LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9298-2020 proposto da:
G.R. e G.R. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BOEZIO 16, presso lo studio dell’avvocato DARIO IMPARATO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCA DE PADOVA;
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO SPA *****;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 529/2020 del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 29/1/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 5/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.
RILEVATO
che:
1. G.R. e la società G.R. s.r.l. chiedevano – con ricorso depositato in data 26 novembre 2018 – che fosse ammesso con riserva al passivo del fallimento di ***** s.p.a. un credito la cui esistenza era in corso di accertamento ad opera della Corte d’appello di Trento, a seguito della cassazione con rinvio della sentenza di secondo grado in precedenza pronunciata.
Esponevano, in particolare, di essere stati destinatari di una pretesa risarcitoria ex art. 1669 c.c. e di aver chiamato in quel giudizio, a titolo di garanzia e manleva, ***** s.p.a., poiché nell’esecuzione dell’opera costruttiva avevano utilizzato un prodotto realizzato e commercializzato dalla compagine poi fallita.
2. Il giudice delegato al fallimento di ***** s.p.a. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da G.R. e G.R. s.r.l. perché l’insinuazione era stata presentata oltre il termine di cui alla L. fall., art. 101, comma 1, e i ricorrenti non avevano dimostrato di essere incorsi nel ritardo per causa ad essi non imputabile.
2. Il Tribunale di Trento, a seguito dell’opposizione proposta da G.R. e G.R. s.r.l., riteneva che il mancato invio ai creditori dell’avviso previsto dalla L. fall., art. 92, non integrasse una causa di non imputabilità del loro ritardo, dato che gli stessi non avevano allegato e dimostrato che ciò fosse dipeso dall’assenza dei loro nominativi nelle scritture contabili della compagine fallita o all’interno delle fonti di informazione di cui il curatore disponeva.
Gli opponenti, peraltro, pur avendo dato atto di aver riassunto il giudizio di merito per l’accertamento del loro credito anche nei confronti della procedura fallimentare, non avevano dimostrato i modi e i tempi con cui avevano preso contezza della dichiarazione di fallimento, sicché non era possibile formulare con un rassicurante margine di certezza un giudizio di non imputabilità del ritardo alla parte creditrice.
In ogni caso non era possibile ritenere che l’insinuazione ultratardiva fosse stata presentata nel tempo necessario, secondo criteri di ragionevolezza, a prendere contezza del fallimento e a redigere l’istanza, tenuto conto, da un lato, che alla data (18 maggio 2018) di notifica dell’atto di riassunzione anche alla procedura fallimentare i creditori istanti erano già assistiti da un difensore in relazione alla vicenda oggetto della pretesa creditoria, dall’altro che non era stata dedotta alcuna specifica circostanza in fatto in grado di spiegare il differimento dell’iniziativa a novembre 2018.
3. Per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, pubblicato in data 29 gennaio 2020, hanno proposto ricorso G.R. e la società G.R. s.r.l. prospettando quattro motivi di doglianza. L’intimato fallimento di ***** s.p.a. non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. fall., art. 101, comma 4, e dell’art. 2697 c.c., in quanto il Tribunale ha erroneamente onerato i creditori istanti della prova di un fatto, vale a dire della presenza del loro nome all’interno delle scritture contabili della fallita, il cui accertamento non era necessario perché potessero fruire dell’inversione dell’onere probatorio conseguente all’omissione dell’avviso di cui alla L. fall., art. 92.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. fall., art. 101, comma 4, e degli artt. 2697 e 2729 c.c., perché il Tribunale ha ritenuto che i creditori fossero tenuti a indicare specificamente i tempi e i modi con i quali avevano preso contezza della dichiarazione di fallimento, quando invece nessun obbligo in tal senso sussisteva a loro carico.
Essendo invece onere della curatela fornire la prova dell’avvenuta conoscenza aliunde della procedura fallimentare, l’insufficienza probatoria a questo proposito ridondava a danno della medesima.
4.3 Il terzo motivo di ricorso si duole dell’omesso esame di un fatto potenzialmente decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, costituito dalla pendenza avanti alla Corte di cassazione del giudizio che riguardava la revoca del fallimento di ***** s.p.a., giacché una simile situazione rendeva ragionevole il temporeggiare dei ricorrenti, che era giustificato dall’intenzione di evitare una duplicazione di domande e costi inutili.
5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano inammissibili.
5.1 Il collegio di merito ha ritenuto che la non imputabilità del ritardo a causa del mancato invio dell’avviso previsto dalla L. fall., art. 92, presupponesse che il nome del creditore risultasse dalle scritture contabili del fallito o da altre fonti di informazione nella disponibilità del curatore, mentre gli opponenti nulla avevano provato al riguardo.
