Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.39155 del 09/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26420/2017 proposto da:

ANAS S.P.A. – AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLE STRADE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE 71, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PALOMBI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.R., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO ROMANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 393/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 17/05/2017 R.G.N. 384/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Salerno ha respinto l’impugnazione di ANAS s.p.a. avverso la sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata la opposizione della società al decreto ingiuntivo ottenuto da M.R. per l’importo di Euro 17.112,49, oltre accessori, a titolo di compensi per la partecipazione a Commissione di Collaudo.

2. Il giudice di appello, premesso che la fattispecie era regolata ratione temporis dalla disciplina dettata dalla L. n. 109 del 1994, art. 18, comma 1 e non da quella dettata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, ha ritenuto che in ragione dell’espresso richiamo fatto dalle parti in sede di contratto, la determinazione del compenso spettante andava effettuata alla stregua del Regolamento interno ANAS approvato dal Consiglio di Amministrazione in data 22.1.2001 e non, come sostenuto da ANAS, sulla base del Regolamento approvato in data 25.1.2011; né a diverse conclusioni poteva pervenirsi sulla base della prospettata annoverabilità del contratto in oggetto nell’ambito dei contratti di durata, qualificazione che avrebbe giustificato, nell’ottica della società, la rideterminazione dei compensi sulla base del regolamento da ultimo vigente; ciò in primo luogo, per la considerazione che il contratto in questione non era riconducibile ad alcuna delle ipotesi così qualificabili alla luce delle sistematizzazioni dottrinarie, non versandosi né in ipotesi di contratto ad esecuzione periodica né in ipotesi di contratto a prestazione continuata; nell’incarico professionale conferito alla M., avente oggetto il compimento di un’opera, nella specie il collaudo, la continuazione dell’esecuzione non era, infatti, determinata dal perdurare dell’interesse in capo all’avente diritto ma dal fatto che la prestazione da realizzarsi necessitava di un tempo prolungato per ragioni oggettive; in secondo luogo, era da escludere che la peculiarità strutturale del contratto di collaudo potesse tradursi in una disciplina contrattuale “mobile” del relativo compenso, ipotesi questa sconfessata dall’espresso riferimento alla normativa legislativa ed a quella regolamentare vigente al momento della stipula; diversamente, si sarebbe conferito alla parte detentrice del potere regolamentare di incidere unilateralmente e peggiorativamente su qualsiasi obbligo convenzionalmente assunto; in ogni caso, anche a voler ipotizzare la sostituibilità della disciplina regolamentare a fronte della successione in materia di fonti secondarie con automatici effetti abrogativi ugualmente non avrebbe potuto trovare applicazione il Regolamento del 2011 on essendo stata allegata l’adozione della disciplina di dettaglio necessaria a tal fine.

3. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso ANAS s.p.a. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

4. Il Procuratore generale ha depositato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, conv. con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020, requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, art. 2 preleggi, nonché degli artt. 1362 c.c. e segg.. Sostiene che la Corte di merito aveva travisato, in violazione dell’art. 12 preleggi, la portata della norma imperativa dettata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, laddove aveva riconosciuto alla delega di collaudo la efficacia negoziale derogativa della disciplina legale applicabile in materia, disciplina che, al contrario, aveva espressamente demandato alla potestà regolamentare delle Amministrazione gli aspetti applicativi della disposizione; contesta, inoltre, che alla delega di collaudo del 2006 potesse attribuirsi il significato negoziale di individuare nel Regolamento ANAS del 2001 la fonte esclusiva della regolamentazione dell’incentivo laddove, sostiene, tale riferimento costituiva un mero rinvio alla norma specifica ed alla generale potestà regolamentare della società.

