Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.38087 del 02/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17547/2019 proposto da:

B.R., rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNA SIGNORE, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo, in LIVORNO, VIA RICASOLI 108;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCULLO 3, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA ORONZO, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIA LEMBO;

CURATELA FALLIMENTO ***** SNC, IN LIQUIDAZIONE E DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. DOMINICI 6, presso lo studio dell’avvocato LOREDANA PIATTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato SILVIO PUCCI;

– controricorrente –

e contro

MONTE PASCHI SIENA SPA, INTESA SANPAOLO SPA, C.F., CO.ME.BA DI A. E BA. SDF;

– intimati –

avverso la sentenza n. 207/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/07/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

RILEVATO

che:

nel corso del giudizio di opposizione alla dichiarazione del proprio fallimento personale (in estensione del fallimento della ***** s.n.c. *****), B.R. propose querela di falso avverso la fideiussione a sua firma che risultava rilasciata in data 9.8.1996, in favore della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., a garanzia della Società Officine B. di R.B. e C. s.n.c.; sostenne di avere sottoscritto inconsapevolmente un modulo prestampato e successivamente compilato dalla BNL absque pactis e indicò una serie di elementi volti a dimostrare che essa intendeva sottoscrivere soltanto i documenti necessari per l’apertura di un conto corrente per altra società (OBL);

il Tribunale rigettò la domanda ritenendo che l’attrice non avesse fornito la prova del riempimento sine pactis del documento fideiussorio;

la Corte di Appello ha rigettato il gravame della B., osservando, fra l’altro, che:

“i singoli elementi indicati sono in sé per le ragioni espresse dal Tribunale che si condividono, privi dei presupposti di cui all’artt. 2729 c.c., in un ragionamento logico deduttivo che esamina i singoli indizi proposti, li valuta nel loro complesso, secondo un giudizio di inferenza del fatto ignoto dai fatti noti, che si fonda sulla specifica gravità e precisione e sulla complessiva concordanza”;

“gli elementi non sono quindi né gravi né precisi e non sono concordanti, in quanto, oltre ad un giudizio di non particolare professionalità della Banca nella registrazione della fideiussione, certamente non inducono a ritenere che si sia voluta carpire fraudolentemente la volontà della B.”;

“la sottoscrizione di garanzia (…) era perfettamente nota alla B. fin dal 1997, anno in cui era stato emesso il decreto ingiuntivo a favore della BNL del 18.10.1997 n. 162 per l’importo di Lire 482.600.000 fondato proprio sulla contestata fideiussione e passato in giudicato per mancanza di opposizione”;

“il comportamento tenuto è invece indice, con gravità precisione e concordanza, della assoluta consapevolezza della B. nell’atto di sottoscrivere la fideiussione, dell’impegno da essa preso a favore della snc e per l’importo indicato”;

ha proposto ricorso per cassazione B.R. affidandosi a due motivi; hanno resistito la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. e la Curatela del Fallimento ***** s.n.c. ***** in liquidazione e dei soci illimitatamente responsabili;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

la ricorrente e la B.N.L. hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, la ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5, Sez. 2, Cap. I, Circolare Bankitalia n. 139/1991 e ss.mm.”, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, nel ritenere irrilevante l’inottemperanza della Banca all’ordine di esibizione dell’originale della fideiussione, ha affermato che il termine decennale di conservazione della documentazione contabile (di cui all’art. 2020 c.c.) non potesse decorrere dal 2011, anno della prima segnalazione della fideiussione alla Centrale Rischi, “posto che la segnalazione alla Centrale Rischi nulla sposta sulla datazione degli atti ai fini dell’obbligo di cui all’art. 2020 c.c.”; premesso che, ai sensi dell’anzidetta Circolare, le segnalazioni sulle posizioni di rischio devono pervenire alla Centrale entro il 25 giorno del mese successivo a quello di riferimento e che le variazioni qualitative sulla situazione debitoria della clientela devono essere segnalate entro i tre giorni lavorativi successivi, la ricorrente rileva che ad ogni segnalazione inviata alla Centrale Rischi deve corrispondere una registrazione nelle scritture obbligatorie della banca e assume che “dunque, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la segnalazione della fideiussione in Centrale Rischi nel giugno 2011 implica l’esistenza di una registrazione nelle scritture contabili obbligatorie della BNL effettuata nel maggio 2011: rispetto a tale data non è evidentemente decorso il termine decennale di conservazione delle scritture contabili ex art. 2020 c.c.”, tra le quali non poteva non rientrare anche la fideiussione di cui trattasi;

il motivo e’, sotto più profili, inammissibile, in quanto:

introduce una questione nuova (quella della desumibilità dalla disciplina dettata dalla Circolare di Bankitalia dell’esistenza di una registrazione contabile che sarebbe avvenuta nel 2011 e rispetto alla quale non sarebbe decorso il termine decennale) che non risulta trattata dalla sentenza impugnata e rispetto alla quale la ricorrente non indica se e quando sia stata dedotta nei gradi di merito;

