LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7165 – 2016 R.G. proposto da:
Avvocato B.P., – c.f. ***** – rappresentato e difeso da sé medesimo, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., nonché dall’avvocato Antonio Semini, in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Povegliano, alla via Masetto, n. 20, presso il proprio studio;
– ricorrente –
contro
T.A., – c.f. ***** – G.M., – c.f. ***** –
BA.TI., – c.f. ***** – elettivamente domiciliati in Roma, alla Circonvallazione Clodia, n. 29, presso lo studio dell’avvocato Barbara Piccini, che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Giovanni Plateo, ed all’avvocato Pietro Dal Savio, li rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
e GU.MA., – c.f. ***** -;
– intimato –
avverso la sentenza n. 136/2015 della Corte d’Appello di Venezia;
udita la relazione nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex art. 703 c.p.c. depositato il 12.9.2005 Ba.Ti., G.M., Gu.Ma. e T.A., condomini del fabbricato in *****, adivano il Tribunale di Treviso.
Esponevano che il condomino B.P., proprietario dell’appartamento ubicato all’ultimo piano dello stabile condominiale, aveva in data 15.9.2004 installato sul terrazzo/lastrico solare, adibito a lavatoio/stenditoio, l’unità esterna dell’impianto di condizionamento d’aria del proprio sottostante appartamento, unità esterna i cui tubi, attraverso un foro realizzato nel solaio/soffitto, raggiungevano l’unità interna installata nell’appartamento.
Esponevano che il funzionamento dell’unità esterna dell’impianto di condizionamento, posizionata in prossimità delle vasche del lavatoio e dei fili predisposti per stendere la biancheria, comprometteva significativamente, per le emissioni gassose e per i flussi di aria calda che provocava, la possibilità di utilizzo del terrazzo comune.
Chiedevano di essere reintegrati o manutenuti nel compossesso del terrazzo/lastrico solare adibito a lavatoio/stenditoio e farsi ordine a B.P. di rimuovere l’unità esterna dell’impianto di condizionamento e di ripristinare a sua cura e spese lo status quo ante.
2. Si costituiva B.P..
Eccepiva preliminarmente l’avvenuto decorso del termine di un anno, tra l’altro, ex art. 1168 c.c., comma 1.
Deduceva segnatamente che i lavori di installazione dell’unità esterna dell’impianto avevano avuto inizio non già in data 15.9.2004 bensì in data 28.4.2004, allorché l’impresa all’uopo incaricata aveva provveduto alla perforazione, necessaria per il passaggio dei tubi, del solaio tra il lastrico solare ed il suo appartamento.
Deduceva ulteriormente che le emissioni gassose ed i flussi d’aria calda prodotti dall’unità esterna dell’impianto per nulla valevano, nel segno dell’art. 1102 c.c., ad alterare la destinazione della cosa comune ovvero ad impedire che gli altri condomini ne facessero parimenti uso.
Chiedeva quindi il rigetto dell’avverso ricorso, previa riunione del giudizio al giudizio di manutenzione possessoria che egli resistente aveva intrapreso del pari dinanzi al Tribunale di Treviso con ricorso depositato il 16.6.2004, onde ottenere la manutenzione del proprio compossesso in dipendenza delle molestie che, con riferimento alle medesime opere finalizzate all’installazione dell’unità esterna dell’impianto di condizionamento, gli erano state rivolte da taluni condomini.
3. Assunte sommarie informazioni, con ordinanza in data 3.1.2006 l’adito tribunale disponeva farsi luogo alla reintegrazione e dunque faceva ordine a B.P. di rimuovere l’unità esterna dell’impianto di condizionamento e di ripristinare lo status quo ante.
4. All’esito del giudizio di merito, il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 146/2010, accoglieva la domanda possessoria.
5. B.P. proponeva appello.
Resistevano Ba.Ti., G.M., T.A. e Gu.Ma..
