Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.34012 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6766-2020 proposto da:

C.C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 95/A, presso lo studio dell’avvocato GIULIA GRIMALDI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA LUCIA FORTE;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO 41/2000 ***** SRL, in persona del Curatore pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato EDOARDO PATINI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 41/2000 del TRIBUNALE di CASSINO, depositato il 3/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 5/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Cassino, con decreto depositato in data 27 novembre 2019, liquidava in favore del Dott. C.C.P., primo dei due curatori succedutisi nella procedura fallimentare di IN. GRA.C. s.r.l., il compenso per l’attività svolta, applicando una decurtazione sull’importo dovuto per “debito nei confronti della curatela”.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso C.C.P. prospettando un unico, articolato, motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso il fallimento IN. GRA.C. s.r.l..

CONSIDERATO

che:

3. Il motivo di ricorso denuncia la violazione della L. fall., art. 39 e del D.M. n. 30 del 2012, art. 2, e assume, nel contempo, la nullità del decreto per carenza assoluta di motivazione nell’applicazione concreta dei parametri di liquidazione in ipotesi di successione di due curatori nel corso della procedura, in quanto il Tribunale non solo non ha indicato l’attivo realizzato da ciascuno dei due curatori, ma soprattutto è giunto a liquidare il compenso prima che la procedura fosse esaurita.

All’interno del decreto non sono stati esposti i criteri seguiti nella determinazione del compenso, se non la consistenza del passivo e dell’attivo; non sono stati presi in considerazione, inoltre, quegli elementi dell’attivo che, pur avendo avuto manifestazione finanziaria successiva alla revoca dell’incarico, erano conseguenza diretta di attività svolte dal curatore revocato.

Il decreto di liquidazione, per di più, è stato emesso senza il rispetto del principio del contraddittorio, è affetto da carenza di motivazione rispetto all’applicazione dei parametri liquidativi previsti dal D.M. n. 30 del 2012, art. 1, e non ha riconosciuto, senza alcuna apparente motivazione, il rimborso delle spese documentate e anticipate dal Dott. C..

Infine, è stata operata un’indebita decurtazione del compenso (tramite la dicitura “detratta la somma di Euro 5.996,55 al netto di oneri e quella di Euro 777,25 debiti nei confronti della curatela”) senza che all’interno del provvedimento fossero indicati i motivi che avevano portato a tale riduzione del compenso.

4. Il motivo è fondato, nei limiti che si vanno a illustrare.

4.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di liquidazione del compenso al curatore cessato dalla carica prima della conclusione della procedura fallimentare, il compenso definitivo può essere liquidato – ai sensi della L. fall., art. 39 (nel testo applicabile ratione temporis) – solo con le operazioni di chiusura della procedura, allorché diviene possibile una disamina unitaria dei fatti rilevanti ai fini della liquidazione (Cass., Sez. U., 26730/2007).

Il che tuttavia è proprio quello che si è verificato nel caso di specie, dato che – stando alla documentazione depositata dalla curatela, che questo collegio ha la possibilità di prendere in esame quale giudice del fatto processuale ai fini di delibare in ordine all’error in procedendo denunciato – erano stati approvati i rendiconti presentati da ambedue i curatori e, dunque, era necessario procedere alla liquidazione del compenso onde procedere poi al riparto finale, in applicazione del disposto della L. fall., art. 117.

Le contestazioni del ricorrente sul fatto che il compenso sia stato liquidato prima che la procedura fosse esaurita non sono perciò fondate.

4.2 E’ vero che, ove il Tribunale sia chiamato alla determinazione del compenso complessivo spettante al curatore del fallimento ed al successivo riparto dello stesso tra i curatori che si sono succeduti nella funzione, l’unitarietà della situazione sostanziale impone la partecipazione al procedimento camerale di cui alla L. fall., art. 39, di tutti i soggetti che hanno rivestito tale qualità, al fine di individuare la frazione spettante a ciascuno, nel rispetto del principio del contraddittorio (Cass. 14631/2018, Cass. 13551/2012).

Ciascuno dei curatori succedutisi nell’incarico, infatti, deve avere la possibilità di rappresentare al collegio le proprie prospettazioni in ordine alle modalità di liquidazione e ripartizione del compenso, non essendo a ciò sufficiente il fatto che l’ultimo curatore, senza notiziare in alcun modo chi lo ha preceduto nello svolgimento dell’incarico della propria iniziativa, solleciti la complessiva liquidazione del compenso rispetto all’attività svolta da entrambi i curatori.