difetta di pertinenza/riferibilità alla sentenza impugnata, la cui affermazione (“né il decennio può farsi datare dal 2011 posto che la segnalazione alla Centrale Rischi nulla sposta sulla datazione degli atti ai fini dell’obbligo di cui all’art. 2020 c.c.”) si colloca nell’ambito della valutazione (di irrilevanza) dell’omessa produzione della fideiussione in originale e attiene alla mancata conservazione dell’originale del 1996, rispetto al quale era evidentemente maturato il decennio, a prescindere dall’esistenza di eventuali documenti successivi non interessati dall’ordine di esibizione;

difetta di decisività giacché non investe le altre considerazioni svolte dalla sentenza per escludere la rilevanza della mancata produzione dell’originale della fideiussione (ossia il fatto che “la produzione della fideiussione in originale nulla apporterebbe di novità, così come la documentazione relativa, atteso che la contestazione attiene a fatti rilevati direttamente dalla copia” e la circostanza che esisteva “un decreto ingiuntivo passato in giudicato per cui la Banca aveva a disposizione prova incontestabile del credito”), da sole idonee a sorreggere la conclusione della Corte di Appello;

per di più – a prescindere da ogni considerazione sulla stessa possibilità, contestata dalla Curatela controricorrente, di configurare un vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alle norme della Circolare – il motivo non deduce effettivamente violazioni di norme di diritto, ma si limita a richiamare i due articoli della Circolare per desumerne che doveva esistere una registrazione contabile del maggio 2011, in tal modo finendo – nella sostanza – per proporre un’anomala inferenza (dalla norma al fatto) refluente in una asserzione di natura fattuale non deducibile in sede di legittimità;

il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c.: la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, come già il primo giudice, “ha valutato gli indizi singolarmente e frammentatamente, sminuendone la relativa efficacia dimostrativa, e ha addirittura omesso completamente l’esame di alcuni di essi, dei quali era stata evidenziata la rilevanza proprio ai fini di un corretto ragionamento probatorio complesso e sincronico”, in tal modo violando l’art. 2729 c.c.; precisa che “per ciascun indizio la sentenza impugnata individua una spiegazione alternativa alla sottoscrizione inconsapevole” e che, tuttavia, “manca, evidentemente, una valutazione globale degli indizi, che avrebbe evidenziato l’esistenza di tante e tali anomalie dell’atto da risultare indicative della non conoscenza del contenuto dell’atto da parte” della B.; aggiunge che esistevano “ulteriori indizi, documentati in atti e descritti nell’atto di appello, che la Corte territoriale non prende nemmeno in considerazione” e che “questi elementi, valutati nella loro sintesi con gli altri elementi atomisticamente esaminati dalla Corte territoriale, li avrebbero completati nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento”;

il motivo è inammissibile, in quanto:

postula la violazione della regola che impone una valutazione non atomistica degli elementi indiziari (cfr. Cass. n. 9059/2018, richiamata dalla ricorrente, e Cass. n. 18822/2018) senza considerare che la Corte di Appello ha non soltanto affermato (a pag. 4) di valutare nel loro complesso i singoli indizi proposti, ma ha anche effettivamente proceduto in tal senso (cfr. pagg. 4 e 5), pervenendo alla conclusione che “gli elementi non sono quindi né gravi né precisi e non sono concordanti, in quanto (…) certamente non inducono a ritenere che si sia voluta carpire fraudolentemente la volontà della B.”;

per altro verso, non risulta specificamente – o, comunque, correttamente – censurata la parte della sentenza che – facendo leva sul decreto ingiuntivo del 1997 non opposto dalla B., sulla “ulteriore visione della documentazione in sede di esecuzione forzata e istruttoria prefallimentare” e sulla sussistenza dell’interesse della banca alla garanzia “in presenza della sostanziale dismissione di attività da parte della Snc” – afferma la gravità, precisione e concordanza degli indici nel senso della consapevolezza della B. di prestare la garanzia; affermazione a fronte della quale la deduzione della violazione dell’art. 2729 c.c., avrebbe comportato la necessità di censurare il ragionamento presuntivo indicando “come” il ragionamento svolto dal giudice di merito risultasse irrispettoso del paradigma della gravità o di quello della precisione o di quello della concordanza (cfr. Cass., S.U. n. 1785/2018, in motivazione, a pagg. 14-16);

deve allora ritenersi che, senza evidenziare ragioni di censura inquadrabili nel paradigma della violazione o della falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., la ricorrente si sia mossa sul diverso piano dell’apprezzamento della questio facti, ossia della prospettazione di una diversa ricostruzione e di un’opposta valutazione della vicenda, contrapponendo ai fatti esaminati dalla Corte altre circostanze ritenute rilevanti e omettendo – fra l’altro – di confrontarsi col rilievo della definitività del decreto ingiuntivo del 1997 che era stato emesso proprio sulla base della fideiussione ora investita dalla querela di fatto;

parimenti inammissibile è la deduzione della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che non è stata compiutamente illustrata nello svolgimento del motivo e che, quindi, parrebbe anch’essa riferita alla valutazione degli indizi, in violazione del consolidato orientamento di legittimità secondo cui un’eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia posto alla base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass., S.U. n. 16598/2016, Cass. n. 11892/2016 e Cass. n. 27000/2016);

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate, per compensi, in Euro 8.000,00 in favore della B.N.L. e in Euro 6.000,00 in favore della Curatela, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2021

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