LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15148/2017 proposto da:
A.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via A. Depretis n. 60, presso lo studio dell’avvocato Cere’ Donatella, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.L., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Regina Margherita n. 140, presso lo studio dell’avvocato Ferretti Anna Maria, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7601/2016 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, pubblicata il 19/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza definitiva n. 1050/2015 il Tribunale di Velletri, all’esito della pronuncia di sentenza non definitiva di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario dell'***** tra A.S. e C.L., assegnava all’ex moglie la casa coniugale, condannava l’ex marito a corrispondere alla C., quale contributo per il mantenimento della figlia Si., nata nel *****, la somma di Euro 500,00, e del figlio C., nato nel *****, la somma di Euro 300,00 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie per i medesimi, nonché l’assegno divorzile di Euro 600,00 mensili.
2. Con sentenza n. 7601/2016 depositata il 19-12-2016 la Corte d’appello di Roma, per quanto ancora di interesse, ha rigettato l’appello principale proposto da A.S. ritenendo dovuto l’assegno divorzile in considerazione della netta sproporzione tra le condizioni economico-patrimoniali delle parti, nonché ritenendo dovuto e quantificato in misura congrua il contributo dovuto dal padre per il mantenimento del figlio C., di anni *****, il quale, pur se già laureato come igienista dentale e impiegato in attività non continuativa di igienista, era iscritto e frequentava la facoltà di medicina, con l’approvazione del padre che contribuiva al pagamento delle tasse universitarie.
3. Avverso questa sentenza A.S. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di C.L., che resiste con controricorso.
4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la ” violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – atteso che il Giudice di Seconde Cure – in ordine al riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge – non avrebbe accertato la reale situazione economica della Signora C.L., confermando un assegno di divorzio, evidenziando inoltre “l’impossibilità di una ricostruzione della posizione dell’appellata tale da far ritenere maggiore la sproporzione tra le rispettive posizioni” pertanto senza valutare ed accertare in concreto le effettive disponibilità di ciascuna delle parti”. Il ricorrente deduce che la Corte di merito, in assenza di mezzi istruttori in ordine al divario economico esistente tra gli ex coniugi e senza acquisizione probatoria a sostegno, ha confermato la statuizione del Tribunale in ordine al riconoscimento in favore dell’ex moglie dell’assegno divorzile di Euro 600,00 mensili, omettendo di considerare che in base al nuovo recente orientamento di questa Corte (sentenza n. 11504/2017) il parametro di riferimento è la mancanza di indipendenza economica del richiedente, in virtù del principio di autoresponsabilità economica, e che l’ex moglie, avendo redditi personali più che adeguati (stipendio mensile di Euro 2.700,00 nel 2015, proprietà immobiliari, godimento della casa familiare di cui è nuda proprietaria per la metà) non ha diritto all’assegno divorzile. Censura, inoltre, la valutazione effettuata dalla Corte territoriale in ordine alle sue condizioni economico-patrimoniali, illustrando i dati di rilevanza (cfr. pag.9 ricorso).
2. Con il secondo motivo denuncia “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sugli obblighi economici posti a carico del signor A.S., per il mantenimento del figlio C. divenuto economicamente indipendente”. Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito ha omesso di esaminare il fatto decisivo costituito dall’attività lavorativa svolta dal figlio maggiorenne C. per due pomeriggi alla settimana presso uno studio dentistico.
3. Il primo motivo è fondato nei limiti che si vanno ad illustrare.
3.1. Secondo l’orientamento innovativo e più recente di questa Corte, che è stato espresso successivamente alla decisione della Corte di merito impugnata ed alla proposizione del ricorso che si sta scrutinando e che il Collegio condivide, all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. In particolare, si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. Sez. U., 11/07/2018, n. 18287; tra le tante successive conformi cfr. Cass., 23/01/2019, n. 1882).
3.2. Nel caso di specie, la Corte di merito, nel confermare la statuizione del Tribunale che riconosceva all’ex moglie l’assegno divorzile di Euro 500,00 mensili, si è limitata a rimarcare il divario economico, sia durante il periodo matrimoniale, sia all’attualità, tra le parti (l’ex marito medico odontoiatra con due studi, l’ex moglie dipendente del Ministero delle Finanze), la durata ventennale della convivenza matrimoniale e la circostanza della nascita dall’unione di due figli, dichiarando, altresì, di condividere il bilanciamento tra le reciproche posizioni effettuato dal primo giudice ed evidenziando l’inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi dell’odierno ricorrente, tanto da disporre la segnalazione della sentenza alla Guardia di Finanza.
3.3. Ciò posto, è inammissibile la censura nella parte riferita alla valutazione, effettuata dalla Corte d’appello, delle risultanze probatorie, in punto ricostruzione fattuale della sproporzione economico-patrimoniale delle posizioni delle parti, perché, mediante l’apparente denuncia del vizio di violazione di legge, il ricorrente sollecita in realtà una rivisitazione dei fatti storici in contrasto con l’accertamento compiuto, con motivazione adeguata, dai giudici di merito.
3.4. Merita accoglimento, invece, la doglianza riferita all’errata applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 per avere la Corte di merito ritenuto dovuto l’assegno divorzile solo in dipendenza dell’accertato divario economico tra le posizioni delle parti, senza dare conto dei criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della citata norma.
La Corte d’appello ha effettuato solo un vago riferimento alla durata del periodo di convivenza matrimoniale ed alla nascita di due figli, da considerarsi del tutto generico perché privo di alcuna precisazione ulteriore diretta a connotare il ruolo svolto da ciascuno degli ex coniugi. E’ mancata, nella valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, la considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. E’ mancata, altresì, la considerazione della riconducibilità, o meno, dell’accertato divario economico alle dinamiche familiari nel senso precisato e, di conseguenza, è mancata l’indagine necessaria a stabilire se e in che misura l’assegno divorzile, nel caso di specie, assolva alla finalità di garantire alla richiedente “il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare” (cfr. pronunce di questa Corte sopra citate), tenendo conto, eventualmente, anche delle aspettative professionali sacrificate da parte dell’odierna resistente.
Ricorre, pertanto, il vizio di violazione di legge denunciato, nei limiti indicati.
Resta da aggiungere che, come pure recentemente chiarito da questa Corte (Cass. n. 11178/2019), nell’esprimere un orientamento che il Collegio condivide e intende ora ribadire, la cassazione della pronuncia qui impugnata, con rinvio al giudice a quo, per un vizio di violazione o falsa applicazione di legge richiede l’accertamento di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice del merito, ed impone, perché si possa dispiegare effettivamente il diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle esigenze istruttorie conseguenti alle necessarie applicazioni del nuovo principio di diritto in sede di giudizio di rinvio.
4. Il secondo motivo è infondato.
4.1. Il fatto decisivo di cui si lamenta l’omesso esame (lavoro part-time del figlio maggiorenne) è stato esaminato dalla Corte territoriale, che, valutando le risultanze probatorie, ne ha escluso la rilevanza con motivazione adeguata ed in base ad una ratio decidendi invero neppure oggetto di specifica censura. La Corte di merito ha, infatti, affermato che il figlio maggiorenne ha tuttora necessità di essere mantenuto, nonostante svolga attività lavorativa non continuativa di igienista, perché frequenta la facoltà di medicina con l’approvazione del padre, il quale contribuisce al pagamento delle tasse universitarie.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il primo motivo di ricorso merita accoglimento, nei termini precisati, rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
6. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021