LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7501-2015 proposto da:
COMUNE DI PARMA, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO FOSCHINI;
– ricorrente principale –
contro
P.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO ANDREOLI, PAOLO PIVA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. ricorrente incidentale – 1199/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, emessa il 16/09/2014 R.G.N. 1151/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Bologna ha respinto il gravame principale proposto dal Comune di Parma e quello incidentale del vice-segretario P.V., avverso la sentenza del Tribunale di Parma con la quale era stata disattesa la domanda dell’ente di recupero delle somme erogate in favore del lavoratore a titolo di diritti di rogito per gli atti pubblici curati dal medesimo in sostituzione del segretario comunale degli anni dal 2002 al 2004, accogliendo al contempo la riconvenzionale del P. per il pagamento di compensi per diritti di rogito non ancora corrisposti per gli anni 2005 e 2006, il tutto con compensazione, in primo grado, delle spese di giudizio, poi confermata in appello con la reiezione del gravame incidentale intentato sul punto dal P. e con compensazione quindi anche delle spese di secondo grado, indicata come integrale nella motivazione e come parziale (con condanna del Comune a rifondere i due terzi delle spese di appello in favore della controparte) in dispositivo;
la Corte territoriale riteneva che fosse mal richiamato il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in quanto esso operava solo rispetto ai compiti rientranti nell’incarico lavorativo, mentre il rogito degli atti e la funzione di vice-segretario erano prive di un tale collegamento, sicché era dovuto un compenso ad hoc,, risultando altrimenti paradossale secondo la Corte di merito – il fatto che il CCNL del 22 febbraio 2006 avesse previsto quel compenso, che però non avrebbe trovato applicazione per il biennio di riferimento (2002.2003) di quello stesso CCNL;
2. il Comune di Parma ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, resistito da controricorso del P., poi illustrato da memoria, contenente anche un motivo di ricorso incidentale.
CONSIDERATO
CHE:
1. va preliminarmente disattesa l’eccezione preliminare di nullità della notifica del ricorso per cassazione, sviluppata dal controricorrente sul presupposto che lo stesso sia stato notificato direttamente al sig. P. al domicilio eletto presso lo studio dei suoi difensori costituiti in grado di appello;
e’ stato infatti precisato che “la notifica dell’atto di impugnazione effettuata alla parte nel domicilio eletto presso il procuratore costituito equivale a quella eseguita nei confronti del procuratore costituito, nominativamente indicato, giacché entrambe assicurano la conoscenza della sentenza ad opera della parte per il tramite del proprio difensore tecnico, qualificato professionalmente a valutare l’opportunità di resistere all’avversa impugnazione e di proporne, se del caso, una incidentale” (Cass., S.U. 13 febbraio 2017, n. 3702) e tanto basta;
2. l’unico motivo di ricorso proposto dal Comune di Parma denuncia la violazione (art. 360 c.p.c., n. 3) del D.Lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 2, comma 2 artt. 4 e 45, L. n. 449 del 1997, art. 44 e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 97 – nonché dell’art. 4 ss. CCNL 1999;
i due motivi di ricorso incidentale del P. riguardano invece soltanto le decisioni assunte dalla Corte territoriale rispetto alle spese di giudizio di primo e secondo grado;
3. questa S.C., con sentenza 7 agosto 2019, n. 21166, ha già ritenuto, con principio cui deve darsi continuità, che non fosse consentito, nella vigenza dell’art. 29 CCNL 23 dicembre 1999, comparto Regioni-Enti locali, Area della dirigenza 1998-2001, riconoscere una remunerazione al vicesegretario comunale per l’attività di rogito, svolta in sostituzione del segretario comunale e ciò sul presupposto che il predetto art. 29 non contenesse una previsione utile all’attribuzione di uno specifico compenso in tal senso;
come rileva la stessa Corte territoriale, in effetti l’art. 29 consente compensi ulteriori solo in relazione all’attività professionale forense e per incentivi alla progettazione, sicché, come ritenuto dalla citata Cass. 21166/2019, l’attribuzione dei diritti di rogito non trovava fondamento nella contrattazione collettiva dell’epoca;
