Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.37569 del 30/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2051/2018 proposto da:

M.C., in proprio e quale liquidatore della *****

s.a.s. *****, in liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma, Via Barnaba Tortolini n. 30, presso l’Agenzia P. S.n.c., rappresentata e difesa dall’avvocato Cicerone Roberto, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., a seguito di incorporazione per fusione della Cassa di Risparmio in Bologna S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Largo di Torre Argentina n. 11, presso lo studio dell’avvocato Martella Dario, rappresentata e difesa dall’avvocato Fini Alessandra, giusta procura in calce all’atto di costituzione e costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente –

e contro

YODA SPV S.r.l., nella qualità di cessionaria del credito originariamente vantato da Intesa Sanpaolo S.p.a., per incorporazione della Cassa di Risparmio in Bologna S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Largo di Torre Argentina n. 11, presso lo studio dell’avvocato Martella Dario, rappresentata e difesa dall’avvocato Fini Alessandra, giusta procura in calce all’atto di costituzione e costituzione di nuovo difensore e nella memoria di costituzione;

– interveniente –

contro

Fallimento ***** s.a.s. *****, nonché del socio illimitatamente responsabile M.C., in persona del curatore Dott. V.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Chiarini Rebecca, giusta procura in calce all’istanza di fissazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2847/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/07/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

RITENUTO

che:

La Corte di appello di Bologna ha respinto il reclamo proposto da M.C., in proprio e quale liquidatore della società ***** SAS ***** in liquidazione, contro la sentenza dichiarativa del fallimento della società e del suo fallimento personale emessa il 21/9/2017 dal Tribunale di Ravenna, ad istanza di Cassa di Risparmio di Bologna SPA (CARISBO).

La corte del merito ha in primo luogo affermato che lo stato di insolvenza non poteva essere valutato in base al criterio della sufficienza dell’attivo patrimoniale a soddisfare le passività, elaborato dalla giurisprudenza per il caso in cui sia domandato il fallimento di una società in liquidazione, poiché la Delib. di messa in liquidazione di ***** s.a.s. era stata assunta solo dopo la notifica del ricorso L. Fall., ex art. 6 e del provvedimento di convocazione; ciò premesso, ha comunque esaminato e respinto anche nel merito i motivi di reclamo, tutti fondati sul presupposto che, essendo la s.a.s. in liquidazione, doveva invece trovare applicazione il predetto criterio.

La sentenza è stata impugnata da M.K., in proprio e nella qualità, con ricorso per cassazione affidato a tre mezzi, corredati da memoria.

Al ricorso ha replicato con controricorso la creditrice istante CARISBO, in cui luogo si è poi costituita Intesa Sanpaolo SPA, succedutale a titolo universale a seguito di fusione per incorporazione; in data 12/5/2021 si è pure costituita Yoda SPV SRL, cessionaria a titolo particolare del credito vantato da Intesa Sanpaolo, che ha depositato memoria e nota spese.

Il curatore del Fallimento non ha svolto difese, ma ha depositato, in data 19/4/2021, istanza di sollecita fissazione, autorizzata dal Giudice delegato e corredata da procura speciale.

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente va dichiarato inammissibile l’intervento di Yoda SPV SRL, successore a titolo particolare nel diritto controverso perché “Il successore a titolo particolare nel diritto controverso può tempestivamente impugnare per cassazione la sentenza di merito, ma non anche intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa, riguardante la disciplina di quell’autonoma fase processuale, che consenta al terzo la partecipazione a quel giudizio con facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che sono quelle che hanno partecipato al giudizio di merito” (Cass. n. 5987 del 04/03/2021; Cass. n. 5759 del 23/03/2016).

2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2426 c.c., nn. 1 e 2, concernente i criteri inderogabili di valutazione delle immobilizzazioni materiali.

La censura riguarda la statuizione con cui la Corte di appello, condividendo le critiche del creditore istante, ha affermato che l’immobile alberghiero era stato sovrastimato dal perito di parte, concludendo che il valore dell’albergo non trovava corrispondenza nella stima.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che così è individuato: la esposizione della ***** verso le banche per debiti propri e per garanzie prestate, indicata dalla Corte in Euro 4.400.000,00 include l’importo di Euro 1.725.853,18 riportato in bilancio alla voce “DEBITI V/BANCHE” – a parere delle ricorrente – già valutato ai fini della determinazione in Euro 2.904.258 del patrimonio netto positivo.

2.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. c) e art. 5.

La ricorrente si duole che la Corte di appello abbia tenuto conto, nella determinazione del passivo, dei crediti contestati e non abbia compiuto una valutazione incidentale e sommaria circa la sussistenza di tali crediti.

3.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.

3.2. La Corte di appello, nel respingere il reclamo, ha innanzi tutto ritenuto infondato il motivo di impugnazione volto a contestare l’assunto del giudice di primo grado secondo cui, poiché ***** s.a.s. si era posta in liquidazione solo dopo aver ricevuto la notifica dell’istanza di fallimento e del provvedimento di convocazione, non poteva farsi applicazione del consolidato indirizzo giurisprudenziale che afferma che, quando una società è in liquidazione, la valutazione del giudice ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza deve essere diretta unicamente ad accertare se il patrimonio sociale consenta di assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori.

E’ vero che, ciò premesso, la corte ha comunque esaminato gli ulteriori motivi di reclamo, tutti fondati sul presupposto dell’esistenza di un patrimonio netto positivo sufficiente al pagamento di tutti i creditori, ma ciò non toglie che la prima ragione di rigetto fosse autonoma e sufficiente, di per sé, a fondare la pronuncia.

3.3. I motivi del ricorso non investono tale ratio, ma si soffermano solo sulle altre statuizioni. La ricorrente, dando per scontato che possano applicarsi alla fattispecie i criteri dettati dalla giurisprudenza per l’accertamento dell’insolvenza di una società in liquidazione, sostiene infatti che la corte del merito avrebbe erroneamente escluso che il suo attivo patrimoniale fosse superiore alle passività (peraltro attraverso censure volte inammissibilmente ad ottenere un nuovo, integrale giudizio di fatto).

Trova, pertanto, applicazione il principio secondo il quale, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidensi per sopravvenuto difetto di interesse, perché le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. U. n. 7931 del 29/03/2013; Cass. n. 11493 del 11/05/2018; Cass. n. 13880 del 06/07/2020).

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore di Intesa Sanpaolo SPA nella misura indicata in dispositivo.

Nulla va liquidato in favore di Yoda SPV SRL, attesa l’inammissibilità dell’intervento, né in favore del Fallimento, in quanto l’atto depositato non integra controricorso.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile l’intervento di Yoda SPV SRL;

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore di Intesa Sanpaolo S.P.A. in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2021

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