Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.34082 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4922-2020 proposto da:

A.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO D’ANTONIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 270/2020 del TRIBUNALE DI LECCE, depositato il 16/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Lecce, con decreto n. 270 pubblicato il 16.1.2020, ha respinto il ricorso proposto da A.S., cittadino del *****, avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato le istanze volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

2. il Tribunale, premesso che non era stato ritenuto necessario ascoltare il richiedente visto la conformità dei fatti riferiti alla Commissione territoriale con quelli esposti in ricorso, ha rilevato che il richiedente che ha riferito di essere fuggito in considerazione di liti familiari per la vendita di un terreno e della morte di una sorella, peraltro risalente a 4 anni prima della fuga – non ha allegato alcun motivo concernente eventuali persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche appartenenza a gruppi sociali, non ha descritto situazioni di violazione dei diritti fondamentali configurabili come conflitti armati (in quanto le fonti internazionali, Rapporto Amnesty International 2017-2018, Sito ***** aggiornato al 18.9.2019, testimoniano una situazione di progressivo miglioramento delle tensioni politiche in seguito alle elezioni del dicembre 2016, nonostante rischio di azioni ostili a danno di cittadini occidentali), non ha prospettato una situazione di particolare privazione di mezzi di sostentamento nel paese di origine né ha dimostrato una situazione di stabile inserimento lavorativo né legami familiari in Italia (salvo un contratto a tempo determinato di tipo stagionale), e, infine, non può vantare un diritto di asilo ai sensi dell’art, 10 Cost. posto che la disposizione costituzionale non ha margine di applicazione diretta avendo trovato attuazione con i tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, del permesso umanitario di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5;

3. il ricorso del richiedente domanda la cassazione del suddetto provvedimento per quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza essendosi – il Tribunale – sottratto all’obbligo di cooperazione, nella specie ritenendo irrilevanti le gravi condizioni di pericolo attualmente esistenti in *****;

2. con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 7 e 14, con riguardo alla protezione sussidiaria, posto che il richiedente meritava il riconoscimento del diritto preteso per il sol fatto di provenire da uno Stato caratterizzato da una grave e palese violazione dei diritti umani, essendoci state recenti tensioni politiche a seguito della decisione del Presidente Barrow di proseguire il suo mandato oltre i 3 anni inizialmente previsti, e in assenza di audizione del richiedente da parte del Tribunale;

3, con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 5 e 19, del D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28 della L. n. 110 del 2017, degli artt. 10 e 3 CEDU, con riferimento alla protezione umanitaria, posto che il Tribunale ha trascurato le gravi conseguenze di un forzato rientro in patria in considerazione della condizione oggettiva del paese di origine e dell’attività lavorativa svolta in Italia (contratto come “lavapiatti”);

4. con il quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 10 Cost. dovendosi riconoscere un diritto di asilo ai sensi della normativa sancita dalla Carta Costituzionale da applicarsi in via diretta;

5. in via preliminare, deve essere rilevato che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato;

6. le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede – quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c. – il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177);

7. con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost., per contrasto con l’art. 117 Cost. in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11 e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, artt. 18 e 19, p.2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU;

8. una sommaria delibazione dei motivi del presente ricorso (generica e stereotipata contestazione di violazione del dovere di cooperazione, omessa deduzione di fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, mera replica delle argomentazioni già sottoposte al vaglio del Tribunale) esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata, sicché ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale;

9. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive;

10. infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto:

“il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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