Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.36628 del 25/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13176/2020 proposto da:

C.M.L., residente a *****;

– ricorrente –

contro

C.P., rappresentata e difesa dagli Avvocati SPIAZZI GIANFRANCO, e CLAUDIA DEL POZZO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Lorenzo Falchetti, in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2020, della CORTE di APPELLO di VENEZIA pubblicata il 28.01.2020; nonché le due precedenti sentenze del Tribunale di Verona, non definitiva n. 824/2017, depositata in data 4.4.2017; e definitiva n. 1344/2018, depositata in data 6.6.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTO E DIRITTO

C.P. conveniva in giudizio la sorella C.M.L. davanti al Tribunale di Verona per ottenere la divisione ereditaria dei beni appartenuti alla defunta madre L.L., deceduta senza lasciare testamento in data *****, nonché la condanna della convenuta al versamento di un indennizzo per il godimento esclusivo dell’immobile sito nel Comune di *****.

La convenuta, rimasta inizialmente contumace, si costituiva tardivamente all’udienza dell’11.6.2013 tramite l’avv. Tiziana Bertazzi chiedendo la sospensione del processo e la dilazione della divisione, nonché proponendo domande riconvenzionali ed eccezioni non rilevabili d’ufficio, successivamente dichiarate inammissibili con sentenza non definitiva n. 824/2017, depositata in data 4.4.2017.

In data 12.7.2013, la convenuta revocava il mandato al difensore con atto depositato personalmente presso la Cancelleria del Tribunale di Verona, senza nominare altro.

Con sentenza definitiva n. 1344/2018, depositata in data 6.6.2018, il Tribunale di Verona disponeva lo scioglimento delle comunione ereditaria, assegnando le quote immobiliari ed i conguagli, nonché le spese.

Avverso dette sentenze proponeva appello C.M.L. senza assistenza di difensore. Resisteva al gravame C.P. eccependone l’improcedibilità l’inammissibilità, in quanto proposto senza il patrocinio di un avvocato e comunque chiedendone il rigetto nel merito in quanto infondato.

Con sentenza n. 260/2020, depositata in data 28.1.2020, la Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibile il gravame proposto avverso entrambe le sentenze, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado d’appello. In particolare, la Corte territoriale rilevava che secondo la Corte Costituzionale rientra nella discrezionalità del legislatore la disciplina in concreto del diritto di difesa; l’art. 24 Cost., stabilisce, infatti, l’inviolabilità del diritto di difesa in giudizio, ma non impedisce al legislatore, di disciplinarne l’esercizio secondo valutazioni discrezionali, sindacabili solo se viziate da irrazionalità (Corte Cost. n. 188/1980 ordinanza n. 48/1988). La Corte di Cassazione ha più volte ribadito necessità della difesa tecnica, in assenza di esplicita norma derogatoria, anche nei confronti di persone in possesso della necessaria preparazione giuridica, ma prive della qualifica di avvocato iscritto all’albo professionale (Cass., sez. un., n. 29919/2017).

