Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.34534 del 16/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20432/2017 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Via Mancinelli 65, presso lo studio dell’avvocato Graziano Riccardo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Griva Alberto e Moscati Enrico;

– ricorrente –

contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/2017 della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE, depositata il 25/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/09/2021 dal Dott. NAPOLITANO LUCIO.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale ***** di Torino notificò al sig. S.A. due avvisi di accertamento, con i quali, in forza di accertamento sintetico, riprese a tassazione, per gli anni d’imposta 2004 e 2005, le maggiori imposte ritenute dovute per IRPEF e relative addizionali, oltre sanzioni ed interessi.

Avverso detti avvisi di accertamento il contribuente propose separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Torino, che li accolse entrambi.

L’Ufficio propose appello avverso ciascuna sentenza ad esso sfavorevole.

Riuniti i ricorsi in appello, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Piemonte, con sentenza n. 42/06/2012, depositata il 4 luglio 2012, rigettò ciascun gravame, confermando le decisioni impugnate.

Avverso la sentenza resa dalla CTR del Piemonte, l’Agenzia delle entrate propose ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

Rimasto in quella sede intimato il contribuente, questa Corte, con ordinanza Cass. sez. 6-5, 29 gennaio 2014, n. 2010, accolse il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, stabilendo che, in sede di rinvio, la CTR del Piemonte, in diversa composizione, si attenesse al principio di diritto secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova contraria documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato)”.

Riassunto dal contribuente il giudizio dinanzi alla CTR del Piemonte, quest’ultima, con sentenza n. 144/3/17, depositata il 25 gennaio 2017, non notificata, accolse gli appelli proposti dall’Ufficio avverso le pronunce di primo grado, confermando la legittimità degli avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2004 e 2005 impugnati dal S..

Avverso detta ultima pronuncia il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c..

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, e del D.M. 10 settembre 1992, n. 922800, art. 3, comma 1, nonché degli artt. 112 e 384 c.p.c., dell’art. 1 c.p.c., comma 2, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63.

Il contribuente lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione del principio di diritto, quale espresso dalla succitata ordinanza di questa Corte Cass. n. 2010/2014, che era tenuta ad applicare, sia in relazione all’aspetto sostanziale, sia a quello processuale.

Quanto al primo profilo, il ricorrente deduce che la sentenza impugnata non si sarebbe uniformata correttamente al principio di diritto innanzi trascritto, atteso che la prova contraria cui era tenuto il contribuente per superare la presunzione legale derivante dall’accertamento mediante redditometro presupponeva, in virtù del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, e del D.M. 10 settembre 1992, art. 3, comma 1, secondo cui “(l)a disponibilità di uno o più beni e servizi, anche della stessa categoria, compresi nella tabella allegata al (…) decreto, è indicativa, per il relativo periodo d’imposta, di un valore che si ottiene in base ai decreti indicati nei successivi commi”, presupponeva che il relativo sindacato da parte del giudice di merito in punto di sussistenza del nesso tra la spese per incrementi patrimoniali ed i redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, dovesse essere condotto con esclusivo riguardo alle spese (per i beni indice) sostenute nel periodo d’imposta oggetto di accertamento (cioè negli anni 2004 – 2005) ed ai redditi e disponibilità patrimoniali di cui il contribuente beneficiava nel medesimo periodo.

Viceversa, come si rileva dalla motivazione della decisione impugnata, la CTR ha valutato, per un verso le acquisizioni patrimoniali da parte del S. nel periodo 2004-2008, per altro verso il reddito medio dichiarato dal contribuente per il periodo 1998-2006, tanto nell’uno, quindi, come nell’altro caso, ben oltre l’arco temporale di riferimento (2004-2005) in relazione al quale doveva essere espletato l’accertamento ad essa demandato dalla citata ordinanza di questa Corte n. 2010/2014; da ciò scaturendo, secondo il ricorrente, l’ulteriore conseguenza, in relazione al profilo processuale, che il giudice di rinvio aveva trasceso i contenuti della domanda formulata dal ricorrente in riassunzione, estendendo l’ambito della propria valutazione a situazioni estranee all’oggetto del ricorso.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, commi 4 e 6, del D.M. 10 settembre 1992, n. 922800, art. 1, comma 1, e art. 4, comma 2, nonché degli artt. 112 e 384 c.p.c., dell’art. 1 c.p.c., comma 2, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, nella parte in cui, nell’operare il giudizio demandatole, ha esteso il sindacato a spese diverse dal mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale (l’immobile di proprietà del contribuente sito in *****, di mq 180, acquistato nel 2004), cioè a spese diverse da quella costituente l’unico valore tabellare determinante ai fini degli accertamenti oggetto di causa.

