LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8984/2013 R.G. proposto da:
Fondazione Roma, (già Fondazione Cassa di Risparmio di Roma), rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Gemma, con domicilio eletto in Roma, via di Villa Patrizi, n. 13, presso lo studio dello stesso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, con sede in *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
Agenzia delle entrate, Direzione provinciale I di Roma, in persona del Direttore pro tempore, con sede in Roma, via Ippolito Nievo, n. 36;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 43/21/12 depositata il 27 febbraio 2012.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 novembre 2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro;
udito l’Avv. Domenico Vetere per la ricorrente e l’Avv. dello Stato Daniela Giacobbe per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vitiello Mauro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Fondazione Cassa di Risparmio di Roma (hinc anche: “la Fondazione”) chiedeva all’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale I di Roma, il rimborso della maggiore IRPEG indebitamente versata, a titolo di secondo acconto per il periodo d’imposta 1 luglio 2000-31 dicembre 2000, in conseguenza dell’erronea applicazione dell’aliquota ordinaria della predetta imposta in luogo di quella agevolata, ridotta alla metà, a essa asseritamente applicabile ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6 come richiamato dal D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, art. 12, comma 2.
2. Formatosi il rifiuto tacito del rimborso, la Fondazione lo impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che accolse il ricorso della contribuente.
3. Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc anche “CTR”), che lo rigettò.
4. Avverso quest’ultima pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose ricorso per cassazione e questa Corte, con la sentenza 30/12/2009, n. 28040, lo accolse, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a un’altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.
5. La Fondazione riassunse la causa davanti a tale Commissione che, pronunciandosi sul giudizio di rinvio, rigettò il ricorso della contribuente.
Dopo avere affermato che Cass., n. 28040 del 2009, aveva richiamato i principi enunciati da Cass., Sez. U., 22/01/2009, n. 1576, e avere premesso che, in sede di rinvio, era “tenuta all’applicazione dei principi richiamati ed a verificare, tenuto conto del periodo d’imposta in contestazione (1/9-31/12/2000), l’epoca del (dedotto) adeguamento dello Statuto dell’ente (28/9/2000), nonché l’accertamento di fatto in ordine alle modalità di detto adeguamento e della sussistenza delle altre condizioni normativamente previste, se, in quali termini ed a quale titolo (adeguamento alla nuova disciplina e/o disciplina transitoria) siano operanti nella specie le disposizioni fiscali del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12”, la CTR motivò che: a) “(l)a contribuente in sede di riassunzione, avvalora il diritto al richiesto rimborso, per l’adeguamento dello statuto alle previsioni del D.Lgs. n. 153 del 1999, e deduce che alla data del 31/12/2005, la Fondazione possedeva una partecipazione nell’azienda bancaria conferitaria pari al 5,88% del capitale sociale, quindi, non era in grado di disporre della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria e non faceva parte del patto di sindacato, stipulato in data 22/10/2003, tra alcuni soci con la finalità di stabilizzare l’assetto proprietario e garantire il governo della società per un periodo di tempo pari a tre anni. Deduce infine, che dal bilancio 2000, risulta che la Fondazione detiene solo partecipazioni di controllo in imprese cd. strumentali operanti nei settori rilevanti della ricerca scientifica, istruzione ed arte”; b) “(l)a Commissione dall’esame degli atti rileva che nel ricorso la contribuente, a sostegno dell’applicabilità dell’IRPEG in misura ridotta del 50%, richiamava soltanto le norme di legge e statutarie, secondo le quali i fini istituzionali della fondazione erano quelli sociali e culturali. Neppure un cenno sulle attività effettivamente espletate”; c) “(c)on memoria di replica alle controdeduzioni dell’Ufficio, a sostegno della spettanza dell’agevolazione, deduceva che la “Fondazione esercita l’attività di amministrazione nella banca conferitaria in via del tutto strumentale e residuale rispetto al perseguimento dello scopo statutario”. Allegava copia del bilancio d’esercizio al 31/12/2000 della fondazione, ma nessuna idonea certificazione relativa alle società partecipate risultanti nella voce “immobilizzazioni finanziarie” (vedi Banca di Roma, Banca Naz. Agr.)”; d) “(p)ertanto in difetto di specifiche questioni nel ricorso introduttivo sui presupposti necessari per ottenere l’agevolazione, la domanda di rimborso non può essere accolta”.
