LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2034-2017 proposto da:
G.L., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 7, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO LINO JACOPO SILVESTRI, che li rappresenta e difende, unitamente all’avvocato BARBARA LODOVICA MANCINI, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
ENELPOWER SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RIZZO, che la rappresenta e difende, unitamente all’avvocato CLAUDIO BONORA, giusta procura in calce al controricorso;
WINMOSS INVESTMENTS LTD, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA D’ANGELO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANROCCO FERRARO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
nonché contro EMIRATES HOLDING;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2477/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. MISTRI CORRADO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Lette le memorie dei ricorrenti e della controricorrente Enelpower.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 3350 dell’11. marzo 2014 rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Enelpower S.p.A., avverso il decreto ingiuntivo con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 382.978,50 in favore della Winmoss Investments Ltd, quale corrispettivo di un contratto di consulenza di assistenza per la costruzione di un impianto per la produzione di energia elettrica in *****. Disattesa l’eccezione di nullità del contratto, stante la mancata prova della consapevolezza da parte della creditrice dell’operazione commerciale in danno dell’opponente posta in essere dai funzionari di Enelpower, G.L. e C.G., e volta ad appropriarsi di parte dei compensi versati dalla società alla quale appartenevano, tramite la retrocessione di parte della provvigione dovuta ad una società facente capo a tale A.N., nonché l’eccezione di novazione del rapporto sottostante, a seguito dell’accordo intercorso tra la Winmoss e la Meeisco, società a sua volta facente capo ad A.N., la sentenza riteneva che non vi era una valida contestazione dell’esecuzione del contratto da parte della società ricorrente, ma confermando il decreto ingiuntivo, condannava i terzi chiamati, G.L. e C.G., a tenere indenne l’opponente da quanto avrebbe dovuto corrispondere alla società opposta.
Avverso tale sentenza hanno proposto appello il G. ed il C., cui hanno resistito Enelpower e Winmoss Investments.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2477 del 17 giugno 2016, ha rigettato il gravame.
La Corte, in primo luogo, dichiarava inammissibile il motivo di appello con il quale si contestava l’affermazione della giurisdizione del giudice italiano, in quanto l’art. 14 del contratto posto a base del decreto ingiuntivo prevedeva la giurisdizione delle Corti inglesi, ma non in via esclusiva.
Tale elemento era stato sottolineato dal Tribunale, ma l’appello non conteneva alcuna specifica critica alle argomentazioni del giudice di prime cure.
Analogamente inammissibile era ritenuta la censura che investiva la mancata applicazione della legge inglese, sempre sulla base delle previsioni negoziali contenute nel contratto, e ciò anche a voler ritenere sussistente la giurisdizione italiana.
Il Tribunale aveva disatteso l’analoga eccezione avanzata in primo grado, rilevando che le parti non avevano “indicato i profili giuridici di eventuale diversa metodica operativa dell’ermeneutica contrattuale sanciti dal diritto inglese”, ma a fronte di tale argomentazione, gli appellanti avevano invocato la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 14 con una serie di citazioni giurisprudenziali, norma in realtà relativa alla diversa questione delle modalità di accertamento della legge straniera da parte del giudice nel sistema del diritto internazionale privato.
Passando alle censure che investivano la correttezza nel merito della decisione di accoglimento della domanda monitoria, la Corte distrettuale riteneva che i motivi fossero a loro volta inammissibili per la violazione dell’art. 342 c.p.c., in quanto si sostanziavano nella riproposizione delle tesi già sostenute in primo grado, senza confrontarsi con gli argomenti spesi dal tribunale per superarle.
Infine, era parimenti valutato al limite dell’ammissibilità il motivo di appello che contestava l’affermazione di responsabilità quanto alla domanda di manleva, atteso che non era stato esposto alcuno specifico argomento per contestare l’affermazione del Tribunale secondo cui gli appellanti avevano percepito una somma in danno della loro datrice di lavoro, facendo apparire un fittizio contratto di consulenza con Emirates Holding, lucrando la differenza tra la percentuale dovuta a tale ultima società e quella invece effettivamente dovuta alla Winmoss.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso G.L. e C.G. sulla base di un motivo, illustrati da memorie.
