LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13063/2020 R.G., proposto da:
Agenzia delle Entrate, con sede in *****, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– ricorrente –
contro
S.D.;
– intimato –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata il 13 novembre 2019 n. 426/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14 settembre 2021 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
CHE:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata il 13 novembre 2019 n. 426/01/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno 2011 (con i relativi accessori), in relazione a redditi d’impresa, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di S.D. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Matera il 6 novembre 2017 n. 265/02/2017, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’amministrazione finanziaria non avesse assolto all’obbligo del contraddittorio preventivo nei confronti del contribuente. S.D. è rimasto intimato. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
CHE:
Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’obbligo del contraddittorio preventivo nei confronti del contribuente non fosse stato adempiuto.
Ritenuto che:
1. Il motivo è fondato.
1.1 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi “non armonizzati” (come l’IRPEF e l’IRAP), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. “a tavolino”, per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7; tuttavia, tale principio non vale per i tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177).
1.2 Inoltre, in tema di verifiche fiscali, la regola in base alla quale l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, si applica anche nel caso di accessi brevi finalizzati all’acquisizione di documentazione, sia perché la disposizione di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, in esito al quale comunque deve essere redatto un verbale di chiusura delle operazioni, sia perché, anche in caso di accesso breve, si verifica l’intromissione autoritativa dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente, che deve essere controbilanciata dalle garanzie di cui al citato art. 12 (Cass., Sez. 5, 21 novembre 2018, n. 30026; Cass., Sez. 5, 15 gennaio 2019, n. 701; Cass., Sez. 5, 8 maggio 2019, n. 12094; Cass., Sez. 5, 4 maggio 2021, n. 11589).
1.3 Ne deriva che il contraddittorio, quanto al diritto interno, è garantito dall’esistenza di uno spatium deliberandi tra la notifica del processo verbale di constatazione e la notifica dell’avviso di accertamento, che consente al contribuente di far valere in tal sede e con quelle modalità le proprie ragioni esercitando il diritto di esser sentito; non è previsto da alcuna disposizione vigente ratione temporis che sia l’amministrazione finanziaria a dover invitare con atto formale il contribuente a contraddire sui rilievi (Cass., Sez. 5, 1 aprile 2021, n. 9076). Invero, è solo con il D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5-ter come modificato dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 4-octies convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, in vigore dall’1 luglio 2020, che si è previsto che “l’ufficio, fuori dei casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l’invito a comparire di cui all’art. 5 per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento”.
Detta previsione non va qui applicata non solo in quanto successiva ai fatti di causa e non retroattiva, ma anche alla luce del suo dato testuale che ne limita la portata ai casi in cui non sia stata rilasciata copia del processo verbale di constatazione, che qui risulta correttamente redatto e notificato al contribuente, Ne’ il contribuente ha dedotto nei gradi di merito l’inosservanza del termine di sessanta giorni di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7.
1.4 Quindi, in via generale, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, è già stata operata dal legislatore una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio, attraverso la comminatoria di nullità dell’atto impositivo nel caso di violazione del termine dilatorio di sessanta giorni per consentire al contribuente l’interlocuzione con l’amministrazione finanziaria con decorrenza dalla conclusione delle operazioni di controllo, anche nell’ipotesi di c.d. “tributi armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di resistenza invece necessaria per i soli c.d. “tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (Cass., Sez. 5, 15 gennaio 2019, n. 701; Cass., Sez. 6-5, 26 febbraio 2020, n. 5254; Cass., Sez. 5, 1 aprile 2021, n. 9076; Cass., Sez. 5, 5 maggio 2021, n. 11685). Questa è una disciplina nazionale che, già a monte, assorbe la “prova di resistenza”, nel pieno rispetto della giurisprudenza Euro-unitaria (Corte Giust., 18 dicembre 2008, causa C-349-07, Soprope’ – Organizagoes de Calado Lda contro Fazenda Publica, par. 37; Corte Giust., 3 luglio 2014, cause C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics BV contro Staatssecretaris van Financien, par. 80).
Così interpretato, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, che qui, peraltro, come si è detto, non si applica, difettandone i requisiti fattuali di violazione del termine dei sessanta giorni, garantisce pienamente sia il principio di equivalenza (il quale, anzi, risulterebbe violato se la norma fosse applicabile ai soli tributi non armonizzati), sia quello di effettività. La norma, nel prevedere la deroga alla regola generale del rispetto del termine dilatorio nel caso di esistenza di ragioni di urgenza, opera un bilanciamento degli interessi coinvolti, escludendo che siano compromessi gli effetti della normativa unionale in tema di riscossione dell’IVA (Corte Giust., 3 luglio 2014, cause C-129/13 e C-130/13, cit., par. 77).
Siffatta interpretazione è al tempo stesso rispettosa anche dei principi generali dell’ordinamento giuridico nazionale civile, amministrativo e tributario, secondo cui la regola della strumentalità delle forme, ai fini del rispetto del contraddittorio, viene meno in presenza di un’espressa sanzione di nullità comminata dalla legge per la violazione in questione. Non pare potersi dubitare che tali principi generali valgano anche ai fini del contraddittorio endoprocedimentale tributario; e a maggior ragione se ne deve fare applicazione nel presente caso, nel quale il rispetto (non risultando ex actis alcuna violazione) del termine di sessanta giorni in parola costituisce adeguato presidio e tutela del diritto al contraddittorio e adeguata attuazione nell’ordinamento interno dei principi sovranazionali richiamati (Cass., Sez. 5, 1 aprile 2021, n. 9076).
1.5 Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata non si è attenuta al principio enunciato, avendo rigettato l’appello dell’amministrazione finanziaria sul rilievo aprioristico della violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale e della deduzione di ragioni non pretestuose per contrastare l’accertamento, senza tener conto che l’avviso di accertamento era stato notificato al contribuente (14 dicembre 2015) ben oltre il termine di sessanta giorni dalla consegna a mani del processo verbale di constatazione (28 gennaio 2015) e che la prova di resistenza non era applicabile nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività imprenditoriale.
2. Pertanto, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2021