6. Con sentenza n. 136/2015 la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Evidenziava la corte, ai fini della individuazione del dies a quo del termine annuale di cui all’art. 1168 c.c., comma 1 e di cui all’art. 1170 c.c., comma 1 che, sebbene il foro attraverso il solaio/soffitto fosse stato realizzato in epoca antecedente all’anno precedente la proposizione del ricorso, nondimeno il foro era stato richiuso, sicché unicamente con la sua riapertura e con l’istallazione dei tubi, avvenute in data 15.9.2004, entro l’anno anteriore alla proposizione dell’azione possessoria, gli appellati avevano avuto percezione della lesione possessoria.
Evidenziava quindi che tra l’attività iniziale e l’attività successiva vi era stata una patente cesura, sicché l’autonomia dei singoli atti rendeva tempestiva l’esperita azione a far data dalla riapertura del foro.
Evidenziava altresì che la collocazione ed il funzionamento dell’unità esterna dell’impianto di condizionamento, nonostante le sue modeste dimensioni, precludevano senz’altro agli appellati il godimento e l’uso del lastrico solare conformemente alle pregresse modalità di utilizzo.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso B.P.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
Ba.Ti., G.M. e T.A. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
Gu.Ma. non ha svolto difese.
8. Il ricorrente ha depositato memoria.
9. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2.
Deduce che il profilo della percepibilità della lesione possessoria, ai fini della individuazione del dies a quo del termine annuale, è stato dalla corte d’appello rilevato ex officio.
Deduce che, se fosse stato consentito il deposito al riguardo di osservazioni, avrebbe addotto che l’installazione del condizionatore era stato oggetto di un’assemblea condominiale e che, alla stregua degli atti del giudizio di manutenzione possessoria da egli intrapreso in data 16.6.2004 e nell’ambito del quale le controparti si erano costituite nel luglio del 2004, sin dal luglio del 2004 le controparti avevano avuto percezione della lesione possessoria.
10. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Deduce che all’udienza del 2.5.2007 l’idraulico installatore ha dichiarato che il 15.9.2004 ebbe a terminare quel che aveva iniziato il 28.4.2004, sicché è ragionevole assumere che il 28.4.2004 l’impresa P. aveva provveduto a collocare sulla terrazza condominiale l’unità esterna e nel suo appartamento l’unità interna dell’impianto di condizionamento.
Deduce dunque che la corretta valutazione delle dichiarazioni testimoniali avrebbe dovuto indurre i giudici del merito a ritenere che in data 15.9.2004 i lavori di installazione ripresero esattamente dal punto in cui erano stati interrotti e che in tal ultima data ebbe luogo il secondo progressivo momento della medesima opera di montaggio.
Deduce quindi che i giudici del merito avrebbero dovuto individuare nella prima fase dell’opera di installazione dell’impianto il dies a quo del termine annuale.
Deduce che del resto in coincidenza con la prima fase dell’opera di montaggio si rese manifesta e percepibile alle parti avverse, in maniera palese ed univoca, il proposito di dar corso ai lavori di installazione dell’impianto.
11. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1102 c.c.; l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione.
Deduce che l’installazione dell’unità esterna dell’impianto di condizionamento d’aria non ha comportato spoglio o molestia in danno degli altri compossessori, siccome inidonea sia a determinare alterazione della destinazione della comune terrazza sia ad impedire agli altri compossessori di farne parimenti uso.
Deduce segnatamente che la possibilità di utilizzo del lastrico solare è destinata a rimanere del tutto impregiudicata per l’esiguo numero di condomini che tuttora, di rado, se ne serve quale lavatoio/stenditoio.
Deduce che d’altronde lo spazio occupato dall’unità esterna dell’impianto è davvero esiguo, che la colonna d’aria calda provocata dal funzionamento dell’unità non è foriera di alcuna turbativa ed agevola piuttosto l’asciugatura della biancheria stesa in prossimità, che il funzionamento dell’unità non è per nulla antigienico e per nulla ostacola l’utilizzo da parte degli altri condomini dei fili predisposti per stendere il bucato.