3. Va premesso che “(a) norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche qualora, nel corso del processo, siano intervenuti mutamenti della giurisprudenza di legittimità, sicché anche la Corte di cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare sulla base del principio di diritto precedentemente enunciato, e applicato dal giudice di rinvio, senza possibilità di modificarlo, neppure sulla base di un nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, salvo che la norma da applicare in relazione al principio di diritto enunciato risulti successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di “jus superveniens”, comprensivo sia dell’emanazione di una norma di interpretazione autentica, sia della dichiarazione di illegittimità costituzionale” (cfr. Cass. sez. 6-1, ord. 15 novembre 2017, n. 27155; Cass. sez. lav. ord. 17 marzo 2014, n. 6086).

3.1. Nella controversia in esame, come sopra detto, questa Corte, nel precedente giudizio di legittimità, con ordinanza Cass. sez. 6-5, 29 gennaio 2014, n. 2010, nell’accogliere il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, ebbe ad affermare il principio di diritto secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova contraria documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato)”.

3.2. Correttamente, dunque, in astratto, il giudice di rinvio ha dichiarato di doversi uniformare a detto principio di diritto, ciò sebbene, nelle more dell’emanazione da parte della CTR del Piemonte della decisione in questa sede nuovamente impugnata, l’indirizzo espresso da detta massima fosse stato ormai superato da un orientamento meno restrittivo, poi definitivamente consolidatosi, secondo il quale la prova documentale contraria incombente sul contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104; Cass. sez. 5, ord. 4 agosto 2020, n. 16637; Cass. sez. 5, ord. 31 marzo 2021, n. 8888)”.

Ciononostante il contribuente lamenta che, pur affermando di adeguarsi al principio di diritto espresso da Cass. ord. n. 2010/2014, la CTR del Piemonte, con la pronuncia in questa sede impugnata, non ne abbia fatto corretta applicazione in relazione a quanto esposto con ciascuno dei due motivi di ricorso.

4. Il primo è parzialmente fondato.

4.1. Diversamente da quanto esposto dal ricorrente, deve rilevarsi che le spese prese in considerazione per i beni indice riguardano effettivamente il biennio (2004 – 2005) oggetto di accertamento, mentre è corretta la considerazione delle spese per gli incrementi patrimoniali relative agli anni 2004 – 2008, che si presumono sostenute in quote costanti nei quattro anni precedenti, venendo dunque in rilievo le spese sostenute a tal fine per gli anni 2004 e 2005.

4.2. Fondata è invece la doglianza riferita alla considerazione, da parte della CTR, per ritenere non soddisfatto l’onere probatorio a carico del contribuente, del reddito medio dichiarato dal contribuente per il periodo 1998- 2006, dovendo valutarsi solo la prova documentale che per gli anni 2004 – 2005, e per l’intero periodo, fossero evidenziabili dalla documentazione prodotta circostanze sintomatiche del fatto che le spese contestate, sia per il possesso dei beni – indice che per gli incrementi patrimoniali, fossero state sostenute con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

5. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso.

5.1. Il contribuente, in allegato al proposto ricorso per cassazione, ha riprodotto, ai fini dell’autosufficienza, entrambi gli avvisi di accertamento notificatigli per le annualità in oggetto, non avendo ritenuto l’Amministrazione finanziaria idonea la documentazione prodotta in risposta ai questionari con riferimento a ciascuna annualità d’imposta.

5.2. Da ciò risulta che effettivamente l’unico valore tabellare preso in considerazione nella motivazione della pretesa impositiva riguardo a ciascuna annualità d’imposta per la residenza principale di mq 180 sita in ***** è quella per il pagamento delle rate di mutuo (precisamente per Euro 15.950,00 per l’anno 2004, per 11 mesi di possesso, con una quota spese del 100%, e per Euro 17.490,00 per l’anno 2005 per tutti i dodici mesi, sempre per la quota del 100%.

5.3. Ne deriva l’incongruenza del giudizio riguardante il (non) soddisfacimento dell’onere della prova da parte del contribuente, nel momento in cui il nesso eziologico richiesto dalla citata Cass. ord. 2010/2014 risulta essere stato parametrato anche al sostenimento di ulteriori spese quali le spese di ristrutturazione per Euro 72.000,00 (per l’anno 2004) estranee all’originaria contestazione da parte dell’Amministrazione e quindi alla delimitazione del thema decidendum.

6. Il ricorso del contribuente va pertanto accolto nei termini sopra indicati, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di entrambi i giudizi di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese dei giudizi di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2021

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