LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11194-2016 proposto da:
M.P., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO RICCARDI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SAN GIORGIO A CREMANO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CAIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 843/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/02/2016 R.G.N. 1253/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 843/2016 pubblicata in data 8 febbraio 2016, la Corte di appello di Napoli, decidendo sull’appello proposto nei confronti del Comune di San Giorgio a Cremano da M.P., vigile urbano dipendente del Comune suddetto, confermava la pronuncia del Tribunale partenopeo che aveva rigettato la domanda tesa ad ottenere, relativamente al periodo dall’1/1/1997 al 30/6/2001: – il risarcimento del danno biologico conseguente all’usura psicofisica per non aver goduto, su richiesta del datore di lavoro, del riposo settimanale; – i maggiori compensi spettanti applicando lo straordinario festivo come previsto dal contratto collettivo alle ore effettuate nelle domeniche lavorate.
Valorizzava la Corte territoriale le previsioni della contrattazione collettiva indicante, per la specifica situazione del lavoro prestato oltre il sesto giorno in caso di prestazione su turni, uno speciale compenso.
Riteneva che, per l’attività prestata la domenica in regime di turnazione, il lavoratore non potesse rivendicare la maggiorazione di cui all’art. 24 del c.c.n.l. Comparto Enti locali 2000 (prevista per esigenze che esulano dall’articolazione ordinaria), ma solo quella di cui all’art. 22, comma 5 (specifica per il personale turnista).
In particolare, assumeva che per l’attività prestata dai turnisti oltre il sesto giorno, dunque, anche di domenica, al lavoratore spettasse solo l’indicata maggiorazione di cui all’art. 22 non cumulabile con quella prevista dall’art. 24.
Evidenziava che le previsioni della contrattazione collettiva erano state rispettate dal Comune ed escludeva la sussistenza di un danno alla salute, non allegato né provato (il che rendeva del tutto inconsistente l’invocato principio di non contestazione), essendosi il ricorrente limitato a dedurre il danno presunto derivante dalla mancata fruizione del riposo.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.P. ed articolato cinque motivi cui il Comune di San Giorgio a Cremano ha resistito con tempestivo controricorso.
3. La causa, originariamente fissata per l’adunanza camerale del 23 febbraio 2021, con ordinanza è stata rimessa pubblica udienza.
4. Il procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte insistendo per il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memorie (rispettivamente in data 12/2/2021 e in data 28/9/2021).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c..
Censura la sentenza impugnata per non aver fatto alcuna menzione della richiesta di risarcimento del danno da usura psico-fisica espressamente formulata.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 ed in particolare degli artt. 2087,2109 c.c. e art. 36 Cost..
Critica la pronuncia della Corte partenopea per non aver fatto corretta applicazione dei principi affermati da questo giudice di legittimità (Cass. n. 24180/2014), che ha ritenuto legittimo il riconoscimento del danno per usura psico-fisica causata da lavoro eccessivo.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e, in particolare, del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1 sul lavoro turnista e degli artt. 24 del c.c.n.l. 14.9.2000 per il comparto Enti locali sul pagamento dello straordinario svolto nel giorno domenicale.
Imputa alla Corte territoriale il travisamento della causa petendi, concernendo la domanda il ristoro del pregiudizio psicofisico derivante dal solo fatto della fruizione del riposo oltre il sesto giorno, a prescindere dai meccanismi compensativi previsti in sede collettiva.
Rileva che nella fattispecie non si può discutere di lavoro svolto da turnista, bensì di eccedenza rispetto all’ordinario orario di lavoro, con la riconducibilità dell’ipotesi in esame all’art. 24 e non all’art. 22 del c.c.n.l.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Sostiene che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del sopra richiamato orientamento di legittimità e di merito che, in tema di danno presunto sul lavoro prestato nel settimo giorno, ha accolto le domande di altri vigili urbani.
5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la nullità dell’impugnata sentenza.
Rileva che la Corte territoriale ha del tutto ignorato la richiesta di risarcimento del danno da usura psico-fisica formulata per non aver esso ricorrente goduto – su richiesta e per esigenza sindacale – del riposo settimanale e per non aver goduto, in luogo dello stesso, di alcun riposo compensativo.
6. Il ricorso è infondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. 25 luglio 2016, nn. 15268, 15267, 15266, 15265; Cass. 9 maggio 2017, n. 11262; Cass. 20 luglio 2017, nn. 17997, 17990; Cass. 4 aprile 2018, n. 8208; Cass. 14 agosto 2019, n. 21412) resi in vicende del tutto analoghe e rispetto ai quali non si ravvisano ragioni per mutare l’orientamento già assunto.