12. Previamente si dà atto che non vi è ragione che si disponga la riunione (prefigurata dal ricorrente alle pagg. 2 e 5 del ricorso) al presente procedimento del procedimento del pari pendente (si è addotto) dinanzi a questa Corte e scaturito dal ricorso possessorio che B.P. ebbe a proporre il 16.6.2004 dinanzi al Tribunale di Treviso (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5).
Vero è che l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 c.p.c., essendo volto a garantire l’economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, trova applicazione pur in sede di legittimità ed anche in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi (cfr. Cass. 31.10.2011, n. 22631; cfr. Cass. 4.4.1997, n. 2922).
E tuttavia la pronuncia in ordine al ricorso de quo agitur, esperito avverso la sentenza 136/2015 della Corte d’Appello di Venezia, risulta particolarmente agevole e lineare, cosicché eventuale provvedimento di riunione ritarderebbe ingiustificatamente la relativa decisione (si tenga conto che la valutazione dell’opportunità della trattazione congiunta delle cause connesse è rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale i procedimenti pendono: cfr. Cass. (ord.) 18.11.2014, n. 24496; Cass. 19.1.1979, n. 402).
13. Il primo motivo è privo di fondamento e va respinto.
14. Il profilo della percepibilità della lesione possessoria, che si è assunto rilevato ex officio, costituiva questione appieno titolo ricompresa nella materia controversa poi devoluta alla cognizione del giudice d’appello ed al contempo questione appieno involta dalla elaborazione giurisprudenziale rilevante al riguardo.
Con riferimento al primo aspetto è sufficiente rinviare agli stralci dell’atto di appello e della comparsa di costituzione in appello riprodotti pedissequamente nel controricorso (cfr. pagg. 8 – 10. In particolare, nell’atto d’appello di B.P. si leggeva testualmente: “(…), cosicché essi, sin da allora, erano in grado di percepire che tale episodio, con ragionevole certezza, avrebbe dato seguito ad una conseguente pluralità di atti intesa a portare a termine l’operazione (..).
Con riferimento al secondo aspetto è sufficiente il riferimento al consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui, ove si verifichi lesione di una situazione possessoria, senza che ad essa si sia reagito, e successivamente vengano posti in essere dallo stesso soggetto altri atti lesivi con analoghe modalità, il termine per proporre l’azione decorre dal primo atto, dovendo presumersi che il leso ne abbia percepito la portata e abbia determinato in base alla valutazione di esso il proprio comportamento; del tutto diversa è l’ipotesi in cui il successivo atto lesivo venga posto in essere con modalità tali da integrare un episodio autonomo rispetto al primo, ad esempio incidendo in maniera più grave sul godimento di fatto, così da poter indurre il soggetto leso ad una nuova e differente valutazione cui conformare il proprio comportamento, nel qual caso il termine utile per l’esercizio dell’azione possessoria decorre dalla data dell’ultimo episodio (cfr. Cass. 27.5.1987, n. 4730).
15. Non vi è motivo quindi ché il ricorrente si dolga perché la corte di merito non ha provveduto ad assegnare alle parti termine per il deposito di memorie, onde consentire la formulazione di osservazioni sul punto (cfr. Cass. (ord.) 27.11.2018, n. 30716, secondo cui nel sistema anteriore all’introduzione dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (a norma del quale il giudice, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve assegnare alle parti, “a pena di nullità”, un termine “per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”), operata con la L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13, il dovere costituzionale di evitare sentenze cosiddette “a sorpresa” o della “terza via”, poiché adottate in violazione del principio della “parità delle armi”, aveva fondamento normativo nell’art. 183 c.p.c., che al comma 3 (oggi comma 4) faceva carico al giudice di indicare alle parti “le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”, con riferimento, peraltro, alle sole questioni di puro fatto o miste e con esclusione, quindi, di quelle di puro diritto).
