LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
B.E., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa in calce all’atto introduttivo, dall’Avv.to Giuseppe Fausto Di Pede del Foro di Matera, che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Maria Bruna Chito, al viale Regina Margherita n. 290 in Roma;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 304, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata l’8.4.2013, e pubblicata il 13.5.2014;
ascoltata, in Camera di Consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Di Marzio Paolo;
la Corte osserva.
FATTI DI CAUSA
1. A seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza, e conclusa con Processo Verbale di Constatazione (PVC), regolarmente notificato all’odierno ricorrente B.E. il 15.6.2007, l’Agenzia delle Entrate iniziava i propri accertamenti. La GdF aveva rilevato la percezione da parte del contribuente, nell’anno 2004, di compensi per l’attività professionale di geometra, corrisposti da V.P. nella misura di Euro 23.000,00, che non erano stati dichiarati. Il contribuente faceva pervenire osservazioni (10.8.2007), in cui accettava i rilievi ai fini Iva, mentre li contestava ai fini Irpef (perché importo comunque incluso nelle rimanenze finali), ed Irap (perché privo di autonoma organizzazione).
L’Agenzia delle Entrate, preso atto delle osservazioni, reputava le stesse parzialmente fondate in quanto, effettivamente, tra le rimanenze finali dichiarate dal contribuente era individuato l’importo di Euro 15.118,00, che si riteneva riconducibile ai versamenti ricevuti da V.P.; in conseguenza la contestazione sul punto rimaneva ridotta ad Euro 7.882,00. L’Ufficio effettuava quindi un accesso “mirato” presso il contribuente, il 6.2.2008, dichiarando la finalità di voler raccogliere documentazione. L’Amministrazione finanziaria emetteva, poche settimane dopo, l’avviso di accertamento per cui è causa, n. 88801R200100/2008, notificato il 18.3.2008, relativo ad Iva, Irpef ed Irap, per l’anno 2004. Nell’atto impositivo, che prevedeva anche l’applicazione di sanzioni, era riportata pure la rettifica dei costi portati in deduzione in relazione a fattura emessa dalla Elettrosannio Snc.
2. Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva opposizione, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Matera, lamentando la nullità dell’atto impositivo in conseguenza dell’omesso rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per la notifica dell’avviso di accertamento, di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, a seguito dell’accesso effettuato dall’Agenzia delle Entrate presso il suo studio. Contestava, inoltre, che l’ammontare di quanto dovuto a titolo di IVA era stato erroneamente calcolato, essendo stata applicata dall’Amministrazione finanziaria l’aliquota prevista in base al regime ordinario, mentre avrebbe dovuto essere applicata l’aliquota agevolata, perché le prestazioni eseguite avevano avuto ad oggetto opere di manutenzione straordinaria. Il contribuente censurava anche la pretesa fiscale avanzata nei suoi confronti ai fini Irap, essendo egli privo di autonoma organizzazione dell’attività professionale. La CTP riteneva effettivamente integrata la violazione del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ed in conseguenza annullava l’avviso di accertamento.
3. La decisione assunta dalla CTP era impugnata dall’Amministrazione finanziaria, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata. La CTR riteneva che, essendo stato notificato al contribuente il PVC redatto dalla Guardia di Finanza, nove mesi prima dell’invio dell’avviso di accertamento, non risultasse violato il ricordato termine dilatorio. Non reputava, inoltre, di dover esaminare le ulteriori contestazioni proposte in primo grado dal contribuente, perché non riproposte in grado di impugnazione. Ribaltava pertanto la decisione dei primi giudici, ed affermava la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento in contestazione.
4. Avverso la decisione adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione B.E., affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, il ricorrente contesta la nullità della sentenza in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nella violazione del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, con decorrenza dall’accesso dell’Amministrazione finanziaria presso lo studio del contribuente, avvenuto il 6.2.2008.
2. Mediante il secondo strumento di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente critica la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per avere, l’impugnato giudice dell’appello, ritenuto che non sussistesse la violazione del termine dilatorio da parte dell’Amministrazione finanziaria, facendolo erroneamente decorrere dalla data di notifica del PVC, che avrebbe assicurato fondamento all’atto impositivo, e trascurando che erano intervenuti plurimi atti di verifica successivi, e senza che l’Ente impositore abbia neppure prospettato, nell’accertamento come in giudizio, la ricorrenza di ragioni d’urgenza.
3. Con il terzo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, il ricorrente contesta il vizio di motivazione della sentenza adottata dalla CTR, in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nel non aver esaminato le ulteriori contestazioni di merito proposte dal ricorrente, affermando erroneamente che le stesse non fossero state riproposte nel grado d’impugnazione.
4. Con i suoi primi due motivi di ricorso, il contribuente lamenta, in relazione ai profili della nullità della sentenza, della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’omessa pronuncia della CTR circa l’esatta questione sottoposta al suo esame, attinente alla decorrenza del termine dilatorio per la notificazione dell’avviso di accertamento, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. In sostanza, sostiene il ricorrente, il termine non doveva essere fatto decorrere dalla notifica del PVC da parte della Guardia di Finanza, bensì dall’ultimo accesso effettuato dall’Amministrazione finanziaria presso il contribuente, tanto più che l’avviso di accertamento è frutto (anche) di verifiche successive alla notifica del PVC.
