ritualità della notifica della pronuncia di primo grado o l’impossibilità di conoscere la stessa e che le deduzioni svolte nella prima udienza del giudizio di appello dovessero essere considerate tardive; ripropone tale questione, ritenuta assorbita dalla Corte di appello per effetto dell’accoglimento dell’eccezione di nullità della notifica della sentenza di primo grado, sul presupposto dell’accoglimento del motivo in esame quanto alla legittimità della notifica idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnativa.
3. Il ricorso è fondato.
4. La Sesta Sezione Lavoro di questa Corte ha disposto la trasmissione del procedimento alla Quarta Sezione rilevando che, in ordine alla questione giuridica – che si poneva relativamente alla notifica della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine breve per la proposizione dell’appello e, specificamente, alla validità o meno della notifica eseguita all’indirizzo PEC di un codifensore, nominato in atti come domiciliatario fisico e senza indicazione dell’indirizzo PEC, in presenza di una dichiarazione in atti degli altri due codifensori che avevano espressamente chiesto di ricevere “eventuali comunicazioni” a mezzo fax o all’indirizzo di posta elettronica certificata” – fossero individuabili, nella giurisprudenza di legittimità, due indirizzi.
5. Il primo, elaborato nel regime del cd. “domicilio digitale”, secondo cui, in base all’art. 125 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45 bis, comma 1, conv. con mod. in L. n. 114 del 2014, non sussiste l’obbligo per il difensore di indicare nell’atto introduttivo l’indirizzo PEC “comunicato al proprio ordine” perché già risultante dal “Re.G.Ind.E.” in virtù della trasmissione effettuata dall’ordine in base alla comunicazione effettuata dall’interessato (Cass. Sez. Un. 23620/2018; Cass. n. 17048 del 2017; Cass. n. 13224 del 2018).
6. L’altro, riferibile alla sentenza n. 2942 del 2019, in virtù del quale il domicilio digitale indicato ha valore vincolante, nella specie riferito alle comunicazioni di cancelleria, ma che, in quanto richiama il diritto di difesa e la scelta volontaria della parte, potrebbe valere anche per le notificazioni.
7. Ciò premesso, ritiene il Collegio che, pur dando atto delle due diverse impostazioni, nelle more l’ipotizzato contrasto giurisprudenziale può ritenersi ormai superato in considerazione del fatto che, con due successivi provvedimenti emessi da questa Corte (Cass. n. 2460 del 3.2.2021 e Cass. n. 3685 del 12.2.2021), si è sostanzialmente accreditato il primo orientamento, che a questo punto può ritenersi consolidato e prevalente rispetto all’unico precedente contrario costituito dalla pronuncia n. 2942/2019.
8. In particolare, è stato precisato che, in materia di notificazioni al difensore, a seguito della introduzione del domicilio digitale, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza (Cass. n. 14140/2019), secondo la previsione di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modificazioni nella L. n. 114 del 2014, la notificazione dell’atto, nella specie appello, va eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal Re.G.Ind.E., pur non indicato negli atti del difensore medesimo (Cass. n. 14914/2018; Cass. n. 30139/2017; Cass. n. 17048/2017).
9. Occorre, a tal riguardo, in primo luogo dare atto delle modifiche legislative, intervenute rispetto a precedenti sentenze di questa Corte (Cass. n. 10143/2021; Cass. 25215/2014), e che disciplinano la fattispecie in esame.
10. Anzitutto l’art. 125 c.p.c., è stato nuovamente rivisitato ad opera del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45 bis, comma 1, conv. con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.
11. La modifica è consistita, per l’appunto, nella soppressione dell’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo PEC del difensore.
12. Inoltre, il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, ha aggiunto al D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221; c.d. Agenda digitale), l’art. 16 sexies, intitolato “Domicilio digitale”. La disposizione prevede che, “salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonché dal registro generale degli indirizzi 10 elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”. Il menzionato D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, (Codice dell’amministrazione digitale) prevede l’istituzione, presso il Ministero per lo sviluppo economico, di un pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti. L’indirizzo di posta elettronica certificata è “agganciato” in maniera univoca al codice fiscale del titolare.
