LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9439-2017 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO VENTURA, e DOMENICO ANTONIO STASIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA CAMPANIA DIREZIONE GENERALE NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, UFFICIO XV AMBITO TERRITORIALE PROVINCIA DI SALERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrenti –
nonchè contro I.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSTANTINO MAES 84, presso lo studio dell’Avvocato GIANLUCA DELLA GATTA, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonchè contro G.G., P.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 812/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 12/10/2016 R.G.N. 1231/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2020 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato LORENZO COLEINE, per delega verbale Avvocato DOMENICO VENTURA;
udito l’Avvocato DELLA GATTA GIANLUCA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Salerno ha respinto l’appello proposto da C.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda, proposta nei confronti del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania – Direzione Generale Napoli, dell’Ufficio XV Ambito Territoriale Provincia di Salerno, nonchè di G.G., di P.G. e di I.R., volta ad ottenere l’annullamento o la disapplicazione degli atti riguardanti la graduatoria per l’utilizzazione del personale docente nei licei musicali per l’anno scolastico 2012/2013 ed il riconoscimento del diritto ad essere preferito ai controinteressati ai fini del conferimento della cattedra di clarinetto istituita presso il *****.
2. La Corte territoriale ha premesso che l’appellante sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva sostenuto che ai fini dell’attribuzione del punteggio previsto dall’art. 6 bis del CCNL 2012 (così la sentenza impugnata) rilevasse il solo servizio prestato in base a progetti finanziati dallo Stato ai sensi della L. n. 440 del 1997 e non potesse essere in alcun modo apprezzato l’insegnamento dello strumento musicale se compiuto a titolo gratuito, seppure sulla base di un progetto approvato ed avviato dall’Istituto scolastico.
3. Il giudice d’appello ha ritenuto non condivisibile l’interpretazione della disciplina contrattuale ed ha rilevato che la L. n. 440 del 1997 disciplina solo l’istituzione di un fondo finalizzato a finanziare le iniziative didattiche volte al miglioramento e all’ampliamento dell’offerta formativa, iniziative che meritano di essere valutate ed apprezzate, quanto all’apporto dato dal singolo docente, anche qualora non risultino finanziate con fondi statali. Diversamente interpretata la disciplina comporterebbe un ingiustificato trattamento discriminatorio, perchè si attribuirebbe rilievo solo all’attività scolastica retribuita dallo Stato, a prescindere da ogni valutazione sul valore formativo e culturale dell’insegnamento.
4. Ciò premesso ha rilevato che i progetti avviati dagli istituti nei quali avevano prestato servizio I.R. e G.G. erano stati espressamente qualificati, a tutti gli effetti, corsi di insegnamento dello strumento musicale, sicchè nessun rilievo poteva avere la circostanza che la prestazione fosse stata resa, in un caso, a titolo gratuito e nell’altro a seguito di finanziamento proveniente dalle stesse famiglie, trattandosi comunque di corsi attivati ai sensi della L. n. 440 del 1997 per l’ampliamento dell’offerta formativa.
5. Infine la Corte ha rilevato che correttamente il Tribunale non aveva esaminato la documentazione tardivamente offerta dal ricorrente perchè si era verificata la decadenza dal diritto di produzione, consentita dopo la costituzione in giudizio solo se giustificata dall’evoluzione della vicenda processuale.