7. Non sussiste la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la Corte di appello espressamente esaminato la domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica formulata dall’appellante ed escluso la fondatezza di una pretesa secondo la quale il danno risarcibile sarebbe scaturito automaticamente dal solo svolgimento di attività lavorativa nel settimo giorno (v. pag. 7 della sentenza impugnata).
8. Neppure sussiste, per le ragioni di seguito illustrate, la denunciata violazione degli artt. 2087 e 2109 c.c. e dell’art. 36 Cost. e la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1 sul lavoro a turni e degli artt. 22 e 24 del c.c.n.l. del 14.9.2000 in relazione al pagamento dello straordinario svolto nel giorno domenicale.
9. Si premetta che nella fattispecie si evince dalla stessa prospettazione di cui al ricorso (v. pag. 2) che “in caso di attività lavorativa al settimo giorno, il riposo previsto non veniva effettuato alla scadenza delle 36 ore settimanali ma alcuni giorni dopo, senza possibilità di reintegro delle energie psico fisiche spese, al settimo giorno”.
10. La situazione, in punto di fatto, e’, dunque, del tutto diversa da quella esaminata da questa Corte, a Sezioni unite, con sentenza n. 142 del 7 gennaio 2013, e dalla successiva, conforme, Cass. 1 dicembre 2016, n. 24563, discutendosi, in entrambe le indicate pronunce, di mancata concessione del riposo settimanale e non, come nella specie, di mancato godimento del riposo il settimo giorno (riposo, come detto, comunque concesso alcuni giorni dopo).
11. Si rileva, poi, dalla stessa sentenza che la fattispecie in esame è caratterizzata dallo svolgimento di una prestazione lavorativa articolata in turni.
In ricorso, invero, si profila una diversa ricostruzione della situazione concreta là dove si nega la qualità di lavoratore turnista, senza, però, alcuna indicazione a proposito della diversa deduzione eventualmente operata in sede di atto introduttivo del giudizio.
12. Nel caso in esame, dunque, non può essere revocata in dubbio la qualificazione dell’attività prestata come lavoro a turni; viene – dunque – in discussione l’interpretazione della normativa collettiva che ne regola i compensi.
13. Sulla base delle disposizioni pattizie applicabili (artt. 22 e 24 del c.c.n.l. 14.9.2000): 1.- al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale deve essere corrisposta la retribuzione giornaliera di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) maggiorata del 50%, con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo. 2.- L’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente, ad un equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo. 3.- L’attività prestata in giorno feriale non lavorativo, a seguito di articolazione di lavoro su cinque giorni, dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario non festivo. 4.- La maggiorazione di cui al comma 1 è cumulabile con altro trattamento accessorio collegato alla prestazione. 5.- Anche in assenza di rotazione per turno, nel caso di lavoro ordinario notturno e festivo è dovuta una maggiorazione della retribuzione oraria di cui all’art. 52, comma 2, lett. b), nella misura del 20%; nel caso di lavoro ordinario festivo – notturno la maggiorazione dovuta è del 30%.
14. Con le sentenze di questa Corte n. 2888 del 24 febbraio 2012 e n. 8458 del 9 aprile 2010 è stato osservato che “le richiamate disposizioni negoziali vanno lette nel senso che al personale turnista che presti attività lavorativa in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, secondo le previsioni del turno di lavoro, spetta solo il compenso previsto dall’art. 22, comma 5, secondo alinea (maggiorazione del 30% della retribuzione)”. “Resta perciò escluso che nell’ipotesi considerata possa farsi riferimento al diverso istituto dello straordinario, che presuppone necessariamente il superamento dell’orario contrattuale di lavoro”. “I primi tre commi dell’art. 24, prendono in considerazione l’attività lavorativa prestata, in via eccezionale ovvero occasionale, in giorni non lavorativi, attività che comporta il superamento del limite di orario settimanale, cosicché, proprio perché individua situazioni non ordinarie, non riguarda i lavoratori inseriti in prestabiliti turni di lavoro che possono essere, conseguentemente, chiamati in via ordinaria a svolgere le proprie prestazioni sia nei giorni feriali non lavorativi (vedi art. 24, comma 3) sia nelle giornate festive, nel rispetto degli obblighi derivanti dalla periodica predisposizione dei predetti turni di lavoro”. “La clausola contenuta nell’art. 24, comma 5, come si evince chiaramente dalla formulazione del testo, si riferisce proprio al caso del dipendente che, fuori delle ipotesi di turnazione, ordinariamente, in base al suo orario di lavoro, è tenuto ad effettuare prestazioni lavorative di notte o in giorno festivo settimanale (come nel caso di dipendente che vi sia tenuto in base ad una particolare programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro, ai sensi dell’art. 17, comma 4, lett. b) del c.c.n.l. del 6.7.1995) e gli assicura una maggiorazione di retribuzione compensativa del disagio, dimostrando così come l’articolo in questione non concerna la regolamentazione del lavoro secondo turni”.
