LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19036/2015 proposto da:
Fallimento ***** S.n.c., nonché personale dei soci D.S. e P.G., in persona del curatore Dott.ssa G.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Luigi Luciani n. 1, presso lo studio dell’avvocato Manca Bitti Daniele, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Santi Stefano, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** s.p.a. in Liquidazione, in persona del curatore Dott. M.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Costantino Morin n. 45, presso lo studio dell’avvocato Fortinelli Deborath, rappresentato e difeso dall’avvocato Guaraldi Bruno, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 7007/2015 del TRIBUNALE di FERRARA, del 15/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/07/2021 dal cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.
FATTI DI CAUSA
1. – Il fallimento di ***** s.n.c., D.S. e P.G. ha chiesto di essere ammesso al passivo del fallimento ***** per la somma complessiva di Euro 793.450,00: il titolo della domanda di insinuazione era costituito dalla retribuzione maturata per la prestazione di lavoro da parte di P. alle dipendenze della *****, quale direttore generale della medesima, oltre che dalle provvigioni dovute al medesimo per l’attività di mediazione nella compravendita di giocatori.
Il giudice delegato ha respinto la domanda di insinuazione ritenendo che la documentazione posta a sostegno di essa fosse mancante di data certa.
2. – L’opposizione allo stato passivo proposta dal fallimento della società D. e dei soci della stessa è stata respinta dal Tribunale di Ferrara con decreto del 15 luglio 2015. Il Tribunale ha rilevato: che i documenti prodotti in copia dall’opponente erano privi di data certa e quindi non opponibili alla procedura concorsuale; che nessuna prova era stata fornita quanto all’effettuazione, al contenuto, alla misura e alla natura delle prestazioni; che nel ricorso in opposizione era stato dedotto che P. non percepiva stipendio dal ***** e che tale circostanza – rappresentativa del fatto che in precedenza la retribuzione fosse stata evidentemente riscossa – era stata riferita anche dal curatore del fallimento nell’istanza al giudice delegato di Brescia; che con riferimento specifico alla retribuzione maturata a far data dal ***** era stata prodotta la semplice copia, e non l’originale, di una scrittura contrattuale; che l’assunto della parte opponente, secondo cui la data certa del documento avrebbe dovuto ricavarsi dal fatto che lo stesso risultava essere allegato a un’istanza al giudice delegato di Brescia (presso cui pendeva il fallimento della società D. e dei suoi soci), non poteva essere condiviso; che, infatti, non si poteva essere certi che il documento prodotto fosse quello allegato all’istanza, e in essa richiamato; che la produzione della scrittura privata unitamente all’istanza era stata effettuata solo all’udienza di comparizione, e quindi tardivamente; che in ogni caso la produzione aveva avuto ad oggetto una copia; che l’eccezione di disconoscimento, diffusamente argomentata da parte dell’opposto fallimento *****, impediva di attribuire rilevanza probatoria allo scritto; che, in ogni caso, la ***** era stata posta in liquidazione nell’autunno 2012, circostanza, questa, affermata dal curatore in udienza e non contestata, onde non si vedeva quali prestazioni collegate alla qualifica di direttore generale avrebbe potuto svolgere P., specialmente per un compenso di Euro 10.000,00 mensili, visto che la società non esercitava più alcuna attività e doveva solo liquidare i propri crediti e debiti.
3. – Avverso il decreto del Tribunale ferrarese il fallimento di ***** s.n.c., D.S. e P.G. hanno proposto un ricorso per cassazione basato su tre motivi. Resiste con controricorso il fallimento *****. La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – I motivi di ricorso possono riassumersi come segue.