La Winmoss Investments Ltd e Enelpower S.p.A. resistono con controricorso.
Emirates Holding non ha svolto difese in questa fase.
Enelpower S.p.A. ha depositato memorie in prossimità dell’udienza.
2. Il motivo di ricorso denuncia l’erronea interpretazione e/o falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 14.
Si denuncia che la Corte d’Appello abbia riportato le argomentazioni del Tribunale, ed ha quindi errato nel non dare applicazione alla legge inglese, che Winmoss ed Enelpower avevano scelto affinché regolasse il contratto concluso, in base alla previsione di cui all’art. 14 dello stesso contratto.
Il giudice di appello avrebbe quindi dovuto verificare quali fossero i dettami della legge inglese, la cui disapplicazione da parte del giudice nazionale è consentita nel solo caso in cui sussista incompatibilità con l’ordine pubblico italiano.
Il motivo è inammissibile per evidente difetto di specificità, in quanto non si confronta con la ratio che è alla base della sentenza d’appello, quanto alla mancata applicazione della norma di diritto straniero.
Come si ricava in maniera inequivoca dalla lettura della sentenza impugnata (cfr. pag. 4), nel rispondere al motivo di appello, con il quale si lamentava che la decisione doveva avvenire sulla base delle norme di diritto inglese, i giudici di appello hanno chiaramente affermato l’inammissibilità della censura, e ciò sul presupposto che, a fronte della motivazione del Tribunale, secondo cui la richiesta di applicare la legge inglese non era stata accompagnata anche dalla indicazione dei “profili giuridici di eventuale diversa metodica operativa nell’ermeneutica contrattuale sanciti dal diritto inglese”, gli appellanti avevano basato il loro appello sulla L. n. 218 del 1995, art. 14 che investe il diverso profilo della regole di reperimento del diritto straniero da parte del giudice nazionale. Risulta quindi evidente come la pronuncia si sia esaurita in una secca declaratoria di inammissibilità, senza nemmeno che, a differenza di altri casi, siano state spese delle, peraltro ultronee, considerazioni circa l’infondatezza nel merito del mezzo di impugnazione.
In relazione a tali ultime ipotesi, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che ove il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile uno dei motivi di gravame per difetto di specificità, affermandone poi comunque nel merito l’infondatezza, la parte rimasta soccombente che ricorra in cassazione contro tale sentenza, ove intenda impedirne il passaggio in giudicato, ha l’onere di impugnare la relativa statuizione, da sola sufficiente a sorreggere la decisione, dato che il passaggio in giudicato della pronuncia di inammissibilità priverebbe la medesima parte dell’interesse a far valere in sede di legittimità l’erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata (Cass. n. 21514/2019; Cass. n. 9243/2004).
Ne deriva che, essendo la ratio fondante della decisione di appello, quanto al profilo relativo all’applicazione del diritto straniero, quella della inammissibilità dell’appello, per difetto di specificità, in rapporto agli argomenti spesi dal Tribunale, la questione per poter essere sottoposta al giudizio di legittimità doveva necessariamente contenere una specifica contestazione in ordine alla conclusione in rito raggiunta dalla Corte distrettuale, essendo pertanto necessario denunciare l’error in procedendo commesso nell’affermazione circa la violazione del precetto di cui all’art. 342 c.p.c.
Viceversa, il motivo di ricorso si concentra direttamente ed unicamente sulla lamentata violazione della L. n. 218 del 1995, art. 14 assumendo la necessarietà dell’applicazione del diritto inglese da parte del giudice nazionale, mostrando però di ignorare la reale ragione che è a sostegno dell’esito del giudizio di appello.
E’ quindi evidente come il motivo di ricorso non sia centrato rispetto al contenuto della decisione di cui non ne coglie l’effettiva ratio, il che implica l’inammissibilità anche del ricorso.
3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
4. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida per Enelpower in complessivi Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge, e per Winmoss in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bus se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2021