Ne segue che “per i lavoratori in turno, deve trovare applicazione la sola speciale disciplina dettata dall’art. 22, mentre l’art. 24 ha ad oggetto fattispecie lavorative ed ipotesi diverse dal turno. Soltanto il lavoratore in turno chiamato a prestare, in via eccezionale ovvero occasionale, la propria attività nella giornata di riposo settimanale che gli compete in base al turno assegnato, ovvero in giornata festiva infrasettimanale al di là dell’orario ordinario, ha diritto all’applicazione della disciplina dell’art. 24, comma 2”.
L’art. 24 contempla, ai primi tre commi, l’ipotesi di eccedenza, in forza del lavoro prestato in giorno non lavorativo, rispetto all’orario normale di lavoro, mentre l’art. 22 compensa il disagio del lavoro secondo turni, turni nei quali possono cadere giornate festive infrasettimanali, ma senza che la prestazione ecceda il normale orario di lavoro (cfr. Cass. n. 8458/2010 e n. 2888/2012 cit. ed anche Cass. n. 23646/2012 e recentemente Cass. n. 14038/2014).
Solo quando la prestazione dei turnisti ecceda l’orario normale, l’indennità richiesta, in ipotesi di mancata fruizione del riposo compensativo, si cumula con il compenso di cui all’art. 22 c.c.n.l..
15. Come rilevato dal giudice di merito, con accertamento in fatto in questa sede non censurabile, il caso in esame rientra nella previsione dell’art. 22 citato e dunque nulla spetta non essendosi realizzate le condizioni per l’applicazione della diversa disposizione collettiva.
16. Ne’ è ravvisabile la violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1 (di attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro). La disposizione, peraltro ratione temporis non applicabile nel caso in esame trattandosi di compensi relativi ad attività prestata negli anni 1997-2001, contiene la definizione del lavoro per turni da intendersi “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane” e di lavoratore a turni (qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni).
Inoltre, il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9 anche nella sua versione originaria, prevede specifiche deroghe alla regola, fissata dal comma 1, del necessario godimento ogni sette giorni di lavoro di un giorno di riposo, di norma coincidente con la domenica. Dette deroghe risultano giustificate o dalla particolare natura dell’attività esercitata o dall’intervento della contrattazione collettiva, autorizzata ad intervenire, purché nel rispetto del limite di cui all’art. 17, comma 4 stesso decreto (secondo cui ai lavoratori devono essere accordati periodi equivalenti di riposo compensativo).
17. Inammissibile, poi, è la censura che investe la sentenza sotto il profilo dell’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudizio, perché suppone come ancora esistente il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza, essendo invece oggi denunciabile ratione temporis, in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012, soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, integrando l’inosservanza dell’obbligo di motivazione violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa, e cioè nei casi di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014 e n. 8054/2014).
In ogni caso, avendo la Corte di appello ritenuto applicabile il solo art. 22 del c.c.n.l. e le maggiorazioni previste dal comma 7 di detto articolo, sono state evidentemente considerate assorbite le richieste relative allo straordinario festivo.
18. L’interpretazione sopra illustrata non si pone in contrasto con tutele costituzionalmente rilevanti ovvero con principi unionali.
19. La Corte Costituzionale, già nelle pronunce n. 146 del 1971 e n. 101 del 1975, ha ritenuto che l’art. 36 Cost., comma 3, garantisce al lavoratore un diritto perfetto e irrinunciabile al riposo settimanale e tuttavia ha precisato che, col termine riposo settimanale, il costituente ha inteso esprimere sostanzialmente il concetto della periodicità del riposo, nel rapporto di un giorno su sei di lavoro, senza con ciò escludere la possibilità di discipline difformi in relazione alla diversa qualità ed alla varietà di tipi del lavoro, sempreché si tratti di situazioni idonee a giustificare un regime eccezionale, con riguardo ad altri apprezzabili interessi, e comunque “non vengano superati i limiti di ragionevolezza sia rispetto alle esigenze particolari della specialità del lavoro, sia rispetto alla tutela degli interessi del lavoratore soprattutto per quanto riguarda la salute dello stesso”.
