LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al NRG 25668-2017 proposto da:
A.S., G.A., e N.C., rappresentati e difesi dall’Avvocato Giovanni Raudino;
– ricorrenti –
contro
PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1359/2016 pubblicata il 22 settembre 2016;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2020 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti.
FATTI DI CAUSA
1. – Con ricorso depositato il 29 dicembre 2009 e notificato il 14 gennaio 2010, A.S., G.A. e N.C. hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, depositata il 20 gennaio 2009, con cui è stata rigettata l’opposizione alle ordinanze ingiunzione emesse nei loro confronti dalla Provincia Regionale di Siracusa.
Con tali ordinanze – nn. 21, 22 e 23 del 2007 – era stato ingiunto a ciascuno dei ricorrenti di pagare l’importo di Euro 629,33, perchè trovati con fucile da caccia cal. 12 in atteggiamento da caccia in zona B del territorio della riserva naturale di *****.
2. – La Corte d’appello di Catania, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 22 settembre 2016, ha dichiarato inammissibile l’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c.
2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che gli appellanti si sono limitati a riprodurre i motivi di opposizione formulati in primo grado senza prendere in alcuna considerazione la motivazione posta dal Tribunale a base della decisione impugnata.
La Corte di Catania ha richiamato il principio secondo cui la specificità dei motivi di appello esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, sicchè alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
La Corte distrettuale ha ritenuto inoltre non sufficiente che dalle censure sia consentito individuare genericamente le statuizioni concretamente impugnate.
Secondo la Corte di Catania, nel caso di specie l’atto di appello non contrappone alle argomentazioni svolte nella sentenza del Tribunale quelle degli appellanti in modo da incrinare il relativo fondamento logico-giuridico.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello A.S., G.A. e N.C. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 20 ottobre 2017, sulla base di sette motivi.
La Provincia Regionale di Siracusa è rimasta intimata.
4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 342 c.p.c., sostenendo che l’appello doveva essere ritenuto ammissibile perchè gli appellanti, con l’atto di gravame, hanno formulato sei motivi di impugnazione, con i quali hanno specificamente censurato la sentenza impugnata. I ricorrenti riproducono i motivi di appello e rilevano che, nel caso in esame, la Corte territoriale non avrebbe dovuto sottrarsi alla sollecitata disamina della correttezza logico-giuridica e congruità della motivazione della sentenza del Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, ed avrebbe dovuto dichiarare l’appello ammissibile perchè con esso i ricorrenti hanno denunciato l’ingiustizia del provvedimento di primo grado e hanno chiesto al giudice del gravame la rinnovazione del giudizio di fatto, indicando, nei sei motivi di gravame, la rilevanza degli errori di diritto.
2. – Il motivo è fondato.
3. – Secondo la disciplina dettata dagli artt. 342 e 434 c.p.c. – nel testo applicabile ratione temporis (il gravame è stato interposto nella specie con atto depositato il 29 dicembre 2009 e notificato il 14 gennaio 2010), anteriormente alle modifiche ad essi apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134 – l’atto di appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione”.
4. – Interpretando tali disposizioni, la giurisprudenza (Cass., Sez. II, 30 luglio 2001, n. 10401; Cass., Sez. III, 31 maggio 2006, n. 12984; Cass., Sez. III, 18 aprile 2007, n. 9244) ha più volte chiarito che nel giudizio di appello – che non è un novum iudicium – la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Se ne è tratta la conseguenza che, nell’atto di appello, ossia nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame, consuma il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
In particolare, ai fini della specificità dei motivi, l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’appello, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28057).