1.1. – Col primo motivo sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Viene ricordato che il fallimento della società D. e del socio P. era stato dichiarato dal Tribunale di Brescia il 23 aprile 2012; è osservato che il curatore del fallimento, subito dopo, aveva reperito tra la documentazione del socio fallito tre scritture private, del 2008 del 2010 e del 2011, che documentavano contratti sottoscritti tra P.G. e la *****. Viene lamentato che il Tribunale non abbia valorizzato l’anteriorità dei suddetti documenti rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento della *****, che aveva avuto luogo il 31 marzo 2014. Parte ricorrente rileva, poi, che il 3 maggio 2012 era stata inviata alla società *****, ancora in bonis, una comunicazione avente ad oggetto l’intervenuto fallimento personale di P., in cui era richiamato il contratto di lavoro subordinato in essere tra quest’ultimo e la società sportiva; rileva, ancora, che la suddetta comunicazione era stata riscontrata da *****: detta società nell’occasione “riconosceva il contratto di lavoro subordinato in essere tra la stessa ed il P. e dava atto che quest’ultimo risultava creditore per le mensilità di *****, oltre che per i ratei di ferie e mensilità aggiuntive spettanti ex lege”: è spiegato, infine, che il curatore del fallimento di P., constatata l’esistenza del contratto di lavoro e la pendenza di esso, aveva depositato avanti al giudice delegato della procedura concorsuale istanza ai sensi della L.Fall., art. 46. Il fallimento ricorrente contesta, poi, quanto affermato dal Tribunale con riguardo alla prova dell’identità tra il documento menzionato nell’istanza al giudice delegato e lo scritto prodotto in sede di opposizione: osserva che, a seguito delle difese svolte dalla curatela di *****, aveva prodotto, nel corso della prima udienza, l’originale dell’istanza L.Fall., ex art. 46 corredata dei relativi documenti, peraltro già depositati “unitamente all’istanza di ammissione al passivo e al successivo atto di opposizione”.
1.2. – Col secondo motivo è lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e, in particolare, con riferimento alla prova dell’attività svolta da P.. L’istante si duole che il Tribunale abbia mancato di considerare taluni documenti, rappresentativi del rapporto di lavoro intercorso tra P. e la *****; lamenta, inoltre, che il provvedimento impugnato non abbia preso in considerazione le istanze istruttorie dirette all’emissione di due ordini di esibizione, aventi rispettivamente ad oggetto il libro matricola della società e i contratti sottoscritti da P., e all’ammissione di “prove testimoniali al fine di provare determinate attività” svolte da quest’ultimo. Con riferimento alle retribuzioni maturate dal *****, la parte ricorrente contesta, poi, quanto accertato dal Tribunale con riguardo alla messa in liquidazione e alla dichiarazione del fallimento di *****, evidenziando come il decreto impugnato contenga imprecisioni, agevolmente rilevabili attraverso l’esame della visura camerale di detta società. Nega, infine, che dalla messa in liquidazione della società possa farsi discendere “la facoltà per la società stessa di omettere il pagamento dei suoi dipendenti”.
1.3. – Il terzo motivo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 2719 c.c.. Il fallimento ricorrente assume che il disconoscimento della conformità della copia all’originale operato da controparte risultava essere tardivo, posto che doveva essere fatto valere in sede di verifica dello stato passivo. Aggiunge che, in ogni caso, a fronte del detto disconoscimento esso fallimento avrebbe dovuto essere ammesso a provare, anche testimonialmente, quanto pattuito nei documenti oggetto di disconoscimento.
2. – Il ricorso è infondato.
Si fa questione di tre distinti contratti conclusi, rispettivamente, nel 2008, nel 2010 e nel 2011.
2.1. – Per quanto riguarda il contratto del 2011, la decisione si regge su due rationes decidendi: la mancanza di data certa della scrittura privata che documenta l’accordo e l’omessa produzione dell’originale a fronte dell’acquisizione, agli atti, di copia disconosciuta nella conformità al detto originale.
La seconda ratio è contrastata col terzo motivo: come si è visto, il ricorrente oppone, al riguardo, che il disconoscimento sarebbe tardivo.
La deduzione è però palesemente priva di fondamento. Essa si infrange contro il principio per cui nel giudizio di opposizione allo stato passivo il curatore può introdurre eccezioni nuove, ossia non formulate già in sede di verifica (Cass. 6 settembre 2019, n. 22386; Cass. 12 dicembre 2012, n. 22765, la quale rileva come la L.Fall., art. 99, comma 7, descrivendo il contenuto della memoria difensiva di costituzione della parte resistente, fa menzione, tra l’altro, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio, senza porre altre limitazioni).