6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.A. sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, al quale hanno opposto difese il MIUR, gli Uffici Scolastici e I.R., mentre sono rimasti intimati G.G. e P.G..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso denuncia con un unico motivo “violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ex art. 360 c.p.c., n. 3 (art. 6 bis c. 7-8 CCNI 28.8.2012 – Nota MIUR Ufficio Scolastico Regionale Campania Napoli n. 7913 del 24.9.2012 – L. n. 440 del 1997 e direttiva MIUR 102/2011) – omessa o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”. Il ricorrente ribadisce che potevano godere della precedenza prevista dalla contrattazione collettiva integrativa solo gli insegnanti che avessero prestato servizio o su posto orario, ossia cattedra formalmente istituita, o in relazione a progetto approvato e finanziato ai sensi della L. n. 440 del 1997. Addebita alla Corte territoriale di avere interpretato la clausola contrattuale senza tener conto del tenore letterale della stessa e richiama giurisprudenza amministrativa per evidenziare che in assenza di retribuzione a carico dello Stato non vi può essere rapporto di servizio tra il docente e l’istituzione scolastica. Il punteggio previsto dall’art. 6 bis poteva, pertanto, essere attribuito solo a condizione che ricorressero tutte le condizioni richieste dalla richiamata L. n. 440 del 1997 e quindi doveva essere negato a G.G., innanzitutto perchè il progetto era stato finanziato dagli stessi alunni ed inoltre perchè si trattava di un insegnamento non di strumento musicale bensì di musica. Analogamente la preferenza non poteva essere accordata a I.R., che aveva svolto l’attività a titolo gratuito, e a P.G. il quale era stato impegnato in un progetto inserito nel piano di offerta formativa ma realizzato senza oneri a carico dello Stato. Censura, infine, la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la produzione documentale effettuata in corso di causa e rileva che la Corte non ha considerato l’epoca di formazione dei documenti, redatti in data successiva all’instaurazione del giudizio.
2. Il ricorso è inammissibile perchè è tutto incentrato sull’asserita violazione, denunciata ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 6 bis, commi 7 e 8, del c.c.N. I. del 28.8.2012 con il quale il M.I.U.R., in sede di negoziazione decentrata, ha stabilito, d’intesa con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, i criteri per le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed ATA.
La giurisprudenza di questa Corte da tempo è consolidata nell’affermare che, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n. 7568/2020; Cass. n. 25626/2020).
A detti contratti non si estende, inoltre, il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, sicchè, venendo in rilievo gli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, il ricorrente è tenuto a depositarli, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi della produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalla Corte territoriale (si rimanda, fra le più recenti, a Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 2709, 95 del 2018).
3. I richiamati principi, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, inducono ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, perchè il C. non ha assolto agli oneri sopra richiamati nè ha individuato, denunciandone la violazione, le norme di ermeneutica contrattuale violate dalla Corte territoriale.
Al riguardo va ribadito che, una volta esclusa l’applicabilità ai contratti integrativi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, opera il principio, parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità.” (Cass. n. 17168/2012; Cass. n. 9054/2013; Cass. n. 10271/2016).
4. Il ricorso è inammissibile anche nella parte in cui denuncia la violazione, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della direttiva MIUR n. 102/2011 nonchè della nota n. 7913/2012 dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania.
Rispetto ai documenti sopra indicati non risulta assolto l’onere di specifica indicazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 perchè il ricorrente non ha riportato nel ricorso, quanto meno nelle parti essenziali, il contenuto della documentazione asseritamente rilevante ai fini di causa.
Si deve, poi, aggiungere che le note e le circolari della Pubblica Amministrazione sono atti interni destinati ad indirizzare e disciplinare in modo uniforme l’attività degli organi inferiori e, quindi, non hanno natura normativa con la conseguenza che la loro violazione non è denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 16644/2015; Cass. n. 19697/2018).
5. Infine, quanto al vizio motivazionale, occorre rilevare che a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ad opera del D.L. n. 83 del 2012, applicabile alla fattispecie ratione temporis, è denunciabile nel giudizio di legittimità solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, sicchè resta ormai esclusa qualunque rilevanza della mera insufficienza della motivazione.
In relazione all’apprezzamento delle risultanze processuali rileva solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante nel giudizio di legittimità (si rimanda alla motivazione di Cass. S.U. n. 34476/2019 che richiama Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. S.U. n. 9558/2018 e Cass. S.U. n. 33679/2018).
Nella fattispecie, pertanto, sono inammissibili le censure ricondotte al vizio motivazionale, perchè la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni del rigetto della domanda ed ha esaminato i fatti storici rilevanti ai fini di causa, ossia l’attività di insegnamento espletata dal ricorrente e dagli altri docenti convenuti in giudizio.
5. L’inammissibilità del motivo nella parte in cui censura l’interpretazione del CCNI è assorbente rispetto alla questione della ammissibilità o meno della produzione documentale, posto che la rilevanza di quest’ultima si fonda sulla diversa esegesi della clausola contrattuale prospettata dal ricorrente.
Le spese del giudizio di cassazione possono essere integralmente compensate fra le parti in ragione della novità della questione dibattuta nei gradi di merito e del tenore solo processuale della presente pronuncia.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021
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