LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9794-2016 proposto da:
D.P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato MAURO MARCHIONE, insieme all’Avvocato ANDREA BRACONE che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 382/2015 della COMM. TRIB. REGIONALE di CAMPOBASSO, depositata il 03/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/11/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.
RITENUTO
CHE:
D.P.M. impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro e contestuale irrogazione di sanzioni n. *****, anno di imposta 2008, emesso dall’Agenzia delle entrate di *****, con cui si chiedeva il pagamento della somma di Euro 94,37 per la registrazione del decreto n. 05/07 del 9.1.2007. Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Appello di Campobasso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, chiedendo che il Ministero della Giustizia venisse condannato a rimborsare in suo favore i danni subiti per l’eccessiva durata del processo. La Corte di Appello con il decreto n. 05/07 aveva rigettato la pretesa, sicchè l’istante aveva proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte annullava il decreto e condannava il Ministero di Giustizia alle spese di lite. Il procedimento veniva poi riassunto dinanzi alla Corte di Appello di Campobasso che, con decreto n. 58/09, accoglieva la domanda di equa riparazione condannando il Ministero di Giustizia anche alle spese dei tre gradi di giudizio.
Il contribuente riteneva l’illegittimità dell’avviso di liquidazione in quanto elencava, oltre all’imposta di registro, anche tributi speciali ed altre entrate non dovute, perchè il provvedimento della Corte di Appello era stato pronunciato in un procedimento che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, era esente sia dal contributo unificato che dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie. Secondo il ricorrente, la decisione era stata emessa in un procedimento in cui controparte era lo Stato sicchè la registrazione dello stessa andava prenotata a debito, come previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, e nell’ipotesi di rigetto, come nella fattispecie, poteva essere recuperata solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. L’adita Commissione con sentenza n. 184/1/10 rigettava il ricorso. La pronuncia veniva appellata dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Molise che, con sentenza n. 382/3/15, respingeva il gravame, sulla base del rilievo che nel decreto, che aveva dato origine alla registrazione, il giudice aveva compensato le spese per cui l’Ufficio aveva proceduto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 159, ad emettere avviso di liquidazione per la parte di imposta dovuta dal ricorrente. D.P.M. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo un unico motivo. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 159, in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 158, e al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, atteso che l’interpretazione ribadita dalla Commissione Tributaria Regionale, concorde con la pronuncia di primo grado, sarebbe destituita di fondamento, perchè contraria alla ratio della norma ed all’interpretazione che di essa hanno dato, unanimamente, il Consiglio di Stato, l’Avvocatura Generale dello Stato, il Ministero della Giustizia e la stessa Agenzia delle Entrate. Secondo il ricorrente, tutte le volte che in giudizio è presente una Amministrazione dello Stato, la registrazione del provvedimento giurisdizionale va prenotata a debito e, solo dopo il passaggio in giudicato dello stesso, l’Agenzia delle entrate potrà attivarsi recuperando per intero l’imposta dovuta dalla parte privata in caso di condanna della stessa o, solo parziale, nell’ipotesi di compensazione delle spese. Il decreto n. 5/07 della Corte di Appello di Campobasso non è mai passato in giudicato per essere stato impugnato dinanzi la Suprema Corte di Cassazione che lo ha cassato, disponendo che la stessa Corte di appello, in diversa composizione, si pronunciasse di nuovo sulla questione per essere il ricorso del D.P. “manifestamente fondato”. L’Agenzia delle Entrate, anche nel caso di compensazione delle spese di lite, si sarebbe potuta attivare solo dopo il passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale. Inoltre, la Commissione Tributaria Regionale incorrerebbe in errore laddove afferma che l’Ufficio ha proceduto ad emettere l’avviso di liquidazione per la parte di imposta dovuta dal ricorrente quando invece l’avviso sarebbe stato, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte di Appello, emesso per l’intera imposta.
1.1. Il motivo è infondato per i principi di seguito enunciati.
Va premesso che, secondo l’indirizzo espresso dall’Agenzia delle Entrate, i decreti emessi in tema di equa riparazione in base alla L. n. 89 del 2001, devono essere registrati in termine fisso con applicazione della relativa imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. b), Tariffa, parte prima, allegata), posto che sul punto la predetta legge non reca nessuna disposizione derogatoria alle norme generali in materia (v. Circolare 23 marzo 2004, n. 13/E, dell’Agenzia delle Entrate).
Con specifico riferimento alla registrazione dei decreti emessi in materia di equa riparazione, il Ministero della Giustizia, con nota del *****, ha aderito all’orientamento espresso dall’Agenzia che, con nota prot. n. ***** del *****, ha ritenuto che tali decreti siano soggetti all’imposta di registro, mentre per quanto concerne le modalità di registrazione la stessa Agenzia ha puntualizzato che “la formalità è eseguita a debito, vale a dire senta il contemporaneo pagamento delle imposte dovute, ai sensi del testo unico sull’imposta di registro, art. 59, lett. a), considerato che in questi procedimenti è sempre parte un’amministrazione statale”. Infatti, nelle ipotesi in cui una delle parti processuali sia un’Amministrazione dello Stato, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, comma 1, (testo unico sull’imposta di registro) dispone che: “si registrano a debito, cioè senta contemporaneo pagamento delle imposte dovute: a) le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le Amministrazioni dello Stato”.