E’ peraltro indubbio che, non potendo essere stabilito in termini generali ed assoluti, il grado di specificità dei motivi va valutato in correlazione con il tenore della motivazione della sentenza impugnata, e deve considerarsi integrato quando alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengono contrapposte quelle dell’appellante in modo da incrinarne il relativo fondamento logico-giuridico, come nell’ipotesi in cui, pur non procedendo all’esplicito esame dei passaggi argomentativi della sentenza, l’appellante svolga i motivi di impugnazione in termini incompatibili con il complessivo iter logico-giuridico della decisione impugnata. La specificità dei motivi di appello deve essere allora valutata in base all’imprescindibile raffronto tra le ragioni della doglianza, esposte nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, e quelle che nella sentenza sorreggono il punto oggetto dell’impugnazione (Cass., Sez. III, 25 settembre 2012, n. 16262).
In conclusione, l’indicazione dei motivi di appello richiesta dagli artt. 342 e 424 c.p.c., nel testo allora vigente, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi un’esposizione chiara e univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle ragioni della doglianza, all’interno della quale i motivi di gravame, per risultare idonei a contrastare la motivazione della sentenza impugnata, devono essere più o meno articolati, a seconda della maggiore o minore specificità nel caso concreto della medesima.
5. – Nel caso in esame, ponendo debitamente in correlazione la sentenza di primo grado con i motivi di impugnazione, emerge come il ricorso in appello dell’ A. e degli altri litisconsorti soddisfi il requisito di specificità.
5.1. – Invero, la sentenza del Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Avola, è così motivata:
“quanto alla legittimazione dell’opposta a emettere l’ordinanza, essa è statuita dalla L. n. 689 del 1981, artt. 17 e 18 a seguito della trasmissione alla Provincia dei rapporti redatti dal Corpo forestale competente”;
“quanto al mancato rispetto della L. n. 241 del 1990 parimenti dedotto dal ricorrente, deve dirsi che le medesime guarentigie sono previste per il procedimento sanzionatorio (che è una species di quello amministrativo) dalla L. n. 689 del 1981, artt. 18 e ss. nella specie del tutto osservata dall’amministrazione ingiungente”;
quanto al merito, è ineccepibile l’osservazione dell’opposta che al di là di una tabellazione della zona oggetto di infrazione – deduce che è fatto notorio che la stessa costituisca zona protetta e preclusa all’attività venatoria, specie per chi si appalesa esperto del territorio abitandovi o comunque svolgendovi, come nella specie, attività di caccia”.
5.2. – Nell’atto di gravame, gli appellanti, da pag. 8 a pag. 12, hanno prospettato le ragioni, a loro avviso, della erroneità della sentenza:
deducendo perchè le ordinanze ingiunzione sarebbero state emesse da soggetti privi di potere e legittimazione;
lamentando il mancato rispetto dell’apertura del procedimento ai sensi della L. n. 241 del 1990;
ribadendo la insussistenza della violazione, sul rilievo di essere stati sottoposti a controllo mentre non si trovavano, non essendovi neppure mai stati in precedenza, in atteggiamento venatorio, e senza essere nè nella riserva naturale nè in una zona tabellata, e lamentando, in via subordinata, la mancata ammissione di prove al riguardo.
6. – Orbene, da tale raffronto si evince con tutta evidenza l’idoneità delle censure e dell’argomentare degli appellanti a delineare e a far comprendere il tema di contrapposizione e doglianza avverso la decisione di prime cure e la motivazione addotta a relativo sostegno.
E tanto basta a ritenere integrato il requisito di specificità dell’atto di appello, quale, ovviamente, che sia la fondatezza delle critiche mosse alla decisione del Tribunale, ciò che spetta alla Corte d’appello valutare.
La Corte catanese, pertanto, non avrebbe dovuto sottrarsi alla sollecitata disamina dei motivi di impugnazione.
7. – Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, resta assorbito l’esame dei restanti motivi – dal secondo al settimo – con cui i ricorrenti indicano, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge o sotto quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le ragioni che avrebbero dovuto condurre la Corte di Catania, esaminando il fondo del gravame, a riformare la sentenza di primo grado.
8. – La sentenza impugnata è cassata.
La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Catania, che la deciderà in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 17 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021
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