Avverso la sentenza n. 260/2020, depositata in data 28.1.2020 della Corte di appello di Venezia, nonché avverso le due sentenze del Tribunale di Verona, C.M.L. propone ricorso per cassazione sulla base dei seguenti motivi, illustrati da memorie. Resiste C.P. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – La signora C.M.L. lamenta la “Violazione degli artt. 13-24 Cost.; artt. 75-99 c.p.c.; art. 6 Trattato U.E. e art. 47 Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E.”. (a) La ricorrente osserva che l’art. 24 Cost., prevede il diritto di difesa, che configura una facoltà riservata al soggetto che la può esercitare come meglio crede. (b) Chiede altresì riformare la sentenza non definitiva del Tribunale di Verona (n. 824/2017) nella parte in cui afferma che la domanda di divisione sarebbe stata esaminata solo con riguardo agli immobili risultando estinti i conti correnti, mentre in base alle argomentazioni della ricorrente la controparte avrebbe dovuto restituire Euro 38.181,42, prelevati illegittimamente dalla sorella P. dal conto corrente cointestato con la madre defunta. (c) La parte censura arche la sentenza definitiva del Tribunale di Verona (n. 1344/2018) per violazione dell’art. 42 Cost., artt. 834,1112 c.c. e art. 17 Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E. relativamente all’assegnazione degli immobili, in quanto secondo la ricorrente l’assegnazione di 4/6 della casa di ***** alla sorella P. e il 100% della casa di ***** alla medesima con l’onere per lei insostenibile di pagare Euro 30.000,00 a titolo di conguaglio, la danneggerebbe gravemente in quanto verrebbe leso il suo diritto di proprietà ai sensi dell’art. 42 Cost.. (d) Inoltre, la ricorrente evidenzia che occupa la casa di ***** dal ***** con un contratto di comodato d’uso gratuito ricevuto dalla mamma, titolo prodotto, a detta dell’esponente, in maniera valida il 28.2.2016, ma considerato tardivo dal Tribunale. (e) Riguardo alle spese per la successione ne contesta l’importo, sia in quanto la medesima, occupando l’immobile di ***** come prima casa, avrebbe potuto estendere l’agevolazione anche agli altri per quell’immobile; sia in quanto a sorella P., di sua iniziativa, si era rivolta a un notaio per la presentazione della dichiarazione di successione che aveva richiesto la somma di Euro 2.000,00.

1.2. – La parte controricorrente, C.P., deduce la inammissibilità del ricorso per violazione: 1) dell’art. 365 c.p.c., in quanto non sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo speciale degli avvocati abilitati alla difesa avanti alla Suprema Corte; b) dell’art. 330 c.p.c., essendo stato il ricorso notificato presso lo studio dell’avv. Gianfranco Spiazzi in *****, mentre nel giudizio di appello C.P. ha eletto domicilio presso lo studio dell’avv. Franco Zambelli di *****, ove il ricorso avrebbe dovuto essere notificato; c) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, potendo essere proposto solo avverso le sentenze rese in grado di appello o in unico grado.

Infine, in merito all’asserito vizio di violazione di legge attribuito alla sentenza della Corte d’appello i Venezia, la controricorrente deduce che il ricorso in appello proposto dalla parte personalmente è addirittura inesistente.

2. – Il ricorso è inammissibile, sotto diversi profili.

2.1. – In piena coerenza con la giurisprudenza di legittimità, la Corte distrettuale ha dato risposta (specifica ed articolata) all’assunto della ricorrente in ordine alla affermata violazione di legge rispetto alle norme costituzionali, processuali e comunitarie. In tal modo, le evocate norme del processo civile dispongono che le parti debbano stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente (art. 82 c.p.c., comma 3): ovvero che la persona che abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore, possa stare senza il ministero di altro difensore (art. 86 c.p.c.). Allo stesso modo, le medesime norme si sottraggono alle censure di illegittimità costituzionale, in quanto il parametro di costituzionalità di cui all’art. 24 Cost., nel prevedere la inviolabilità del diritto di difesa, fissa l’onere della difesa tecnica che non ne preclude affatto la compatibilità (cfr. Corte Cost. n. 46 del 1957; Corte cost. n. 39 del 1961; Corte Cost. n. 47 del 1971; Corte Cost. n. 125 del 1979; Corte Cost., n. 421 e n. 188 del 1997; Corte Cost. n. 182 del 2011; Corte Cost. n. 381 del 2002; Corte Cost. n. 317 del 2009).

2.2. – Da un lato, dunque, la difesa tecnica garantisce il principio del contraddittorio nella partecipazione nel processo, dall’altro lato, la disciplina in concreto del diritto di difesa rientra nella discrezionalità del legislatore, che non ne impedisce l’esercizio secondo valutazioni discrezionali, sindacabili solo se viziate da manifesta irrazionalità.

Sicché, nuovamente evidenziato che l’importanza della assistenza tecnica del difensore si desume da una corretta prospettazione delle ragioni e richieste delle parti necessaria nella generalità dei procedimenti giurisdizionali, la tutela dei diritti e l’inviolabilità della difesa risultano sanciti nell’ordinamento comunitario dalla Carta dei diritti fondamentali (approvati dal Consiglio UE a Nizza, art. 47) e dal Trattato dell’Unione Europea (art. 6): laddove, tuttavia, nessuna norma sopranazionale preclude agli stati membri la previsione di obbligatorietà della difesa tecnica.