13. In conclusione, oggi l’unico indirizzo di posta elettronica certificata rilevante ai fini processuali è quello che il difensore ha indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell’ordine di appartenenza. In tal modo, l’art. 125 c.p.c., è stato allineato alla normativa generale in materia di domicilio digitale. Il difensore non ha più l’obbligo di indicare negli atti di parte l’indirizzo di posta elettronica certificata, né la facoltà di indicare uno diverso da quello comunicato al Consiglio dell’ordine o di restringerne l’operatività alle sole comunicazioni di cancelleria. Il difensore deve indicare, piuttosto, il proprio codice fiscale; ciò vale come criterio di univoca individuazione dell’utente SICID e consente, tramite il registro pubblico UNI-PEC, di risalire all’indirizzo di posta elettronica certificata.
14. Resta invece fermo il contenuto dell’art. 366 c.p.c., comma 2, che, limitatamente al giudizio di cassazione, prevede la domiciliazione ex lege del difensore presso la cancelleria della Corte nel caso in cui non abbia eletto domicilio nel comune di Roma, né abbia indicato il proprio indirizzo di posta elettronica.
15. Poiché, oggi ciascun avvocato è munito di un proprio “domicilio digitale”, conoscibile da parte dei terzi attraverso la consultazione dell’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) e corrispondente all’indirizzo PEC che l’avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza e da questi è stato comunicato al Ministero della giustizia per l’inserimento nel registro generale degli indirizzi elettronici, tale disciplina implica un considerevole ridimensionamento dell’ambito applicativo del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Infatti, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria è oggi prevista solamente nelle ipotesi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario.
16. Nelle restanti ipotesi, ovverosia quando l’indirizzo PEC è disponibile, è fatto espresso divieto di procedere a notificazioni o comunicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa.
17. A seguito dell’istituzione del cd. “domicilio digitale”, di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, convertito con modificazioni in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni in L. n. 114 del 2014, quindi, le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite – in base a quanto previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, comma 1, modificato dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45 bis, comma 2, lett. a), n. 1), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014, e successivamente sostituito dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 66, comma 5, con decorrenza dal 15.12.2013 – presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dal D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 6 bis, 6 quater e 62, nonché dall’art. 16, comma 12, dello stesso decreto, dal D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2 del 2009, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato Ini-PEC e da quello denominato Re.G.Ind.E. (Cass. n. 2460/2021).
18. Ne consegue che la notificazione della sentenza eseguita presso l’indirizzo PEC di uno dei codifensori, ancorché in atti fosse stato espressamente richiesto che le comunicazioni di cancelleria venissero eseguite agli indirizzi PEC degli altri due difensori nominati, come appunto nel caso di specie, deve ritenersi regolare e validamente effettuata all’indirizzo PEC di uno dei tre difensori di fiducia, quale risultante dal Re.G.Ind.E., indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv., con modif., in L. n. 221 del 2012, non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato e non potendo, quindi, avere portata idonea ad escludere tale notificazione la limitazione della parte dell’indicazione del detto indirizzo per le sole comunicazioni (Cass. n. 3685/2021).
19. Deve, poi, ribadirsi – sempre con riferimento al caso de quo – il principio che la notificazione della sentenza ad uno soltanto dei difensori nominati dalla parte è idonea a fare decorrere il termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c. (per tutte Cass. n. 10129/2021; Cass. n. 20625/2017).
20. Alla stregua di quanto esposto, non è condivisibile quanto affermato dai giudici di seconde cure circa la irregolarità della notifica della sentenza di primo grado perché non effettuata all’indirizzo di posta elettronica certificata di due difensori indicato nella memoria di primo grado.
21. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la gravata sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra richiamati.
22. Non sussistono i presupposti per una decisione nel merito, da parte di questa Corte di legittimità, dovendo essere svolti accertamenti in fatto sulla questione prospettata dalla controricorrente in ordine alla circostanza che il difensore, cui è stata effettuata la notifica (21.4.2017), è deceduto (30.4.2017) nelle more del termine per proporre impugnazione e, pertanto, deve verificarsi la sussistenza di eventuali ipotesi di rimessione in termini o di possibili effetti interruttivi ovvero di comportamenti concludenti da cui desumere l’avvenuta tempestiva conoscenza della notifica della sentenza da parte degli altri due difensori.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021
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