d’altra parte, va qui aggiunto, non solo, con la privatizzazione, quelli che ora sono il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3 e art. 45 prevedono che i trattamenti economici siano da riconoscere solo se previsti dalla contrattazione collettiva, ma sono anche da considerare inapplicabili, a partire dalle contrattazioni richiamate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1, u.p. cui le annate oggetto di causa sono certamente posteriori, le norme antecedenti “generali o speciali” riguardanti anche gli aspetti economici e quindi a fortiori ogni eventuale disposizione di rango inferiore che su quelle norme si fondasse;
in esito alla privatizzazione, stante il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, comma 3), solo un’esplicita previsione della contrattazione collettiva avrebbe consentito di attribuire ai vice-segretari a titolo di compenso, i diritti di segreteria e, per quanto qui interessa, i diritti di rogito (così ancora Cass. 21166/2019);
d’altra parte, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, il compito di sostituire il Segretario non può non dirsi proprio del vice-segretario, quando ciò sia previsto dall’ente di riferimento (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 97, comma 5), per quanto ciò imporrebbe di assicurare almeno di regola alle sostituzioni la temporaneità o sporadicità che è loro naturale;
4. neppure può esservi dubbio che la contrattazione collettiva sottoscritta il 22 febbraio 2006, nel prevedere quanto sopra, riguardi l’attribuzione dei diritti di rogito (o di segreteria) maturati successivamente ad essa;
ciò è stato parimenti già affermato da Cass. 21166/2019 cit. ed orienta in tal senso una serie di convergenti elementi logico-giuridici;
la Corte territoriale ha suggestivamente osservato come sia paradossale che la contrattazione definita nel febbraio 2006, pur essendo destinata al periodo economico 2002-2003, possa per i diritti di segreteria finire per non regolare proprio la spettanza per il corrispondente periodo e li attribuisca solo per il futuro;
il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3, prevede che le P.A. “adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi dalla data della sottoscrizione definitiva” ed analogamente l’art. 3, comma 2, del c.c.n.l. 2002-2003 del 22.2.2006 prevede che “gli effetti del presente contratto decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diversa prescrizione e decorrenza espressamente prevista dal contratto stesso”;
la norma di legge e quella collettiva – nonostante la contraria opinione dell’odierno ricorrente non escludono che la contrattazione collettiva, nella sua autonomia, regoli anche il pregresso, specie quando, come nella specie, essa è intervenuta a distanza di anni dalle annate cui essa si riferisce;
e’ poi ancora vero che l’art. 2, comma 1, del c.c.n.l. prevede che lo stesso “e’ valido dal 1 gennaio 2002 al 31 dicembre 2003, per la parte economica”, tuttavia ciò non può essere riferito alla previsione sui diritti di segreteria;
infatti, quella previsione, non essendo tale attribuzione prevista dalla contrattazione precedente, aveva senza dubbio portata innovativa, né essa può essere riferita ad una normale dinamica di adeguamento retributivo, cui ha evidentemente riguardo la fissazione a ritroso ex post di quell’efficacia del contratto;
oltre alla novità, almeno nel nuovo sistema contrattualizzato, dell’attribuzione, si deve rilevare come essa non tragga finanziamento dalla dinamica contrattualcollettiva, ma dai versamenti a titolo di diritti di segreteria effettuati dagli utenti, sicché è naturale che esso abbia riguardo al futuro e non ad un passato in cui quei versamenti di regola (il ragionamento va condotto in astratto, trattandosi di interpretazione di norme collettive nazionali, non potendo avere rilievo quanto accaduto presso il Comune di Parma) non possono non avere avuto altra destinazione, tra cui quella di cui all’art. 32 del c.c.n.l. 1998-2001, che dirotta le entrate conseguenti all’onnicomprensività della retribuzione a favore dei fondi per la retribuzione dei dirigenti;
da quanto sopra si trae conferma della conclusione come detto già assunta nell’altro caso già deciso questa Corte in merito all’efficacia del c.c.n.l. 22 febbraio 2006, quanto ai diritti di segreteria e di rogito solo a partire “dal giorno successivo alla data di stipulazione” e quindi dal 23.2.2006;
nessun rilievo, rispetto alla questione agitata tra le controparti, ha l’utilizzazione che in concreto sarò fatta dal Comune di Parma delle entrate per diritti di segreteria che il P. sia chiamato a restituire, per periodi in cui esso ha operato con vice-segretario nelle funzioni di Segretario Comunale, in quanto qui rileva solo la spettanza o meno di quelle somme al P. a titolo retributivo o comunque di compenso;