6. Avverso tale sentenza – depositata il 27 febbraio 2012 e non notificata – ricorre per cassazione Fondazione Roma, che affida il proprio ricorso, notificato il 29 marzo 2013, a quattro motivi.
7. L’agenzia delle entrate, con sede in Roma, resiste con controricorso, notificato il 6 settembre 2013.
L’agenzia delle entrate, Direzione provinciale I di Roma, non ha svolto attività difensiva.
8. L’Agenzia delle entrate, con sede in Roma, ha depositato una memoria.
9. Fondazione Roma ha fatto richiesta di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., per non essersi la CTR uniformata a quanto statuito, in sede di annullamento per violazione di legge e per difetto di motivazione, da Cass., n. 28040 del 2009, atteso che la sentenza impugnata “non tiene conto del periodo d’imposta in contestazione (1 luglio – 31 dicembre 2000); non tiene conto dell’adeguamento dello Statuto dell’ente e non compie alcun accertamento volto a verificare se tale adeguamento è conforme alle previsioni di legge e se la Fondazione sia in possesso di una partecipazione di controllo nell’azienda conferitaria”.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la “nullità della sentenza” per “omessa pronuncia in ordine alla disciplina legale applicabile al caso di specie ed in ordine alla verifica dei presupposti”, per avere la CTR omesso l’accertamento demandatole da Cass., n. 28040 del 2009, il quale “aveva ad oggetto la verifica dell’adeguamento della Fondazione alle prescrizioni dettate dalla “riforma Ciampi” del 1999 e, quindi, in concreto: (i) l’adeguamento dello statuto sociale della Fondazione alle disposizioni contenute nel titolo 1 del D.Lgs. n. 153 del 1999 e (h) l’effettiva dismissione della (eventuale) partecipazione di controllo detenuta nell’azienda bancaria conferitaria”.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l'”omessa motivazione su fatto controverso e decisivo”, per essere la sentenza impugnata “priva di qualsiasi motivazione in ordine all’individuazione della disciplina normativa applicabile al caso di specie”, atteso che “non è dato sapere quale sia, secondo la CTR, la disciplina applicabile alla fattispecie: non è dato sapere, cioè, se secondo il Giudice del rinvio alla fattispecie sia applicabile la cd. “legge Amato” (D.Lgs. n. 356 del 1990) o la cd. “legge Ciampi” (D.Lgs. n. 153 del 1999) e, in quest’ultimo caso, se sia applicabile la disciplina a regime o quella transitoria”.
4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), e del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 in quanto la CTR, “disattendendo il compito demandatole dalla Cassazione in sede di rinvio e non procedendo ad alcun accertamento”, non ha potuto constatare come, “(n)el giudizio di riassunzione, (…) la Fondazione ave(sse) dimostrato di rientrare a pieno titolo nella disciplina del D.Lgs. n. 153 del 1999 nel suo pieno regime”, avendo “dedotto e dimostrato (i) sia l’adeguamento dello statuto adottato dalla Fondazione alle prescrizioni dettate dalla riforma del 1999, (ii) sia l’effettiva dismissione della partecipazione di controllo detenuta nell’azienda bancaria conferitaria”.
5. I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione.
La sentenza di annullamento (Cass., n. 28040 del 2009), per violazione di legge e per difetto di motivazione, ha preliminarmente richiamato i principi affermati da Cass., Sez. U., n. 1576 del 2009, e, tra questi, tenuto conto del periodo d’imposta che veniva nella specie in rilievo (1 luglio 2000 – 31 dicembre 2000), quelli scaturenti dalla cosiddetta “riforma Ciampi”, operata con la legge di delegazione 23 dicembre 1998, n. 461, e con il successivo decreto delegato 17 maggio 1999, n. 153.