Nel caso di specie, tuttavia, il contraddittorio tra i due curatori succedutisi nell’incarico – stando alla documentazione depositata dalla curatela – è stato assicurato mediante l’allegazione, all’istanza di liquidazione del curatore subentrante, anche dell’istanza di liquidazione autonomamente redatta dall’odierno ricorrente (Cass. 8404/2016).

Ne’ l’odierno ricorrente ha allegato che dall’esame dell’istanza di liquidazione depositata dall’ultimo curatore emergessero elementi suscettibili di incidere negativamente sulla determinazione del suo compenso, rendendo si così necessaria un’amplificazione del contraddittorio a questi temi.

Pure le censure concernenti il mancato rispetto del principio del contraddittorio non sono, dunque, fondate.

4.3 La liquidazione del compenso spettante ai due curatori rimaneva regolata dal D.M. 25 gennaio 2012, n. 30, a mente dell’art. 8 di tale decreto, anche se concernente una procedura concorsuale già pendente al momento di entrata in vigore della nuova disciplina e, nel contempo, soggiaceva al criterio di proporzionalità previsto dalla L. fall., art. 39, comma 3, richiamato dal precedente art. 1.

Pertanto, occorreva fare applicazione dei parametri previsti dal D.M. n. 30 del 2012, piuttosto che di quelli previsti dal D.M. n. 570 del 1992, come invece ha erroneamente fatto il decreto impugnato.

4.4. La complessiva determinazione del compenso spettante al curatore del fallimento e la sua successiva suddivisione tra i soggetti succedutisi nella funzione necessitano di una specifica motivazione, con riferimento ai criteri di riparto seguiti ai sensi della L. fall., art. 39, ed in relazione alla disciplina regolamentare ivi richiamata, risultando altrimenti nullo il decreto di liquidazione (Cass. 3871/2020, Cass. 22272/2019, Cass. 19053/2017, Cass. 25532/2016).

A tal fine non è sufficiente una motivazione stereotipata, contenente frasi di mero stile ed applicabili – per la loro genericità – a una serie indeterminata di casi senza alcun riferimento a quello concreto, essendo al contrario necessaria una motivazione analitica che rappresenti l’iter logico-intellettivo seguito dal Tribunale per arrivare alla liquidazione tramite l’espressa e dettagliata enunciazione dei criteri di quantificazione del compenso, in relazione all’attività svolta e ai risultati conseguiti (Cass. 16739/2018).

Il che comporta, ove si siano succeduti nella funzione più curatori, che la valutazione dell’opera prestata, dei risultati ottenuti e della sollecitudine con cui sono state condotte le operazioni abbia carattere personalizzato per ciascun curatore e avvenga tramite l’illustrazione di specifici argomenti e non con il ricorso a frasi fatte.

Il Tribunale, in particolare, è tenuto a precisare, ai fini dell’applicazione del criterio di proporzionalità, l’ammontare dell’attivo realizzato da ciascuno dei curatori succedutisi nell’incarico e a determinare, all’interno dei valori così identificati, il compenso da attribuire a ciascuno temperando il criterio di cassa della realizzazione dell’attivo con quello di competenza, nei casi in cui il momento solutorio conseguente alla fase liquidatoria dei beni sia temporalmente ricadente nella gestione del curatore subentrato pur essendo causalmente riferibile ad operazioni condotte dal curatore revocato (Cass. 19230/2009).

Il provvedimento impugnato non si è affatto attenuto a questi criteri, sia per aver fatto ricorso a frasi standardizzate e prive di specifico riferimento alla procedura, sia per aver omesso una specifica valutazione dell’opera prestata dal Dott. C., sia per non aver addotto alcun argomento rispetto al criterio di proporzionalità, che non è stato neanche indicato nel corpo della motivazione.

Siffatti vizi determinano la nullità del decreto di liquidazione impugnato.

4.5 Si è già detto che il decreto di liquidazione del compenso al curatore deve essere specificamente motivato in ordine alle opzioni discrezionali adottate dal giudice di merito, con conseguente nullità dello stesso qualora lo stesso risulti del tutto privo di motivazione ovvero corredato di una parte motiva soltanto apparente.

Ora, la motivazione assume carattere solo apparente, e la decisione è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della statuizione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016).

Nel caso di specie nessuna circostanziata giustificazione è stata fornita al fine di dare una concreta rappresentazione delle ragioni per cui le spese vive di cui si domandava il rimborso non fossero state riconosciute.

La dizione “debito nei confronti della curatela”, inoltre, non è idonea a dare una chiara spiegazione del titolo in base al quale la detrazione è stata compiuta.

La statuizione assunta dal Tribunale sotto questi due profili rimane perciò viziata per difetto di motivazione.

5. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Cas sino, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Cassino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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