LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5290/2019 proposto da:
REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rapp.te Presidente della Giunta Regionale, rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO GRANDE, dell’Avvocatura Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29, presso REGIONE CAMPANIA, UFFICIO RAPPRESENTANZA;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO GENERALE RICOSTRUZIONE CO.GE.RI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIMA, 7 INT. 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE IANNUCCILLI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3204/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
Che:
1. La Regione Campania ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale con la quale era stata respinta l’opposizione al decreto ingiuntivo, emesso in favore del Consorzio Generale Ricostruzione (CO.GE.RI.), per il pagamento di una somma richiesta e riconosciuta a titolo di rimborso di quanto anticipato per indennità o risarcimenti, in relazione alle espropriazioni poste in essere per l’esecuzione delle strutture riguardanti la bretella “Circumvallazione esterna di Napoli – Asse Mediano – Asse di Supporto A.S.I. e raccordo in galleria tra la rotonda di ***** e lo svincolo di *****”.
1.1. Per ciò che qui interessa, la Corte territoriale aveva confermato la pronuncia di primo grado, respingendo il motivo proposto dalla Regione Campania avverso il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, eccezione fondata sulla deduzione secondo cui, in applicazione del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, comma 3, il pagamento delle somme richieste dalla Co.Ge.Ri., per il rimborso delle indennità erogate in favore dei soggetti espropriati, doveva essere posto a carico ANAS.
2. La parte intimata ha resistito con controricorso e memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., assumendo la fondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Regione Campania.
2. Con i secondo motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, con riferimento all’interpretazione del D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 101, del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, come modificato dal D.P.C.M. 21 settembre 2001.
3. Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente, riguardante il giudicato esterno portato dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli 2806/2018, divenuta definitiva nelle more del presente giudizio e riguardante la medesima questione oggetto della presente controversia, e cioè la legittimazione passiva della Regione Campania in relazione alle richieste della CO.GE.RI. relative al rimborso degli oneri che aveva dovuto sostenere, in termini di anticipazione, per il pagamento delle indennità di espropriazione per la realizzazione della medesima bretella.
3.1. L’eccezione non ha pregio.
3.2. E’ certamente condivisibile (ed ormai consolidato) l’orientamento di questa Corte secondo il quale “qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo” (cfr. Cass. 27304/2018 e Cass. 6091/2020): tuttavia si serva che la valenza del giudicato esterno dovrebbe avere per presupposto, una situazione perfettamente conoscibile sotto il profilo temporale sia in reazione all’esecuzione e completamento dei lavori, sia in relazione all’epoca del contenzioso in quel caso instaurato, circostanze che risultano essere gli elementi determinanti sia per una corretta interpretazione del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, sia per gli effetti estensivi, rispetto al caso in esame, del giudicato della pronuncia della Corte partenopea richiamata.
3.3. E, vale solo la pena di rilevare che il caso ivi trattato riguarda un esproprio e corresponsione della relativa indennità in relazione a differenti atti ablativi, nonché tempi di esecuzione delle opere non chiaramente evincibili dalla pronuncia indicata ed è stato deciso in relazione al mancato assolvimento dell’onere probatorio della parte a ciò tenuta: si ritiene, pertanto, che la soluzione della presente controversia non possa essere attinta dagli effetti estensivi di quel giudicato.
4. Passando all’esame dei motivi di ricorso, si osserva quanto segue.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 115 c.p.c., sulla premessa che in virtù della normativa relativa al trasferimento delle strade realizzate ai sensi della L. n. 219 del 1981, alla Regione Campania e del successivo D.P.C.M. 21 febbraio 2000, modificato dal D.P.C.M. 21 settembre 2001 (D.Lgs. n. 112 del 1998, ex art. 101, comma 1), era prevista una deroga al subentro delle Regioni e degli Enti Locali nei rapporti concernenti le strade, non comprese nella rete autostradale: il D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, dopo aver fissato la regola secondo cui “Le regioni o gli enti locali individuati con legge regionale titolari e gestori delle strade, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi inerenti ai beni trasferiti, esercitandone i relativi diritti ed assumendone gli obblighi con le eccezioni indicate al comma 3” prevede, come deroga, nel successivo comma 3 menzionato che “resta di competenza ed a carico dell’ANAS l’ultimazione dei lavori per i quali alla data del trasferimento sia stato pubblicato il bando di gara per la realizzazione ovvero lavori per i quali, entro il 31 dicembre 2000, sia stata definita la progettazione e autorizzata dai competenti organi dell’ANAS la pubblicazione del bando di gara”. La norma prevede, inoltre, che “resta altresì di competenza ed a carico del medesimo ente il contenzioso instaurato per fatti ed atti antecedenti alla scadenza di cui sopra, relativamente ai beni trasferiti”.
4.2. La Regione assume che:
a. a corretta interpretazione della disposizione teste’ riportata doveva indurre la Corte territoriale a ritenere che la competenza in relazione al contenzioso oggetto della presente controversia rientrava nelle previsioni derogatorie e, dunque, essa appellante non poteva ritenersi legittimata a soddisfare la domanda di ristoro degli oneri vantati;
b, rispetto a tale premessa, la Corte territoriale aveva ritenuto erroneamente che con fosse stata data prova della pendenza del contenzioso alla data prevista dalla norma richiamata, non tenendo conto che la circostanza allegata non era stata contestata dal Consorzio e che la sentenza della Corte d’appello sulla quale si era fondata la pretesa monitoria (che aveva per oggetto l’accoglimento della domanda proposta dai destinatari dei provvedimenti ablativi per il pagamento dell’indennità di esproprio) costituiva un chiaro riferimento temporale e riguardava fatti risalenti al 1990 e dunque antecedenti al trasferimento in oggetto.