A tale proposito, la sentenza rescindente, richiamando sempre Cass., Sez. U., n. 1576 del 2009, aveva tra l’altro esposto che: a) “(a)ltre norme, contenute nel titolo I (del D.Lgs. n. 153 del 1999) prevedono in maniera dettagliata gli adempimenti prescritti per la “privatizzazione” delle fondazioni, i quali poi condizionano il passaggio al regime tributario proprio degli enti non commerciali, ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12. Tra tali adempimenti, vi è quello della dismissione delle partecipazioni di controllo possedute e del divieto di acquisizione di altre partecipazioni di controllo, salvo quelle in imprese direttamente strumentali (art. 5, comma 4) (recte: art. 6, comma 4)”; b) “(i)l D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, detta la disciplina fiscale dei “nuovi” enti privatizzati e stabilisce che le fondazioni che hanno adeguato gli statuti alle disposizioni del titolo I si considerano enti non commerciali ai sensi del T.U.I.R. D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c), (art. 12, comma 1) e, conseguentemente, “si applica il regime previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6. Lo stesso regime si applica, fino all’adozione delle disposizioni statutarie previste dal comma 1, alle fondazioni non aventi natura di enti commerciali che abbiano perseguito prevalentemente fini di interesse pubblico e di utilità sociale nei settori indicati nel D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12 e successive modificazioni” (art. 12, comma 2, abrogato poi dal D.L. n. 168 del 2004, art. 2, a decorrere dall’esercizio 2004)”.
Premessi tali principi (e gli altri già affermati da Cass., Sez. U, n. 1576 del 2009), la sentenza rescindente, ritenuto che la sentenza impugnata avesse “fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa”, la cassava e, reputando “necessari ulteriori accertamenti di fatto”, rinviava la causa ad altra sezione della CTR, la quale, dovendo applicare i suddetti principi, avrebbe dovuto in particolare “verificare, tenuto conto del periodo d’imposta in contestazione (1 luglio – 31 dicembre 2000), dell’epoca di (dedotto) adeguamento dello statuto dell’ente (28.09.2000) e dell’accertamento di fatto – non esperibile in questa sede – in ordine alla modalità di detto adeguamento e della sussistenza delle altre condizioni normativamente previste, se, in quali termini ed a quale titolo (adeguamento alla nuova disciplina o/e disciplina transitoria) siano operanti nella specie le disposizioni fiscali del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12”.
La sentenza rescindente rimise dunque alla CTR di accertare se, in relazione al periodo d’imposta in contestazione (1 luglio 2000 – 31 dicembre 2000), la Fondazione avesse adeguato il proprio statuto alle disposizioni del titolo I del D.Lgs. n. 153 del 1999 e se, inoltre, “sussiste(ssero) le altre condizioni normativamente previste”, con i conseguenti “adeguamento alla nuova disciplina o/e disciplina transitoria” e, quindi, “opera(tività)” delle disposizioni di carattere tributario di cui al D.L.gs n. 153 del 1999, art. 12.
La CTR ha operato tale verifica riguardo all'”adeguamento alla nuova disciplina o/e disciplina transitoria”.
Essa ha infatti rilevato: da un lato, l’assenza di “idonea certificazione relativa alle società partecipate risultanti nella voce “immobilizzazioni finanziarie” (vedi Banca di Roma, Banca Naz. Agr.)”, con ciò ritenendo che la Fondazione non avesse fornito la prova della detenzione di partecipazioni di controllo solo in enti o società che avevano per oggetto esclusivo l’esercizio di imprese strumentali (D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 6); dall’altro lato, che la Fondazione non aveva fatto “(n)eppure un cenno sulle attività effettivamente espletate” e, quindi, sul fatto di avere perseguito prevalentemente fini di interesse pubblico e di utilità sociale, rilevando, altresì, il “difetto di specifiche questioni nel ricorso introduttivo su(i) presupposti necessari per ottenere l’agevolazione”.
Da ciò discende l’infondatezza, oltre che del primo motivo di ricorso – avendo la CTR operato la verifica, a essa demandata dalla sentenza rescindente, circa l'”adeguamento alla nuova disciplina o/e disciplina transitoria” – anche: del secondo motivo, avendo la CTR verificato la mancata prova, da parte della Fondazione, dell’adeguamento alle prescrizioni della cosiddetta “riforma Ciampi”, in particolare, della detenzione di partecipazioni di controllo solo in enti o società che avevano per oggetto esclusivo l’esercizio di imprese strumentali; del terzo motivo, avendo la CTR verificato, come richiesto dalla sentenza rescindente, (in)applicabilità sia della disciplina “a regime” della “riforma Ciampi”, per non avere la Fondazione fornito la prova della detenzione di partecipazioni di controllo solo in enti o società che avevano per oggetto esclusivo l’esercizio di imprese strumentali, sia della disciplina transitoria, per non avere la Fondazione fornito la prova delle attività in concreto svolte; del quarto motivo, avendo la CTR escluso che, per la ragione già detta, alla Fondazione fosse applicabile la disciplina “a regime” della “riforma Ciampi”.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e sono liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 16.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – comma inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del suddetto art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2021