La norma invocata detta: “7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Nel caso di specie, la verifica effettuata nei confronti del contribuente dalla Guardia di Finanza si è conclusa con la notifica del PVC il 15.6.2007. Quindi, a seguito di ulteriori confronti tra l’Ente impositore ed il contribuente, l’Amministrazione finanziaria ha proceduto, in data 6.2.2018, ad un accesso c.d. “breve” presso lo studio del professionista, (anche) per acquisire documentazione. Pochi giorni dopo il contribuente ha prodotto memoria ed ulteriore documentazione. Solo successivamente l’Ente impositore ha notificato l’avviso di accertamento per cui è causa, il 18.3.2008. Pertanto, se la decorrenza del termine dilatorio di sessanta giorni deve calcolarsi dalla notifica del PVC, la notificazione dell’avviso di accertamento risulta ampiamente tempestiva, mentre se il dies a quo è quello dell’accesso presso lo studio del professionista, il termine dilatorio non è stato rispettato.
A tanto può aggiungersi che, come anticipato, l’Amministrazione finanziaria ammette di aver rivisto l’ammontare della pretesa relativa ai pagamenti ricevuti da V.P., a seguito di istanza, completa di documentazione, presentata dal contribuente il 10.8.2007, pertanto dopo la notificazione del PVC (cfr. controric., p. 2). Inoltre, l’Agenzia delle Entrate riconosce pure che contestazioni ulteriori, rispetto a quelle già operate dalla Guardia di Finanza nel PVC, sono state proposte nell’avviso di accertamento, anche in conseguenza delle produzioni documentali operate dal contribuente dopo la notifica del PVC (cfr. controric., p. 2 e 10). Il Processo Verbale di Costatazione redatto dalla Guardia di Finanza, pertanto, non ha definito l’attività di accertamento, con eventuale completamento a tavolino mediante riscontri interni (cfr. Cass., sez. VI-V, 30.10.2018, n. 27732), ma ha semplicemente segnato un passaggio della procedura, che è successivamente proseguita attraverso il confronto con il contribuente, l’acquisizione di documenti, il ritenuto accertamento di ulteriori violazioni e l’accesso presso lo studio del professionista per acquisire ulteriori dati e documenti.
In proposito questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, ove siano eseguiti più accessi nei locali dell’impresa per reperire documentazione strumentale all’accertamento, il termine di sessanta giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, decorre dall’ultimo accesso, in quanto postula il completamento della verifica e la completezza degli elementi dalla stessa risultanti, essendo posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio, in modo da attribuire al contribuente un lasso di tempo sufficiente a garantirgli la piena partecipazione al procedimento e ad esprimere le proprie valutazioni, Cass. Sez. VI-V, 14.9.2016, n. 18110. Di recente si è poi ribadito che “il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo”, Cass. Sez. V, 23.1.2020, n. 1497 (cfr., anche Cass. Sez. VI-V, 25.5.2021, n. 14315).
In sintesi, può pertanto esprimersi il principio di diritto secondo cui “qualora il Processo Verbale di Costatazione redatto dalla Guardia di Finanza, pur regolarmente notificato al contribuente, non abbia definito l’attività di accertamento, con eventuale completamento a tavolino mediante riscontri interni, ma abbia semplicemente segnato un passaggio della procedura, che è successivamente proseguita attraverso il confronto con il contribuente, l’acquisizione di documenti, il ritenuto accertamento e contestazione di ulteriori violazioni, per concludersi mediante un accesso, pur breve, dell’Amministrazione finanziaria presso lo studio del professionista al fine di acquisire ulteriori dati e documenti, è proprio dalla data di tale ultimo accesso che deve farsi decorrere il termine dilatorio di sessanta giorni per la valida notificazione dell’avviso di accertamento, di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, previsto a pena di nullità”.
4.1. Completezza suggerisce quindi di ricordare pure che l’Amministrazione finanziaria non ha neanche allegato, nell’atto impositivo così come nel corso del giudizio, che sussistessero ragioni di particolare urgenza le quali giustificassero la notifica dell’avviso di accertamento prima del decorso del termine di sessanta giorni dall’ultimo accesso previsto dalla legge, sebbene competesse proprio all’Ente impositore provare il ricorrere della circostanza (cfr. Cass. SS.UU., 29.7.2013, n. 18184).
5. I primi due motivi di ricorso proposti da B.E. appaiono quindi fondati, e devono essere accolti. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte di legittimità può decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, cassando senza rinvio l’impugnata decisione della CTR della Basilicata, e dichiarando l’annullamento dell’avviso di accertamento.
5.1. In conseguenza il terzo motivo di ricorso rimane assorbito.
6. Le spese di lite dei gradi di merito, tenuto anche conto delle vicende del giudizio, appare equo che siano dichiarate interamente compensate tra le parti. Le spese del giudizio di legittimità seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, e non è pertanto dovuto il versamento del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte, accoglie i primi due motivi del ricorso proposto da B.E., assorbito il terzo, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’originario avviso di accertamento.
Compensa le spese di lite dei gradi di merito. Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, e le liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre 15% per le spese generali ed Euro 200,00 per esborsi, nonché accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2021