2.3. – D’appresso, le decisioni sottese al principio di inviolabilità della difesa tecnica; si inizia con il provvedimento del Consiglio dell’ordine territoriale di rigetto della istanza di iscrizione all’albo speciale degli avvocati poiché (in mancanza di tale condizione) il ricorso rimane privo dello ius postulandi indispensabile per stare in giudizio (Cass., sez., un. n. 20697 del 2013); nello stesso senso, il patrocinio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense è consentito, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 60, comma 4, soltanto all’avvocato iscritto nell’albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 33, munito di mandato speciale, sicché è inammissibile il ricorso proposto personalmente dall’avvocato radiato, privo dell’indispensabile requisito dello ius postulandi, avverso la Delibera del Consiglio dell’Ordine di rigetto della sua istanza di reiscrizione all’albo (Cass., sez. un., n. 10414 del 2017).

Ancora, nello stesso senso, è stato ribadito che il principio secondo il quale la difesa personale della parte postula che abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito trova applicazione pure con riguardo al ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio superiore della magistratura in materia disciplinare, con la conseguenza che la memoria sottoscritta personalmente da magistrato ricorrente e notificata come allegato unitamente ricorso non può trovare ingresso nel giudizio di ledittimità (Cass., n. 13532 del 2006).

Così ancora, si è espressa la giurisprudenza contabile e amministrativa. La prima secondo cui il magistrato della Corte dei Conti che abbia proposto ricorso alle sezioni riunite per la tutela dei propri diritti e interessi non può svolgere la funzione di difensore e legale rappresentante di se steso; infatti il caso specifico non trova riscontro nella previsione dell’art. 86 c.p.c., concernente la facoltà di stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, mancando al magistrato ricorrente la qualità necessaria per esercitare il detto ufficio, e cioè l’iscrizione – che è vietata per i dipendenti dello stato e quindi anche per i magistrati – nell’albo degli Avvocati patrocinanti in cassazione (Corte conti, 22.06.1983 n. 196). Analogamente quella amministrativa, che ha affermato l’obbligo di difesa tecnica anche per il laureato in giurisprudenza, evidenziando che l’obbligo di difesa tecnica costituisce “un rafforzamento della capacità di chi si rivolge alla giustizia, posto che ammettere cittadino ogni alla personale difesa nei tribunali costituirebbe una menomazione della tutela, e non già una sua (Ndr: testo originale non comprensibile)” (Tar Genova-Liguria, sez. I, n. 5049 del 2016).

2.4. – Infine, nel processo tributario, è stato affermato il principio di diritto secondo cui “l’ordine impartito dal giudice a contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica – nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo – ancorché astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterata, con conseguente inammissibilità dell’appello per la mancanza di ius postulandi. L’impugnazione è parimenti inammissibile se la parte, sfornita in grado di appello della necessaria assistenza tecnica, sia stata comunque resa edotta dall’eccezione di controparte, nel giudizio davanti alla Commissione Tributaria provinciale, della necessità dell’assistenza tecnica necessaria non dovendo tale invito essere reiterato dalla commissione tributaria regionale” (Cass., sez. un., n. 29919 del 2017; cfr. Cass. n. 15029 del 2009).

3. – Ciò premesso, la Corte distrettuale ha, dunque, correttamente affermato che il ricorso in appello proposto dalla parte personalmente è inesistente e come tale non sanabile (né sanato) con il successivo deposito di procura conferita al difensore; e che la sanatoria prevista dall’art. 132 c.p.c., comma 2 (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2) presupponendo che l’atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto da un difensore, si applica nelle ipotesi di nullità, ma non di originaria inesistenza della procura (Cass. n. 24257 del 2018; Cass. n. 5985 del 2021).

Per tali ragioni, l’appello è inammissibile e non può essere esaminato nel merito.

4. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.300,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2021

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