LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 30138/19 proposto da:
-) D.A., elettivamente domiciliato a Potenza, via Isca del Pioppo n. 67, presso l’avvocato Vito Mecca che lo difende in virtù
di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Potenza 10 settembre 2019 n. 1925;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. ROSSETTI Marco.
FATTI DI CAUSA
1. D.A., cittadino senegalese, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).
A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per essere stato ingiustamente accusato di aver sottratto i fondi pubblici destinati alla costruzione di una scuola, assegnati al padre del richiedente, e di averli occultati dopo la morte del genitore. Aggiunse che, a causa di tali infondate accuse, era stato detenuto senza processo per due anni, e minacciato di morte dal capo del suo villaggio.
La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento D.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Potenza, che la rigettò con Decreto 10 settembre 2019, n. 1925.
Il Tribunale ritenne che:
-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;
-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;
-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.
3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da D.A. con ricorso fondato su due motivi.
Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente, formalmente prospettando il vizio di violazione di legge, censura il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto non attendibile il suo racconto.
Sostiene che la decisione presenterebbe i seguenti errori:
-) erroneo apprezzamento dei fatti esposti dal richiedente;
-) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, sul presupposto che tale norma imporrebbe di considerare veritiere le dichiarazioni del richiedente asilo, se coerenti e non contraddittorie;
-) violazione del dovere di cooperazione istruttoria;
-) illogicità della motivazione, per avere ritenuto generico un racconto che invece era specifico;
-) illogicità della motivazione, per avere ritenuto contraddittorio un racconto che era coerente;
-) omesso esame di fatti decisivi, ed in particolare la detenzione subita in Senegal e le minacce di morte.
1.1. Nella parte in cui prospetta il vizio di “illogicità e contraddittorietà della motivazione” il motivo è per un verso inammissibile ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, e per altro verso infondato, in quanto la motivazione adottata dal Tribunale non è né incoerente, né contraddittoria.
1.2. Nella parte in cui prospetta la violazione del dovere di cooperazione istruttoria il motivo è infondato, dal momento che il Tribunale ha dato ampiamente conto delle fonti da cui ha tratto le proprie informazioni sulla situazione del Senegal.
1.3. Nella parte in cui prospetta il “travisamento dei fatti”, il motivo è inammissibile, in quanto censura in realtà la valutazione delle prove ed il giudizio di attendibilità formulato dal Tribunale.
Nella parte, infine, in cui lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, il motivo è infondato, perché muove da un erroneo presupposto interpretativo:
e cioè che il semplice fatto di riferire un racconto non contraddittorio darebbe diritto ipso iure al riconoscimento dello status di rifugiato o alla concessione della protezione sussidiaria.
Aggiungasi che, in ogni caso, nel caso di specie il Tribunale ha reputato comunque “contraddittorio” il racconto del richiedente, sicché nella specie verrebbe meno anche il presupposto interpretativo (erroneo) su cui il ricorrente fonda la censura di violazione di legge.
2. Col secondo motivo, formalmente prospettando sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame d’un fatto decisivo, il ricorrente impugna il decreto del Tribunale di Potenza sia nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sia nella parte in cui ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2.1. Sotto il primo profilo, il ricorrente deduce che il Tribunale avrebbe “non correttamente valutato le fonti internazionali” delle quali il ricorrente trascrive ampi brani.
Sotto il secondo profilo, deduce che il decreto impugnato sarebbe sorretto da una motivazione “omessa e/o carente e/o illogica”.
Sostiene che il Tribunale avrebbe:
-) motivato il rigetto della domanda di protezione umanitaria con formule di stile;
-) trascurato di considerare che il ricorrente era “stato segnato” dalle vicende trascorse in Libia;
-) trascurato di considerare che il ricorrente era vulnerabile “in considerazione della vicenda personale che è stata denunciata”;
-) violato la legge, per avere negato la protezione umanitaria ad una persona che aveva raggiunto una buona integrazione;
-) trascurato di considerare che, avendo partecipato il ricorrente ad attività di volontariato, ciò imporrebbe “l’applicazione del principio di non refoulement”.
2.1. Nella parte in cui prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il motivo è inammissibile e comunque infondato.
E’ inammissibile perché censura un apprezzamento di fatto, quale è la valutazione dei contenuti delle fonti internazionali, e lo stabilire se esse descrivano o non descrivano una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.
Il motivo è in ogni caso infondato, perché le stesse fonti trascritte integralmente dal ricorrente non evidenziano alcuna situazione di conflitto armato in Senegal, ma solo di criminalità comune, oppure di corruzione, od ancora di limitazione delle libertà civili.
Vale la pena rilevare che tutte le fonti invocate dal ricorrente sono anteriori rispetto al rapporto “Freedom in the world” del 2017, utilizzato, insieme ad altre fonti, dal Tribunale.
2.2. Nella parte in cui impugna il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari il motivo è fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).
Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età).
Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.
Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto.
2.3. Da ciò discendono due corollari.
Il primo è che la ritenuta falsità delle dichiarazioni compiute dalla persona che chieda la protezione umanitaria impedisce di ritenere dimostrata una condizione di vulnerabilità soggettiva, ma non osta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, laddove ricorressero le condizioni di vulnerabilità oggettiva.
E’ infatti evidente che una persona cui nel proprio Paese sia impedito l’esercizio dei diritti fondamentali non possa essere rimpatriata, a nulla rilevando che nel chiedere protezione abbia dimostrato la prudentia serpis, piuttosto che la simplicitas columbae.
3.5. Il secondo corollario è che la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertato d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente (a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente).
3.6. Ciò premesso in punto di diritto, rileva la Corte che nel caso di specie il Tribunale, a fondamento della decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha osservato che il ricorrente “non si è minimamente preoccupato né di evidenziare, né di allegare nel ricorso introduttivo del presente giudizio nessuna situazione di vulnerabilità” (così il decreto impugnato, p. 9, quintultimo capoverso).
Così motivando, il Tribunale è effettivamente incorso nelle mende censurate dal ricorrente, e tra le altre due in particolare.
Il primo errore, di natura processuale, è consistito nell’esigere dal richiedente la prova della propria condizione di vulnerabilità. Affermazione ineccepibile con riferimento ad eventuali ipotesi di vulnerabilità soggettiva, ma non condivisibile – per quanto sopra detto – con riferimento alle ipotesi di vulnerabilità oggettiva.
Il secondo e consequenziale errore, di natura sostanziale, è consistito nell’avere rigettato la domanda di protezione umanitaria senza avere previamente accertato ex officio se le condizioni il Paese di provenienza del richiedente espongano quest’ultimo, in caso di rimpatrio, al rischio di una violazione dei suoi diritti inviolabili al di sotto del nucleo irriducibile, come stabilito dalle SS.UU. di questa Corte con la già ricordata sentenza n. 29459/19.
Le informazioni pur acquisite dal Tribunale, infatti, per come riassunte nel decreto impugnato, riguardano unicamente le circostanze rilevanti ai fini della concessione della protezione sussidiaria (e cioè la sussistenza o meno di un conflitto armato generalizzato). Il decreto tuttavia non dà conto se quelle fonti si occupino anche della condizione dei diritti umani essenziali in Senegal, e quale situazione ne emerga.
4. Il decreto va dunque cassato con rinvio al Tribunale di Potenza, in differente composizione, il quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, indagando ex officio sulla esistenza o meno in Senegal di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, e sulla possibilità che il richiedente in caso di rimpatrio possa esservi esposto.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
PQM
(-) rigetta il primo motivo di ricorso;
(-) accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Potenza, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021