LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15601-2016 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;
– ricorrente –
contro
C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NEMORENSE 18 SCALA E INT. 13, presso lo studio dell’avvocato MARIA PAOLA GENTILI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6410/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/12/2015 R.G.N. 3715/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/09/2021 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 15.12.2015, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato l’insussistenza dell’obbligo dell’arch. C.R. di iscriversi alla Gestione separata INPS e di versare i contributi dovuti in relazione all’attività libero-professionale svolta nell’anno 2005;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura;
che l’arch. C.R. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), entrambi in relazione alla L. n. 179 del 1958, art. 3, L. n. 6 del 1981, artt. 10 e 21 e artt. 7,23 e 37 dello Statuto INARCASSA approvato con decreto interministeriale 20.12.1995, n. 1189700, per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS a carico degli ingegneri e degli architetti che, pur esercitando abitualmente la libera professione, non possano iscriversi all’INARCASSA per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria;
che il motivo è manifestamente fondato, essendosi consolidato il principio secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 32166 del 2018 e 5826 del 2021);
che a non diverse conclusioni conduce la circostanza secondo cui, nel caso di specie, sarebbe stato definitivamente acclarato che l’attività libero-professionale è stata svolta con carattere di occasionalità, essendosi chiarito che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, sussiste non solo nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, ma altresì nel caso di esercizio occasionale di detta attività, ove il reddito da essa derivante superi la soglia di Euro 5.000,00, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44, comma 2, (conv. con L. n. 326 del 2003), l’obbligo in questione venendo meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così Cass. n. 4419 del 2021);
che, non essendosi i giudici di merito attenuti agli anzidetti principi di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021