2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1339 c.c., censurando la sentenza impugnata per non avere considerato che la delega di collaudo di conferimento dell’incarico alla M. si configurava quale contratto di durata con assoggettamento alla disciplina vigente nel tempo di conclusione dell’incarico con rinvio, quindi, al Regolamento ANAS del 2011; sotto altro profilo assume che il richiamo alla fonte regolamentare contenuto nell’atto di delega non poteva che implicare un riferimento anche ad eventuali modifiche sopravvenute e ciò anche in forza dell’art. 1339 c.c., secondo il quale le clausole, i prezzi di beni e servizi imposti dalla legge sono di diritto inseriti nel contratto anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti; il sopravvenire nel corso del rapporto di durata di una norma imperativa condizionante l’autonomia contrattuale delle parti nel regolamento del contratto giustificava il fenomeno della sostituzione di cui all’art. 1339 c.c..

3. I motivi, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.

3.1. Questa Corte è stata più volte chiamata a pronunciare su questioni inerenti la natura, i limiti oggettivi e soggettivi, i presupposti condizionanti l’insorgenza del diritto a percepire l’incentivo di progettazione, disciplinato, dapprima, dalla L. n. 109 del 1994, art. 18, più volte modificato dal legislatore, quindi dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, ed infine del D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 113, che in luogo dei “corrispettivi ed incentivi per la progettazione” ha previsto gli “incentivi per funzioni tecniche”.

3.2. La ricostruzione del quadro normativo è stata compiutamente effettuata da Cass. n. 13937/2017 e, più di recente, da Cass. n. 2284/2019, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., perché in questa sede interessa solo rimarcare, in via di premessa generale, che il legislatore derogando alla disciplina generale del trattamento accessorio dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, ha previsto, in una logica premiale ed al fine di valorizzare le professionalità esistenti all’interno delle pubbliche amministrazioni, un compenso ulteriore, da attribuire, secondo le modalità stabilite dalle diverse versioni della norma succedutesi nel tempo, al personale impegnato nelle attività di progettazione e collaudo interne agli enti oltre che in quelle di esecuzione dei lavori pubblici. Quanto alla natura dell’emolumento ed ai presupposti condizionanti l’insorgenza del diritto, la giurisprudenza di questa Corte, valorizzando la ratio della disposizione, si è consolidata nell’affermare che l’incentivo ha carattere retributivo (Cass. n. 21398/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata al punto 6) ma, poiché il legislatore ha rimesso, dapprima alla contrattazione collettiva decentrata e successivamente alla potestà regolamentare attribuita alle amministrazioni, la determinazione delle modalità di ripartizione del fondo, la nascita del diritto è condizionata, non dalla sola prestazione dell’attività incentivata, bensì anche dall’adozione del regolamento, in assenza del quale il dipendente può fare valere solo un’azione risarcitoria per inottemperanza agli obblighi che il legislatore ha posto a carico delle amministrazioni appaltanti (Cass. n. 13937/2017, Cass. n. 3779/2012, Cass. n. 13384/2004).

3.3. Tanto premesso, va innanzitutto disattesa, siccome inammissibile, la censura della società con la quale si critica l’interpretazione del contenuto della delega quale espressione della volontà delle parti asseritamente derogativa della disciplina di legge, contestandosi, in definitiva, che le parti avessero inteso rinviare, quale unica fonte regolativa dei criteri di determinazione dell’incentivo, al Regolamento ANAS del 2001 ed al relativo Ordine di servizio n. 11/2003 attuativo dello stesso; ciò per la dirimente considerazione che, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, parte ricorrente omette la trascrizione del contenuto della delega della cui interpretazione si duole (Cass. n. 27528/2013, Cass. n. 3075/2006).