4.3. Deve premettersi che con la censura proposta si deduce impropriamente il vizio di nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c.: al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.” (cfr. Cass. SU 20867/2020 ed in termini Cass. 1229/2019).
4.4. Tanto premesso, anche a voler riqualificare il motivo con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (sovrapponendolo, pertanto, al secondo mezzo che, dunque, viene esaminato congiuntamente) si osserva che il percorso argomentativo seguito non si confronta con la motivazione resa dalla Corte territoriale che, dopo aver condiviso l’esegesi del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, comma 3, formulata dal Tribunale – secondo la quale il discrimine fra i beni che transitano nel demanio regionale rispetto a quelli ancora in carico all’ANAS doveva essere individuato nella data di ultimazione delle opere realizzate (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) – ha affermato che era incontroverso che i primi tre lotti erano stati già ultimati alla data indicata dai disposto normativo e che era parimenti pacifico che per il quarto lotto il progetto esecutivo non era stato approvato e non poteva pertanto costituire un valido riferimento per la materia de i contendere.
4.5. A fronte di ciò, la Corte ha aggiunto che non vi era prova che alla data indicata dall’art. 3 menzionato fosse pendente alcun contenzioso fra il Consorzio e l’ANAS o fra l’ANAS ed i soggetti destinatari degli esborsi controversi: e vale solo la pena di rilevare che gli elementi offerti nella censura proposta (e cioè l’indicazione della sentenza sulla quale si era basato il decreto ingiuntivo opposto) si limitano ad enunciare che la vicenda era riferita a fatti ed atti risalenti al 1990 senza alcuna precisazione dell’epoca in cui “le controversie erano insorte”: rispetto a ciò, la doglianza si pone sullo stesso solco di quella prospettata in appello senza contrapporre alcun argomento idoneo a superare i rilievi della Corte territoriale e connotandosi, dunque, per mancanza di decisività.
4.6. Si osserva, infatti che la sentenza impugnata è fondata su una doppia ratio decidendi, affermando che l’interpretazione del D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, comma 3, con scopo derogatorio rispetto alla regola della competenza regionale, prevedeva due requisiti per mantenere la legittimazione dell’ANAS: da una parte, che dovessero essere ancora ultimati i lavori per i quali, entro il 31.12.2000 fosse stata definita la progettazione e pubblicato il bando di gara; da l’altra, che fosse stato instaurato un contenzioso per fatti ed atti antecedenti alla scadenza (sempre del 31.12.2000) relativamente ai beni trasferiti.
4.7. Al riguardo, il giudice d’appello, dopo aver individuato il discrimine del transito delle competenze nella data di ultimazione delle opere realizzate, ha affermato che era incontroverso che, nell’ambito della complessiva opera realizzata che costituiva la premessa della controversia, i primi tre lotti erano già stati ultimati alla data del 31.12.2000 e che per il quarto otto il progetto esecutivo non era stato approvato; ha pure affermato che le ragioni della mancata approvazione erano irrilevanti ai fini dell’applicazione della deroga alla regola generale, in quanto, per affermare la residua titolarità dell’ANAS, doveva ritenersi imprescindibile che l’opera non fosse stata ultimata.
4.8. La Corte, partendo da tale presupposto, ha anche affermato che non vi era prova che alla data del 31.12.2000 fosse pendente alcun contenzioso fra il Consorzio e l’Anas o fra l’ANAS ed i soggetti destinatari degli esborsi controversi; né che fosse stata dimostrata la pendenza di un contenzioso fra il Consorzio ed i soggetti destinatari delle vicende ablative cui si riferivano gli esborsi che la Co.Ge.RI chiedeva in restituzione, avendoli anticipati.
4.9. Su tale seconda ratio, si fonda il primo motivo con il quale viene denunciata la violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto il ricorrente deduce che la circostanza che all’epoca del trasferimento non fosse pendente alcuna controversia fra il Consorzio ed i soggetti interessati dalle vicende ablative non era stata contestata dal Consorzio e doveva ritenersi anche provata dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 55/2008, prodotta a sostegno delle pretese vantate con la domanda monitoria da parte dei soggetti che avevano subito l’esproprio: da ciò, in thesi, deriverebbe la violazione del principio di non contestazione e di disponibilità delle prove.
4.10. La censura, tuttavia, non coglie nel segno, in quanto la circostanza che la sentenza si riferisse a fatti antecedenti al 31.12.2000 non trova dimostrazione nell’ingiunzione di pagamento che è correlata a titoli di gran lunga successivi alla data sopra indicata (cfr. pag. 4 del ricorso per decreto ingiuntivo prodotto). 4.11. Ne’ può rilevare la data delle ordinanze richiamate nella domanda monitoria (risalenti al 1990), in quanto esse rappresentano, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, un mero antefatto storico della vicenda rappresentata e contenzioso successivamente azionato, oltre la data “limite” indicata dal D.P.C.M. 21 febbraio 2000, art. 3, comma 3.
4.12. La Corte territoriale, dunque, si è correttamente attenuta, sulla base delle emergenze processuali, all’interpretazione della disposizione in esame.
4.13. Da ciò deriva che risulta stato pienamente rispettato l’art. 115 c.p.c., e che il primo motivo di ricorso, come sopra riqualificato, deve essere rigettato.
5. Il secondo motivo, sovrapponibile al primo, rimane logicamente assorbito.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
7. La qualità della parte ricorrente la esenta dal pagamento del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte;
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2021
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