Ha aggiunto che i medesimi non avevano indicato e dimostrato i modi e i tempi con cui avevano preso contezza della dichiarazione di fallimento, impedendo così di formulare un appropriato giudizio di non imputabilità del ritardo.
Ha osservato in conclusione che in ogni caso la presentazione della domanda di insinuazione al passivo, sei mesi dopo il momento in cui aveva avuto contezza della pendenza del fallimento, era avvenuta, in assenza di adeguata giustificazione, oltre il tempo ragionevolmente necessario a prendere contezza della pendenza della procedura concorsuale e a redigere la relativa istanza.
5.2. Si tratta di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggere la decisione sul piano logico e giuridico.
Rispetto all’ultima ragione addotta gli odierni ricorrenti sostengono che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto dei documenti dimessi attestanti l’intervenuta revoca della dichiarazione di fallimento in sede di reclamo e la pendenza del relativo giudizio di legittimità, giacché la pendenza avanti alla Suprema Corte del giudizio che riguardava la revoca del fallimento di ***** “rendeva ragionevole il temporeggiare dei ricorrenti: se infatti la Corte di Cassazione avesse confermato la sentenza di revoca non vi sarebbe stata necessità di insinuazione (con innegabile risparmio di ipese)” (pag. 12 del ricorso).
I ricorrenti, tuttavia, non indicano “come” e “quando” questo fatto giustificativo del ritardo (consistente, si badi, non nella mera pendenza del giudizio di Cassazione, bensì in un “ragionevole temporeggiare” in attesa di una decisione definitiva sulla declaratoria di fallimento) sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti avanti al collegio dell’opposizione (che al contrario ha rilevato, a pag. 7 del decreto impugnato, che “non è stata dedotta alcuna specifica circostanza di fatto in grado di spiegare il differimento della detta iniziativa al novembre 2018”).
In altri termini non è dato sapere se i creditori istanti, oltre a sollecitare la sospensione del giudizio in attesa della definizione del procedimento relativo alla dichiarazione di fallimento, abbiano specificamente addotto un simile fatto a giustificazione della loro ritardata iniziativa volta all’insinuazione al passivo.
Per di più, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 16812/2018, Cass. 19150/2016).
Ora, la mera pendenza del giudizio di cassazione avverso la statuizione di revoca della dichiarazione di fallimento non assumeva, in termini di certezza, alcuna valenza decisiva al fine di inficiare le risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del collegio dell’opposizione, tenuto conto che gli effetti della sentenza di fallimento – la cui provvisoria esecutività, disposta dalla L. fall., art. 16, comma 2, non è suscettibile di sospensione – vengono meno solo con il passaggio in giudicato della decisione che, accogliendo il reclamo L. fall. ex art. 18, la revoca (Cass. 1073/2018).
5.3 Ne discende l’inammissibilità dei primi due motivi dedotti.
Invero, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11493/2018, Cas. 2108/2012).
6. Il quarto motivo di ricorso assume la nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 112 c.p.c. o dell’art. 101 c.p.c., in quanto il collegio dell’opposizione ha rilevato la tardività dell’insinuazione di propria iniziativa, senza che il giudice delegato o il curatore avessero osservato alcunché in proposito.
E quand’anche si ritenesse che la questione fosse rilevabile d’ufficio, risulterebbe comunque violato il disposto dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in quanto il giudicante non ha segnalato la stessa alle parti dando loro un termine per formulare osservazioni.
7. Il motivo non è fondato.
La tardività dell’insinuazione era stata rilevata già dal giudice delegato, il quale aveva ritenuto per tale ragione inammissibile l’istanza di insinuazione presentata da G.R. e dalla società G.R. s.r.l., dopo aver escluso che gli stessi avessero provato di essere incorsi nel ritardo per causa a essi non imputabile (si veda al riguardo quanto indicato a pag. 2 del provvedimento impugnato).
La questione della tardività dell’insinuazione e dell’imputabilità della stessa agli odierni ricorrenti è stata poi sottoposta al Tribunale dagli stessi opponenti al fine di contestare l’esclusione già disposta dal giudice delegato (come risulta a pag. 3 del medesimo decreto).
Nessuna iniziativa d’ufficio in merito alla questione dell’imputabilità del ritardo è stata perciò assunta al riguardo ad opera del collegio dell’opposizione, che si è limitato a prendere in esame gli argomenti addotti dalle parti opponenti.
8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021