5. vale poi l’ulteriore principio, di cui alla più volte citata Cass. 21166/2019, per cui “in tema di dirigenza pubblica, ai fini della determinazione della retribuzione accessoria, l’attribuzione di un determinato trattamento economico mediante l’adozione, ad opera della P.A., di un atto negoziale di diritto privato di gestione del rapporto, non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore, giacché la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva” e pertanto quanto riconosciuto ed erogato in tal senso dal Comune resta invalidato per i periodi in cui il compenso non spettava ai vice-dirigenti e si giustifica, in tali casi, la domanda dell’indebito;
5.1 neppure ha rilievo decisivo la circostanza, dedotta con il controricorso, secondo cui nel periodo dal 2004 al 2006 il P. ha svolto attività “in qualità di vice segretario… in virtù di due contratti a tempo determinato su posto vacante, l’ultimo dei quali di natura non dirigenziale”; non è vero, intanto, che la copertura del posto mediante contratti a tempo determinato porti la fattispecie al di fuori della contrattazione collettiva e dal sistema di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, come sembra sostenere il P., perché il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 110, comma 3, rinvia espressamente ai trattamenti di cui alla predetta contrattazione, sicché ogni trattamento riconosciuto e da essa non previsto sarebbe invalido e non dovuto;
l’art. 110 cit. aggiunge peraltro che il trattamento di cui alla contrattazione “può essere integrato, con provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali” e che “il trattamento economico e l’eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell’ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale”;
il controricorso fa tuttavia riferimento generico alla previsione normativa di una “delibera motivata”, rispetto ai contratti in generale, ma non afferma esplicitamente che una delibera in tal senso sul compenso ad personam vi fosse stata e tanto meno riporta il contenuto concreto di essa, sicché non è consentito alcun reale apprezzamento del profilo in base al contenuto dell’atto difensivo e deve quindi concludersi per l’inammissibilità dell’introduzione di tale questione in sede di legittimità;
e’ vero infatti che i requisiti di specificità richiesti per il ricorso principale o incidentale sono meno stringenti rispetto al controricorso, in quanto nonostante il richiamo alla stessa norma (art. 366 c.p.c.), le difese della parte intimata si giovano naturalmente dell’esposizione fattuale contenuta, oltre che nella sentenza impugnata, anche nel ricorso principale (Cass. 21 settembre 2015, n. 18483);
peraltro, tale minor rigore non può ricorrere, qualora le difese di cui al controricorso, anche rispetto a punti non fatti oggetto di ricorso incidentale, contengano profili di maggiore dettaglio o comunque non esposti, perché non affrontati, in quegli altri atti, sicché rispetto a tali aspetti è doveroso, stante l’esplicito rinvio normativo all’art. 366 c.p.c. e l’identità di ratio, consistente nella necessità di porre la S.C. nelle condizioni di apprezzare già sulla base degli atti del giudizio di legittimità la pregnanza delle difese, il rispetto di parametri di specificità analoghi a quelli richiesti per il ricorso principale (v. in generale per il necessari rispetto dei requisiti di autosufficienza anche nel controricorso, Cass. 3 marzo 2015, n. 4249 e Cass. 13 marzo 2006, n. 5400, con richiamo anche all’impossibilità – analogamente a quanto è per il ricorso – di integrarne il contenuto con le memorie);
5.2 il contenzioso riguarda il periodo 2002-2006 e ne deriva la cassazione della sentenza impugnata e la rimessione al giudice del rinvio, affinché dia corso al giudizio di merito sulla base dei principi di cui sopra, verificando in particolare anche se vi siano prestazioni tra quelle oggetto di domanda che si collochino nell’epoca di efficacia del c.c.n.l. 22 febbraio 2006, come sopra definita;
6. tutto ciò comporta l’assorbimento dei motivi di ricorso incidentale, in quanto la pronuncia sulle spese con essi contestata resta caducata ai sensi dell’art. 336 c.p.c. dalla cassazione della sentenza e ogni decisione sul punto dovrà essere assunta ex novo in sede di rinvio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sule spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021
Codice Civile > Articolo 29 - Divieto di nuove operazioni | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 32 - Devoluzione dei beni con destinazione particolare | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 366 - Contenuto del ricorso | Codice Procedura Civile