Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.38532 del 06/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11846/2016 proposto da:

F.M. SRL, M.F., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza San Bernardo, 101, presso lo studio dell’avvocato Arturo Cancrini, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Andrea Scafa;

– ricorrenti –

contro

MO.GI., rappresentato e difeso dall’avvocato Virginia Cavallaro, con studio in Olbia via Michele Moro 12, ed elettivamente domiciliato in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 67/2015 del Tribunale di Tempio Pausania, depositata il 03/02/2015 e l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari depositata il 23 febbraio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/05/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– F.M. s.r.l. e M.F. ricorrono per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania che aveva dichiarato inammissibile la domanda formulata dalla società F.M. s.r.l. nella memoria ex art. 183 c.p.c., depositata nell’ambito del giudizio intentato nei confronti di Mo.Gi. per il pagamento di lavori edili ed avverso l’ordinanza ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., con cui la Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello avverso la medesima sentenza del Tribunale di Tempio Pausania;

– in particolare, il contenzioso era insorto con la citazione notificata dalla società F.M. s.r.l. al Mo. per pagamento di lavori edili;

– la società attrice allegava che tra le parti era intervenuto un accordo verbale in forza del quale il Mo. le aveva commissionato la realizzazione di un fabbricato residenziale;

– i lavori erano iniziati nel 2002 e proseguiti anche con l’esecuzione di opere non previste nel progetto fino a che i lavori venivano sospesi pur restando in loco i ponteggi e le attrezzature varie, compreso il quadro per l’approvvigionamento idrico nonché un cavo elettrico;

– successivamente all’interruzione dei lavori nel 2012 la società appaltatrice recatasi in cantiere verificava l’avvenuta ultimazione dell’immobile da parte di altri;

– poiché le opere effettivamente eseguite dalla società ammontavano ad Euro 204.190,13, la società chiedeva l’accertamento giudiziale nei confronti del committente di quanto dovutole nonché il risarcimento dei danni per il mantenimento dell’impianto di cantiere;

-costituendosi in giudizio il convenuto Mo. eccepiva che il contratto di appalto non era stato stipulato con la società che all’epoca dell’inizio dei lavori non era neppure esistente essendo stata costituita nel 2009 ma con la ditta individuale di M.F.;

– il convenuto deduceva il difetto di legittimazione attiva della società attrice per avere intrattenuto rapporti contrattuali esclusivamente con M.F. e che nessuna prova risultava del conferimento nella costituita società F.M. s.r.l. dello specifico credito derivante dal contratto di appalto;

– il convenuto aggiungeva che i lavori concordati con M.F. erano terminati nelle 2003 e che per gli stessi era stata corrisposta la somma concordata di Euro 40.000;

– per quanto qui di interesse, nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., la società attrice F.M. s.r.l. allegava a precisazione della domanda iniziale di essere succeduta nei diritti azionati con la citazione alla ditta individuale F.M., che aveva stipulato il contratto di appalto ed eseguito i lavori, a seguito di conferimento dell’azienda individuale nella società che era così subentrata nel relativo credito ai sensi dell’art. 2559 c.c.;

– successivamente al decorso dei termini per le memorie dell’art. 183 c.p.c., nel giudizio di prime cure interveniva volontariamente M.F. che confermava i fatti allegati dalla società attrice chiedendo l’accoglimento delle domande dalla stessa articolate;

– all’esito del giudizio il Tribunale di Tempio Pausania dichiarava l’inammissibilità della domanda nuova articolata da parte attrice nella memoria ex art. 183 c.p.c.;

– sosteneva il tribunale che allegare di aver eseguito una prestazione ex art. 1655 c.c., costituiva domanda diversa da quella fondata sull’allegazione di essere subentrati, a seguito di conferimento di azienda in società ex art. 2555 c.c., in un credito derivante prestazioni eseguite da terzi;

– proposto gravame da parte della società F.M. s.r.l. e da M.F. personalmente, la Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari ha dichiarato con ordinanza del 23 febbraio 2016 il ricorso inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., con compensazione delle spese di lite;

– la cassazione della sentenza del Tribunale di Tempio Pausania n. 67/2015 e dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., della Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari del 23 febbraio 2016 è chiesta dalla F.M. s.r.l. e da M.F. personalmente con ricorso affidato a sette motivi ed illustrati da memoria, cui resiste Mo.Gi. con controricorso pure illustrato da memoria.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza del tribunale per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, anche alla stregua dell’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 12.310/2015 per avere il giudice ritenuto rinunciata e/o infondata la domanda proposta dalla società F.M. Srl nell’atto di citazione per non avere stipulato il contratto d’appalto ed inammissibile quella modificata con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, nella quale la società F.M. Srl precisava che il diritto al pagamento del corrispettivo del contratto d’appalto stipulato tra il convenuto e l’allora ditta individuale M.F. discendeva dal conferimento dell’azienda omonima operato dal socio M.F. nel patrimonio della costituenda società s.r.l., la quale era, pertanto, subentrata nella titolarità del relativo diritto;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza del tribunale per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4, per la mancata esplicazione del potere di indicazione della questione rilevabile d’ufficio di presunta inammissibilità delle allegazioni contenute nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1);

