LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 550/2017) proposto da:
P.E., (C.F.: *****), rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Massimiliano Emanuele Cortellazzi, e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, p.zza Cavour;
– ricorrente –
contro
M.R., (C.F.: *****), e P.P., (C.F.:
*****), rappresentate e difese, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Uliana Garoli, e domiciliate “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, p.zza Cavour;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 727/2016 (depositata il 15 luglio 2016);
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30 settembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria depositata dalla difesa della ricorrente ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione notificato il 21 giugno 2010, P.E. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cremona, M.R. e P.P. quali eredi (in quanto, rispettivamente, moglie e figlia) del proprio fratello P.G. (deceduto il *****), affinché venisse accertato e dichiarato che il testamento riferibile al padre Pe.Pi. (deceduto il *****) e fatto pubblicare dal citato germano P.G. era apocrifo e, per l’effetto, che ne venisse statuita la nullità, con conseguente predisposizione di un progetto di divisione del beni caduti in successione e la condanna delle convenute alla restituzione, in suo favore, dei beni da ritenersi illegittimamente dalle stesse detenuti, ovvero del valore dei medesimi beni da determinarsi a seguito di rendimento del conto.
Si costituivano in giudizio le predette convenute, le quali, innanzitutto, eccepivano l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere in giudizio dall’attore (essendo decorsi 46 anni dalla pubblicazione dell’impugnato testamento) e, in ogni caso, nel merito, invocavano il rigetto della domanda poiché, a decorrere dal 1969, erano stati stipulati tra le parti vari atti pubblici aventi ad oggetto proprio i beni caduti in successione.
All’esito dell’istruzione probatoria l’adito Tribunale, con sentenza n. 289/2013, dichiarava la falsità dell’impugnato testamento, rigettava l’eccezione di prescrizione dell’azione ma, al contempo, respingeva le domande dell’attrice ritenendo che la stessa, avendo dato volontaria esecuzione alle disposizioni nulle di cui al testamento, fosse a conoscenza della causa di nullità in tal modo ratificando la tacita accettazione del testamento invalido, con compensazione delle spese giudiziali.
2. Decidendo sull’appello formulato dalla P.E., resistito da entrambe le appellate, la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 727/2016 (pubblicata il 15 luglio 2016), rigettava il gravame, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
A fondamento dell’adottata pronuncia la Corte bresciana, disattesa l’eccezione pregiudiziale delle appellate relativa alla prospettata inammissibilità dell’atto di appello ai sensi dell’art. 342 e 348-bis c.p.c., rilevava, tuttavia, l’infondatezza del motivo riguardante la rappresentata impossibilità della configurazione di una ratifica tacita ai sensi dell’art. 590 c.c., a fronte di un testamento inesistente. Ciò perché, con riferimento alle vicende fattuali conseguite alla pubblicazione dello stesso, erano stati stipulati tra le parti almeno tre atti pubblici nei quali il testamento veniva espressamente richiamato, ragion per cui la nullità (e non l’inesistenza) dell’atto di ultima volontà del genitore (fatta valere dopo oltre 40 anni dalla sua pubblicazione) non poteva più essere eccepita dall’appellante, posto che la medesima aveva dato con il suo inequivoco comportamento – piena conferma alle disposizioni testamentarie mediante la loro volontaria esecuzione, donde il sopravvenire di una condotta inconciliabile con la volontà di impugnare.
La Corte di secondo grado osservava, poi, che, in virtù dell’effetto devolutivo proprio del giudizio di appello, non poteva considerare e valutare la doglianza circa l’asserita mancata liquidazione delle dieci pertiche di terreno in favore dell’appellante, dalla stessa richiesta, con ulteriore, quindi, manifestazione della propria piena accettazione delle disposizioni impugnate.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, P.E..
Si sono costituite con un unico controricorso entrambe le intimate.
La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 590 c.c., al caso di specie per la prospettata impossibilità di ratificare tacitamente un testamento inesistente, quale era quello oggetto del giudizio risultato apocrifo, così prospettando l’inapplicabilità di detta norma nei casi in cui manchi una volontà dispositiva del “de cuius” (come proprio nell’ipotesi di avvenuto accertamento definitivo della falsità della sottoscrizione del testamento).
2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – un “errore logico” nell’impugnata sentenza in merito alla ritenuta volontaria esecuzione delle disposizioni testamentarie, sul presupposto che con gli atti pubblici richiamati nell’impugnata sentenza le parti si erano limitate a definire altre questioni.
3. Rileva, in via pregiudiziale, il collegio che l’attestazione (con relativa allegazione dell’inerente certificato) del 13 settembre 2021 prodotta dal difensore della ricorrente della sopravvenuta morte (in data 2 ottobre 2020) di quest’ultima (successivamente, quindi, alla proposizione del ricorso) non è idonea a produrre alcun effetto interruttivo nel presente giudizio di legittimità poiché la regolamentazione processuale dell’interruzione non trova pacificamente applicazione in detto giudizio, in considerazione della particolare struttura e della disciplina dello stesso (cfr., ad es., Cass. n. 24365/2015 e Cass. n. 1757/2016).
4. Ciò chiarito, ritiene il collegio che il primo motivo è fondato e deve, perciò, essere accolto alla stregua della univoca giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale l’art. 590 c.c., non ha modo di operare quando risulta accertata – come è pacificamente accaduto nel nostro caso – l’apocrificità del testamento (quindi interamente nullo) per falsità della sottoscrizione del “de cuius” (non potendo quindi, discorrersi della nullità di singole disposizioni testamentarie, alle quali si possa aver dato volontaria esecuzione, manifestando la volontà di non impugnarle).
E’ stato, infatti, al riguardo affermato il principio (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio) secondo cui l’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà del “de cuius”, sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore (cfr. Cass. n. 11195/2012 e, da ultimo, Cass. n. 10065/2020).
In altri termini, in tema di nullità del testamento olografo, la finalità del requisito della sottoscrizione, previsto dall’art. 602 c.c., distintamente dall’autografia delle disposizioni in esso contenute, ha la finalità di soddisfare l’imprescindibile esigenza di avere l’assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall’olografia, ma anche dell’inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento – anche in tempi diversi – abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento; pertanto, nel caso in cui sia accertata la non autenticità della sottoscrizione apposta al testamento, non può trovare applicazione l’art. 590 c.c., che, nel consentirne la conferma o l’esecuzione da parte degli eredi, presuppone l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, pur essendo affetta da nullità, sia comunque frutto della volontà del “de cuius”.
Per tale ragione va accolto il primo motivo del ricorso con conseguente assorbimento del secondo, da cui deriva la cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto prima enunciato, provvederà a regolare anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021