3.4. Fermo quindi l’accertamento espresso a riguardo dalla Corte di merito circa la fonte regolativa del rapporto indicata dalle parti, in relazione alla specifica questione in controversia, relativa al momento al quale occorre fare riferimento per la concreta determinazione del quantum spettante a titolo di compenso incentivante, ritiene il Collegio di dare seguito alla giurisprudenza di questa Corte che sul punto si è già espressa con la ordinanza n. 13456/2021 chiarendo che in tema di appalti pubblici, il momento rilevante al fine di individuare la disciplina applicabile al compenso del collaudatore è quello del conferimento dell’incarico, secondo la generale disciplina di cui agli artt. 2230 e 2233 c.c., come integrata da eventuali normative speciali in vigore, senza che possa rilevare il momento in cui il collaudo sia stato portato a compimento. In questa prospettiva è stato in particolare precisato che “Il perfezionamento del collaudo vale a dare corso, altresì, insieme all’accettazione dell’opera da parte della committenza pubblica ed alla liquidazione del corrispettivo all’appaltatore alla liquidazione del compenso al collaudatore, ma tanto non esclude che per la regolamentazione di quest’ultimo e la sua stessa spettanza debba guardarsi alla data del conferimento dell’incarico, secondo la generale disciplina del contratto e della remunerazione delle professioni intellettuali” (Cass. n. 13456/2021 cit.).

3.5. E’ inoltre da rimarcare che l’applicabilità del Regolamento del 2011 invocata da ANAS non potrebbe trovare fondamento neppure nel fatto che, come sostiene la società, la norma in vigore al momento dell’atto di delega – il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92 – ha parzialmente innovato la disciplina previgente, ponendo una sorta di riserva regolamentare che fissa “modalità e criteri” di liquidazione, secondo esigenze che il rinvio a tale fonte indica implicitamente come contingenti e perciò variabili, in tal modo demandando la relativa determinazione alla disciplina vigente all’atto della liquidazione medesima.

3.6. Nel caso di specie, infatti, secondo quanto accertato dalla Corte di merito e per come non contestato, l’atto di delega al collaudo risale al 18 gennaio 2006 ed è stata accettata dalla M. il 10.2.2006 (v. sentenza, pag. 3) epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163 del 2003 (7 luglio 2006) recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

3.7. Il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 253, rubricato “norme transitorie”, per quel che qui rileva stabilisce che: “1. Le disposizioni del presente codice si applicano ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati successivamente alla sua entrata in vigore, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, ai contratti in cui, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte 2, Il regolamento di cui all’art. 5 è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, ed entra in vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione. 3. Per i lavori pubblici, fino all’entrata in vigore del regolamento di cui all’art. 5, continuano ad applicarsi il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, il D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, e le altre disposizioni regolamentari vigenti che, in base al presente codice, dovranno essere contenute nel regolamento di cui all’art. 5, nei limiti di compatibilità con il presente codice. Per i lavori pubblici, fino all’adozione del nuovo capitolato generale, continua ad applicarsi il D.M. 19 aprile 2000, n. 145, se richiamato nel bando…”. Da tanto deriva che, poiché il contratto tra le parti è stato concluso al più tardi nel febbraio 2006 e quindi precede la entrata in vigore del D.Lgs. cit., in assenza di diversa allegazione di segno contrario da parte dell’attuale ricorrente, deve ritenersi riferito ad opere eseguite in base a contratti antecedenti all’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, non assoggettati, quindi, in virtù del richiamato disposto dell’art. 253 D.Lgs. cit., alla relativa disciplina e quindi alla fonte regolamentare richiamata dall’art. 92 cit. sulla base della quale è stato emanato il Regolamento ANAS del 2011 del quale la società invoca l’applicazione.

3.8. Le considerazioni che precedono escludono in radice la applicabilità del meccanismo di inserzione automatica di cui all’art. 1339 c.c. e tanto assorbe il rilievo di inammissibilità della censura per novità della questione, non espressamente affrontata dalla Corte di merito (Cass. n. 20694/2018, Cass. n. 15430/2018, Cass. n. 23675/2013), nonché il rilievo di inammissibilità collegato alla mancata impugnazione dell’affermazione, configurante autonoma ratio decidendi, relativa all’assenza della disciplina di dettaglio attuativa delle previsioni del Regolamento adottato nell’anno 2011.

4. Al rigetto del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese di lite.

5. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 20/09/2019 n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2021

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