Il richiamato art. 59 va, però, coordinato con le disposizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 158, comma 1 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materie di spese di giustizia) ai sensi del quale nel processo, civile o amministrativo in cui è parte l’Amministrazione Pubblica, è, tra l’altro, prenotata a debito, se a carico dell’Amministrazione, l’imposta di registro ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, comma 1 lett. a) e b).
Nella fattispecie in esame, non è contestato che nel decreto che ha dato origine alla registrazione, il giudice abbia compensato le spese di lite. Pertanto, l’art. 59 cit., va coordinato anche con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 159.
Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 159, infatti, disciplina l’ipotesi in cui la sentenza disponga la compensazione delle spese di giudizio, prevedendo che:
1. Qualora la registrazione sia stata richiesta da un’Amministrazione statale, l’imposta di registro è prenotata a debito per metà o per la quota di compensazione, mentre il residuo dell’imposta dovuta va corrisposta dall’altra parte processuale.
2. Nella differente ipotesi in cui la registrazione dell’atto venga richiesta dalla parte diversa dall’Amministrazione statale ovvero non venga richiesta da nessuna delle parti processuali, l’imposta dovuta è pagata interamente dalla parte privata.
L’istituto della prenotazione a debito dell’imposta di registro deve essere applicato nei casi in cui l’Amministrazione abbia titolo per ripetere le somme nei confronti della parte soccombente unitamente alle altre spese processuali oppure nei casi in cui, dichiarata soccombente, sia tenuta al pagamento delle spese.
In conclusione, dalla piana lettura delle norme sopra indicate, emerge che, nell’ipotesi di procedimenti nei quali è parte una Amministrazione statale che si concludano con la compensazione delle spese giudiziarie, l’imposta di registro è prenotata a debito per la metà o per la quota di compensazione, mentre il residuo dell’imposta va corrisposta dall’altra parte processuale.
Tale principio si applica anche nel caso in cui provveda alla richiesta di registrazione, ai sensi dell’art. 10 TUR, lett. c), il cancelliere che, dunque, nei casi in questione, richiede la prenotazione a debito per la metà o per la quota di compensazione dell’imposta di registro. La quota residua di imposta dovrà, quindi, essere corrisposta dall’altra parte processuale.
1.2. Ciò premesso, va precisato che ai fini della registrazione non assume rilievo la circostanza che il decreto sia o no passato in giudicato, ciò in quanto, ai sensi dell’art. 37 T.U.R., comma 1, e dell’art. 8 TP1, sono soggetti a registrazione gli atti giudiziari che intervengono in “materia di controversie civili” e “definiscono anche parzialmente il giudizio”, seppure “al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili”.
La legge si riferisce dunque agli atti giudiziari che hanno un contenuto “decisorio” e che, cioè, provengono, da un organo dotato di potestas iudicandi il quale non si limiti a dettare disposizioni di carattere ordinario, ma esamini in modo irrevocabile e immodificabile la lite insorta e sottoposta al suo giudizio.
La registrazione deve essere effettuata a prescindere dal fatto che i provvedimenti giudiziali in questione siano, o meno, “definitivi”, anche se la tassazione riscossa, in caso di provvedimento non definitivo, è una tassazione provvisoria.
Il completamento del procedimento di tassazione (con un conguaglio a favore dell’erario o con un rimborso a favore del contribuente) si ha, pertanto, con l’intervento di una successiva sentenza passata in giudicato (art. 37 TUR, comma 1). A seguito della intervenuta definitività del procedimento giurisdizionale si fa dunque luogo al conguaglio o rimborso (art. 37 TUR, comma 1); il rimborso deve essere richiesto “all’ufficio che ha riscosso l’imposta” (art. 37 TUR, comma 2), innescando, con apposita istanza, un autonomo procedimento (entro tre anni da pagamento oppure dal successivo giorno nel quale è sorto il diritto alla restituzione: art. 77 TUR), senza cioè che l’insorgere del diritto al rimborso in alcun modo contamini l’avviso di liquidazione emesso in conseguenza della sentenza poi riformata e il relativo giudizio che si sia instaurato.
Ne consegue che il decreto emesso in tema di equa riparazione per mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo (di cui alla L. n. 89 del 2001), è sottoposto a registrazione anche se non passato in autorità di cosa giudicata.
2. Da siffatti rilievi consegue il rigetto del ricorso, avendo i giudici di appello correttamente applicato i principi di diritto sopra illustrati. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello pagato a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, effettuata da remoto, il 19 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021