16. Il secondo motivo del pari è privo di fondamento e va respinto.
17. Questa Corte spiega da tempo – lo si è già anticipato – che, nel caso di spoglio o di turbativa posti in essere con più atti, il termine di un anno per l’esperimento delle azioni possessorie decorre, secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice del merito, dal primo atto quando quelli successivi risultino oggettivamente legati al primo, in dipendenza dei caratteri intrinseci e specifici degli atti stessi, in guisa da profilarsi come progressiva estrinsecazione di un medesimo disegno dello stesso “iter” esecutivo e come manifestazione di una stessa ed unica situazione lesiva dell’altrui possesso (cfr. Cass. 24.4.1992, n. 4939).
Evidentemente, in tal guisa ed al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’apprezzamento del giudice del merito è censurabile propriamente “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”.
18. Nei termini teste’ enunciati è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire rilevanza alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – tra le quali di certo non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha, in parte qua, ancorato il suo dictum.
Invero, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte territoriale ha – così come si è premesso – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
Ulteriormente la Corte di Venezia ha puntualizzato che la pura e semplice antecedente realizzazione del foro era tale da non lasciar intendere ove B.P. avrebbe collocato l’unità esterna dell’impianto (cfr. sentenza d’appello, pag. 9).
19. E’ innegabile, d’altra parte, che il ricorrente censura l’asserita distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“un’attenta lettura dei fatti di causa e delle risultanze testimoniali avrebbe dunque dovuto condurre il Giudice di prime cure ad una ricostruzione del tutto antitetica (…)”: così ricorso, pagg. 12 – 13; “il condominio fu pertanto informato dell’intenzione del comparente di installare il climatizzatore”: così memoria, pag. 5; “neppure detta circostanza (il primo accesso) è stata adeguatamente vagliata dal collegio avversato (…). Ma soccorre anche la stessa testimonianza del P. del 2 maggio 2007 (…)”: così memoria, pag. 6; “in definitiva la sentenza erra perché attribuisce solo alla installazione dell’unità esterna la percezione della lesione noncurando la presenza dell’unità esterna quasi fosse un’insignificante circostanza”: così memoria, pag. 8).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).
20. Nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).
21. Il terzo motivo parimenti è privo di fondamento e va respinto.
22. Ovviamente, nel condominio degli edifici il godimento delle cose comuni da parte dei singoli condomini assurge ad oggetto di tutela possessoria quando uno di essi abbia causato agli altri partecipanti alla comunione la privazione o la turbativa del loro compossesso, e non anche quando il medesimo condomino, nell’esercizio delle facoltà ricomprese nel proprio diritto di comproprietà, abbia immutato lo stato della cosa comune ma senza privare o turbare il compossesso degli altri condomini (cfr. Cass. 24.1.1985, n. 312).
23. In siffatti termini questa Corte spiega analogamente da tempo che l’apprezzamento del giudice del merito sulla sussistenza delle condizioni soggettive ed oggettive dello spoglio (e, si soggiunge, della molestia), comportando la valutazione delle risultanze processuali, è insindacabile in sede di legittimità, ove sia sorretto da una motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 12.6.1981, n. 3816; Cass. 11.1.1989, n. 81).
24. Ebbene, similmente nel solco del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed alla luce della statuizione n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, nessuna forma di “anomalia motivazionale” inficia pur in parte qua il dictum della Corte d’Appello di Venezia.
Ulteriormente la corte di merito ha puntualizzato che “gli assunti del B. secondo cui solo alcuni condomini (gli appellati) utilizzano il lastrico solare per lavare e stendere i panni e che la frequenza di utilizzo sarebbe modesta, sono circostanze indimostrate, mentre le testimonianze assunte confortano le tesi opposte” (così sentenza d’appello, pag. 11).
25. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità; la liquidazione segue come da dispositivo.
26. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, B.P., a rimborsare ai controricorrenti, Ba.Ti., G.M. e T.A., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2021
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