Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.36473 del 24/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6435-2020 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LA SPINA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SERVIZI SPOLETO – ASK SPOLETO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA, 1/B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA GIOVANEILI, rappresentata e difesa dagli avvocati DANTE DURANTI, LUCIANO BROZZETTI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 22488/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 09/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GUGLIELNIO CINQUE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata l’1.9.2016 la Corte di appello di Perugia ha confermato la pronuncia del Tribunale di Spoleto che aveva a sua volta rigettato la domanda proposta da R.S. nei confronti della Azienda Servizi Spoleto – ASE Spoleto spa, volta ad ottenere la condanna della società a reintegrarlo nelle mansioni di caposquadra e a risarcirgli il danno derivatogli dal demansionamento denunciato e dal mobbing subito.

2. Questa Suprema Corte, con la ordinanza n. 22488/2019, ha rigettato il ricorso per cassazione, articolato su tre motivi, presentato dal lavoratore.

3. Per la revocazione di tale provvedimento ha proposto ricorso R.S..

4. Ha resistito con controricorso la Azienda Servizi Spoleto – A.SE. Spoleto srl (già spa).

5. La trattazione della causa, a seguito della proposta del relatore, è stata fissata all’odierna udienza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve darsi atto della regolarità (cfr. Cass. n. 2460/2021; Cass. n. 23620/2018) degli avvisi di comunicazione, relativi alla proposta del relatore e alla fissazione di adunanza in camera di consiglio per l’odierna udienza, eseguiti dalla Cancelleria presso il domicilio digitale di ciascun avvocato, corrispondente all’indirizzo pec, risultante dal Re.G.Ind.E, e non accettati (motivazione: “tipo di allegato non consentito”) per cause non imputabili all’Ufficio, come sì evince dagli esiti dell’invio telematico delle comunicazioni allegati in atti, di talché non era ravvisabile alcun obbligo, per la Cancelleria, di rinnovo degli stessi (Cass. n. 4920/2021).

2. Venendo al merito, a fondamento del ricorso per revocazione, per errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, il ricorrente deduce che la ordinanza impugnata, erroneamente, aveva dichiarato l’inammissibilità del primo motivo per cassazione sull’assunto che la censura di nullità della sentenza in relazione alla mancata lettura del dispositivo, sebbene in sostanza riguardasse la violazione dell’art. 429 c.p.c., non era sufficientemente specifica poiché non riproduceva, come sarebbe stato necessario, il contenuto del verbale dell’udienza di decisione della causa in primo grado, non essendo la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. atto distinto dal verbale che la conteneva.

3. Sostiene, infatti, il R. che la Corte di Cassazione – anziché pronunciare sui fatti processuali specificati nel motivo (erroneità della sentenza della Corte di appello; omessa lettura del dispositivo da parte del Tribunale di Spoleto; non necessità di ulteriore allegazione rispetto a quella dell’omessa lettura del dispositivo e dell’intera sentenza se contestualmente redatta; omesso esame dei fatti comprovanti la nullità dedotta costituiti: dal fascicolo di ufficio dell’intero giudizio di primo grado, dal fatto che la sentenza era stata inviata via pec dalla cancelleria allo studio del procuratore del ricorrente e dal fatto che il dispositivo era stato inserito nel fascicolo telematico dei depositi)- aveva invece statuito su ipotesi di fatti diversi da quelli ivi dedotti: in particolare, dando atto che: a) la censura di nullità non sarebbe stata sufficientemente specificata; b) si sarebbe trattato di un giudizio ex art. 281 sexies c.p.c.; c) la produzione del verbale sarebbe stata necessaria per verificare se vi fosse stata lettura del dispositivo e della contestuale motivazione in udienza quando invece era stato prodotto l’intero fascicolo di ufficio in copia conforme dal quale era possibile riscontrare tutti gli elementi necessari ai fini della decisione. Con riguardo alla fase rescissoria, il ricorrente si riporta alle conclusioni già formulate nel primo motivo del ricorso per cassazione.

4. Orbene, va rimarcato che questa Corte ha ripetutamente affermato che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato e, pertanto, consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; l’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi di errore di giudizio; esso presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico o siano frutto di un qualsiasi apprezzamento delle risultanze processuali, ossia di una viziata valutazione delle prove o delle allegazioni delle parti, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. Cass. 3.4.2017 n. 8615 e i precedenti richiamati, Cass. 10184/2018, Cass. n. 31032/2019).

5. Inoltre, va osservato che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, configurabile come detto solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo, non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perché in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso (Cass. n. 3760/2018).

6. In applicazione delle premesse in diritto sopra individuate, il ricorso è inammissibile in quanto l’errore in tesi imputato alla sentenza della quale è chiesta la revocazione non è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391 bis c.p.c..

7. Invero, non sussiste l’errore revocatorio in quanto con il provvedimento impugnato la Corte di legittimità ha testualmente affermato: “la censura non è sufficientemente specifica poiché non riproduce, come sarebbe stato necessario il contenuto del verbale dell’udienza di decisione della causa di primo grado”.

8. La circostanza corrisponde al vero perché, nella stessa trascrizione del ricorrente, si evince che non è stato riportato il contenuto preciso ed integrale del verbale dell’udienza di decisione della causa di primo grado che la Suprema Corte ha ritenuto necessario per valutare correttamente il motivo di impugnazione.

9. La carenza rilevata dalla Corte di legittimità ha riguardato, pertanto, la mancata specificità del motivo per non essere stato riportato il testo del verbale di udienza, considerato necessario per un esatto scrutinio della doglianza. E tale assunto è stato posto dal Collegio, logicamente e diacronicamente, in un momento antecedente a quello della pronuncia sui fatti allegati a fondamento della censura.

10. Ne consegue che, sotto tale aspetto, non è ravvisabile alcun errore percettivo della Corte di Cassazione né una pronuncia su ipotesi di fatti diversi da quelli dedotti nel motivo, ma unicamente una valutazione di diritto in ordine alla inammissibilità della formulazione del motivo ex art. 366 c.p.c..

11. In conclusione, quindi, la presente domanda di revocazione deve essere dichiarata inammissibile, restando assorbito ogni altro profilo riguardante la fase rescissoria.

12. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, analogamente come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2021

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