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed all’art. 111 Cost., comma 7, la nullità dell’ordinanza della corte d’appello per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 348 ter c.p.c., per essere stata l’ordinanza pronunciata in data 23 febbraio 2016 oltre il termine assegnato dall’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., tenuta in data 25 settembre 2015;

– con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ed all’art. 111 Cost., comma 7, la nullità e/o erroneità dell’ordinanza della corte d’appello per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. e dei principi e delle norme disciplinanti l’ordinanza filtro implicitamente ricavabili dal sistema, potendo il giudice del gravame, alla stregua di tali previsioni processuali, dichiarare inammissibile l’appello perché non sussiste la ragionevole probabilità di essere accolto soltanto per ragioni di fatto anche diverse da quelle addotte dal giudice di primo grado, ma non anche, invece, per diverse ragioni di diritto, come invece avvenuto nella specie a seguito della pronuncia della Corte di cassazione, Sezioni Unite n. 12.310 del 2015, dovendo il giudice di secondo grado motivare con riferimento a precedenti conformi;

– in via subordinata, con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità e/o erroneità dell’ordinanza della corte d’appello per violazione e o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6 e dei principi delle norme in materia di identificazione della domanda giudiziale, dovendosi ritenere che:(i) la modifica della causa petendi, consentita dall’art. 183 c.p.c., comma 6, con la prima memoria ivi disciplinata, possa riguardare anche la deduzione di fatti relativi a rapporti con altri soggetti e segnatamente il conferimento dell’azienda da parte di una ditta individuale in una costituenda s.r.l., quale fenomeno che comporta la successione nel diritto al pagamento del corrispettivo dell’appalto stipulato con l’originaria ditta individuale ed al risarcimento dei danni da inadempimento; (ii) che “l’allegazione di un fatto giuridico (la cessione d’azienda) diverso da quello che era stato dedotto del giudizio di primo grado (la conclusione tra le parti del contratto…)”…” Costituisce modificazione della causa petendi” (ex nultis Cass. 13630/1999);

– con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 111 Cost., comma 7, la nullità dell’ordinanza della corte d’appello per violazione e o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 4 e dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 348 ter c.p.c., sia perché la motivazione presenta un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e segnatamente tra la premessa di carattere generale da cui muove il giudice di secondo grado (ossia che uno degli elementi identificativi della domanda sono i soggetti) e l’affermazione che le allegazioni modificative della domanda originaria, operate dalla parte attrice della prima memoria memoria ex art. 183,c.p.c., costituivano invece una diversa causa petendi; sia perché l’operata modificazione non implica alcuna conseguenza in relazione agli elementi identificativi soggettivi della domanda originaria, essendo l’attore ed il convenuto sempre il soggetto che ha proposto la domanda nel libello introduttivo (la F.M. s.r.l.) e quello nei cui confronti la domanda stata proposta (l’avv.to Mo.Gi.);

– con il settimo motivo si deduce la cassazione del capo della sentenza di prime cure e dell’ordinanza di secondo grado relativo alla regolamentazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 1;

– tanto premesso, osserva il collegio che il primo motivo è fondato;

– è stato chiarito da questa Corte nella pronuncia delle Sezioni Unite n. 12310/2015 – richiamata anche dalla Corte d’appello nell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. – che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali;

– nello specifico la sentenza delle Sezioni Unite chiarisce che la differenza fra le “domande nuove” vietate (salvo quelle espressamente ammesse costituenti conseguenza della riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto) da quelle “modificate” consiste nel fatto che le “domande modificate” sono quelle che non possono essere considerate nuove nel senso di “ulteriori” o “aggiuntive”, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali seppure modificate e, quindi, per certi aspetti diverse che, tuttavia, non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono, eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali e, pertanto, si pongono rispetto ad esse in un rapporto di alternatività;

– ciò posto, nel caso in esame con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., la società attrice ha precisato che il credito di cui con la citazione ha chiesto l’accertamento assumendo che esso derivava da un contratto di appalto per lavori edili era frutto non di un impegno direttamente assunto con il committente Mo. ma della successione prodottasi per effetto del conferimento della ditta individuale F.M. nella società F.M. s.r.l., costituita dopo l’esecuzione delle opere ma prima del relativo pagamento;

– si tratta, dunque, secondo il criterio distintivo sopra richiamato, di una domanda che non si aggiunge a quella iniziale ma che la sostituisce per effetto della precisazione svolta in ordine al medesimo diritto di cui si chiede l’accertamento giudiziale nell’ambito del medesimo contratto di appalto e non, come ritenuto dal Tribunale, una nuova domanda che si aggiunge a quella originaria;

– né vengono individuate, rispetto alla domanda così precisata, esigenze difensive non potute rappresentare dalla controparte, dal momento che nella stessa sentenza impugnata si dà atto dell’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto Mo. nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, in risposta alla operata precisazione della domanda iniziale;

– ha pertanto errato il Tribunale di Tempio Pausania nel dichiarare la domanda, come precisata dalla società attrice nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, nuova e conseguentemente inammissibile;

– in considerazione della fondatezza del primo motivo le altre censure sono assorbite (assorbimento proprio) per essere la decisione su essi divenuta superflua (cfr. Cass. 13534/2018);

– in conclusione, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà in conformità al richiamato principio di diritto e deciderà altresì sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il resto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2021

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