La Corte Cost. ha rimarcato che, poiché l’esercizio del diritto del lavoratore al riposo periodico va regolato in modo assai vario, per essere adattato alle esigenze di lavori di ogni specie, e poiché non c’e’ una riserva di legge, la relativa disciplina può essere disposta non solo da norme di legge, ma anche da contratti collettivi aventi forza di legge, da altri contratti sia collettivi che individuali, o da regolamenti.
20. Si aggiunga che la Corte di giustizia UE sez. II, 9 novembre 2017, n. 306, al punto 46, ha precisato, con riferimento alla direttiva 2003/88 concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che “risulta dalla citata direttiva, in particolare dal suo considerando 15, che la stessa concede anche una certa flessibilità nell’attuazione delle sue disposizioni.
Difatti in essa sono contenute varie disposizioni, come quelle indicate al punto 34 della presente sentenza, che consentono di derogare, mediante misure compensative, ai periodi minimi di riposo prescritti, segnatamente per le attività di lavoro a turni o per le attività caratterizzate dalla necessità di garantire la continuità del servizio o della produzione. Inoltre, come risulta dal punto 42 della presente sentenza, l’art. 16, lettera a), della direttiva 2003/88 stabilisce che gli Stati membri possono prevedere un periodo di riferimento più lungo per l’applicazione dell’art. 5 della stessa, relativo al riposo settimanale. In ogni caso, l’obiettivo perseguito da tale direttiva di garantire un’adeguata protezione della salute e della sicurezza del lavoratore, pur lasciando agli Stati membri una certa flessibilità nell’applicazione delle disposizioni che essa prevede, risulta parimenti dal tenore letterale stesso di detto art. 5, come è stato dichiarato al punto 41 della presente sentenza”.
21. E’, infine, inammissibile la censura relativa al mancato esame del motivo di appello relativo al risarcimento del danno da usura psico-fisica, atteso che la Corte di appello ha specificamente esaminato la questione relativa alla lamentata lesione dell’integrità psico-fisica sotto il profilo del danno biologico.
22. In ogni caso, la giurisprudenza di questa Corte avuto modo di ribadire che la fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre l’arco dei sette giorni (e questo spiega la diversa soluzione di cui a Cass., Sez. Un., n. 142/2013 e Cass. n. 24563/2016 sopra citate), atteso che una cosa è la definitiva perdita del riposo agli effetti sia dell’obbligazione retributiva sia del risarcimento del danno per lesione di un diritto della persona, altra cosa è invece – il semplice ritardo della pausa di riposo e che in questa seconda ipotesi (ove non sia consentita, dalla legge e dal contratto, una deroga al principio che impone la concessione di un giorno di riposo dopo sei di lavoro), il compenso sarà dovuto a norma dell’art. 2126 c.c., comma 2, che espressamente gli attribuisce natura retributiva, salvo restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di altro diritto di natura personale (cfr. Cass. 26 novembre 2013, n. 26398, che richiama Cass. 3 luglio 2001, n. 9009); nello stesso solco, si è poi affermato che, in relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da usura psicofisica, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una infermità del lavoratore determinata dall’attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali, in quanto, nella prima ipotesi, il danno deve ritenersi presunto sull’an e il risarcimento può essere determinato spontaneamente, in via transattiva, dal datore di lavoro con il consenso del lavoratore, mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive, laddove, nella seconda ipotesi, invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in una infermità del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente, ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale (v. Cass. 20 agosto 2004, n. 16398; Cass. 16 gennaio 2004, n. 615; Cass. 3 aprile 2003, n. 5207; Cass. 4 marzo 2000, n. 2455; Cass. 3 luglio 2001, n. 9009; Cass. 12 marzo 1996, n. 2004 ed anche più di recente Cass. 20 ottobre 2015, n. 21225 e Cass. 25 luglio 2016, nn. 15267 e 15268).
Così nessun rilievo può essere mosso alla Corte territoriale là dove ha escluso il risarcimento avendo verificato, da un canto, che erano state corrisposte le maggiorazioni contrattualmente spettanti in relazione all’articolazione dei turni su giorni festivi e al protrarsi del lavoro al settimo giorno con slittamento del riposo compensativo e, dall’altro, avendo constatato che nessuna allegazione e prova era stata fornita dal lavoratore sul danno alla salute.
23. In conclusione il ricorso va rigettato.
24. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
25. Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di San Giorgio a Cremano, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021
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