Obietta il ricorrente che, ove pure il disconoscimento fosse stato tempestivo, il documento non sarebbe per ciò inutilizzabile. Il che è senz’altro vero: come è noto, infatti, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova (così, ad esempio, Cass. 8 giugno 2018, n. 14950). Sul punto, tuttavia, la doglianza del ricorrente si mostra del tutto priva di specificità, in quanto il fallimento istante deduce di non essere stato ammesso a provare “anche testimonialmente, quanto pattuito nei documenti oggetto di disconoscimento” (pag. 54 s. del ricorso), senza dar conto del contenuto specifico della propria richiesta; merita ricordare, al riguardo, che il ricorrente che, in sede di legittimità, denuncia la mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice di merito ha l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso, la Corte di cassazione dev’essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. Sez. U. 22 dicembre 2011, n. 28336).
In conclusione, la seconda ratio resiste alle deduzioni svolte da chi impugna. Va fatta applicazione, allora, del principio per cui qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (per tutte: Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 24 maggio 2006, n. 12372).
2.2. – Con riguardo ai contratti che si sarebbero perfezionati nel 2008 e nel 2010 rileva, invece, il solo accertamento del Tribunale circa l’assenza di data certa.
Il fallimento ricorrente assume, col primo motivo, che le scritture private che documenterebbero i contratti di lavoro intercorsi tra P. e ***** avrebbero sicura datazione: a tal fine valorizza la circostanza del loro reperimento da parte del curatore, che è pubblico ufficiale, tra i documenti del fallito all’indomani dell’apertura della procedura concorsuale.
L’art. 2704 c.c. non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autentica deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia perciò al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza del fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa (Cass. 17 novembre 2016, n. 23425; Cass. 8 ottobre 2008, n. 24793; Cass. 8 novembre 2006, n. 23793; cfr. pure Cass. 15 marzo 2018, n. 6462; Cass. 16 febbraio 2017, n. 4104).
Ciò detto, la censura svolta si risolve nella contestazione dell’accertamento di fatto espresso, al riguardo, dal Tribunale quanto all’inesistenza di fatti, diversi da quelli specificamente indicati nell’art. 2704 c.c., ma equipollenti a questi ultimi, idonei a stabilire in modo certo l’anteriorità della formazione del documento rispetto alla dichiarazione di fallimento. Non può, d’altro canto, nemmeno farsi questione dell’omesso esame di fatto decisivo, visto che il ricorso per cassazione non fa menzione di una spendita del potere certificativo del curatore atto a dar conto della precisa corrispondenza tra le scritture private acquisite agli atti e i documenti da lui rinvenuti in una certa data, anteriore a quella della dichiarazione di fallimento di ***** (società al cui passivo intenderebbe insinuarsi il fallimento D.).
La conclusione non è incisa da quanto argomentato dall’istante con riguardo alle successive attività consistenti nella comunicazione inviata a ***** il 3 maggio 2012 e alla successiva missiva con cui detta società avrebbe riconosciuto il contratto di lavoro subordinato in essere tra la stessa e P.. Il fallimento ricorrente non assume, infatti, che nella suddetta missiva fosse stato fatto riferimento ai nominati contratti: dal tenore del ricorso può semmai desumersi che nella circostanza fosse stata fatta menzione del terzo negozio, quello concluso nel 2011: viene infatti ricordato dall’istante che nella comunicazione del 3 maggio 2012 era stato richiamato “il contratto di lavoro subordinato in essere” (ricorso, pagg. 36 s.); ebbene, secondo l’ordine temporale, quello del 2011 era l’ultimo dei tre contratti che sarebbero intercorsi tra P. e *****.
Parimenti non concludente, ai fini che qui interessano, è quando dedotto in ricorso con riguardo alla richiesta formulata dal curatore del fallimento P. con PEC del 10 luglio 2013. Assume infatti il ricorrente che l’istanza sarebbe stata corredata del contratto di lavoro subordinato del 30 novembre 2011 (cfr. ricorso, pag. 42): non dei contratti conclusi antecedentemente, quindi.
2.3. – Per quel che concerne invece i documenti e le richieste istruttorie presi in considerazione col secondo motivo, essi sono evocati per confutare l’affermazione, contenuta nel decreto impugnato, circa la prova dell’attività lavorativa (cfr., infatti, pag. 44 del ricorso).
I rilievi svolti dall’istante sono dunque privi di decisività, in quanto l’accoglimento della domanda di insinuazione, che è fondata sul titolo contrattuale, trova insuperabile ostacolo nell’accertata inesistenza di un titolo siffatto che sia opponibile al fallimento *****.
3. – Al rigetto del ricorso segue la pronuncia, secondo soccombenza, in punto di spese.
PQM
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di Civile, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2021
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