LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5172/2015 proposto da:
Vancini s.c.a.r.l. in liquidazione, in Liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere Marzio n. 1, presso lo studio dell’avvocato Vianello Luca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gatto Paolo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
XX Company S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Ovidio n. 26, presso lo studio dell’avvocato Mancini Gianluca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Repetto Silvia, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 674/2015 del TRIBUNALE di GENOVA, depositato il 13/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/09/2021 dal Cons. Dott. Paola VELLA.
FATTI DI CAUSA
1. Il contesto fattuale della controversia può essere così riepilogato sulla base degli atti di causa: nell’anno 2009 la Vancini s.c.a.r.l. (di seguito Vancini), società cooperativa che produce divise e in generale abbigliamento destinato principalmente alla P.A., avendo acquisito alcune importanti commesse ministeriali ebbe bisogno di liquidità e decise di porre in essere un’operazione di sale and lease back su un proprio capannone sito in un’area PIP del comune di *****; convenne perciò con la società XX Company S.r.l. (di seguito XX), con cui aveva in essere rapporti commerciali, che essa avrebbe acquistato il predetto capannone, tramite leasing con la BNL Paribas, al prezzo di Euro 1.197.953,30 (regolarmente incassato da Vancini) e glielo avrebbe concesso in locazione, come da contratto del 9 marzo 2010; l’operazione era stata preceduta da Delib. assunta 11 gennaio 2010 dal C.d.A. di Vancini (presidente F.R., consiglieri A.F. e Al.Vi., segretario D.L., con la partecipazione dei sindaci I.M. e B.F.) e da decisione dell’assemblea dei soci di XX (su indicazione dell’amministratore unico Be.Pi.); successivamente la Vancini entrò in crisi e in data 1 febbraio 2011 depositò domanda di concordato preventivo, corredata dall’attestazione del Dott. G.E. (che contemplava tra gli oneri prededucibili i canoni di locazione de quibus), venendo poi posta in liquidazione il 7 ottobre 2011 (con nomina a liquidatore della sig.ra Al.); per garantire la continuità aziendale, con scrittura privata autenticata del 1 dicembre 2011 affittò il ramo d’azienda situato nel suddetto capannone alla newco Uniform5 Coop. S.c.a.r.l. (di cui erano amministratore unico la Be. e soci le sigg.re F. e A., il D. e il compagno della Be., nonché ex dipendente di XX, Dr.Au.Ci.) – che ne divenne poi cessionaria – ad un canone di Euro 5.000,00 mensili (di cui “Euro 3.000 da imputarsi a rimborso della sublocazione” del capannone), previa rinegoziazione del contratto di locazione con XX “ridimensionando considerevolmente le penali per anticipato scioglimento e escludendo il divieto di sublocazione” (v. pag. 24-25 della domanda di concordato preventivo, trascritto a pag. 13-14 della memoria del controricorrente); il 14 marzo 2012 il Tribunale di Genova aprì la procedura di concordato preventivo e nominò commissario giudiziale il Dott. Ab.Ma., il quale ascoltò gli ex amministratori di Vancini, compreso il direttore commerciale P.H. (già amministratore di Vancini e poi di XX) sollevando, tra l’altro, alcune perplessità sulla vendita del capannone a Uniform5; il 29 maggio 2012 la Vancini depositò integrazione L. Fall., ex art. 175, chiarendo che il prezzo ricavato dalla vendita del ramo di azienda era stato utilizzato per il rientro dell’esposizione debitoria verso banche, fisco, enti previdenziali, fornitori; successivamente, la Vancini rinunciò alla domanda e il tribunale con decreto del 6 luglio 2012 dichiarò chiusa la procedura di concordato preventivo; il 21 settembre 2012 il MISE pose la Vancini in Liquidazione coatta amministrativa nominando Commissario Liquidatore l’ex attestatore Dott. G.E.; questi comunicò a XX, ai sensi della c. Fall., Emilio, che il suo credito ammontava ad Euro 342.436,08; XX replicò in data 12 dicembre 2012 che in realtà il credito ammontava ad Euro 486.635,40 allegando fatture e documenti; tuttavia, in data 21 novembre 2013 il Commissario Liquidatore depositò lo stato passivo della Vancini nel quale il credito di XX figurava non ammesso “per mancata prova dello stesso” (di qui la sorpresa e i dubbi sulla sua terzietà manifestati a pag. 16 del controricorso); il 27 novembre 2013 lo stesso Commissario Liquidatore comunicò a XX il proprio recesso anticipato dal contratto di locazione L. Fall., ex art. 80, poiché, a seguito della cessione del ramo d’azienda, la cessionaria dell’azienda Uniform5 ad ottobre 2013 si era trasferita altrove, liberando il capannone oggetto di sublocazione.
1.1. La XX propose opposizione allo stato passivo L. Fall., ex art. 99, chiedendo l’ammissione in via chirografaria di un credito di circa quattrocentomila Euro (a titolo di forniture commerciali e cessione di crediti vantati da Vestiwork verso Vancini) e in prededuzione con privilegio ex art. 2764 c.c. e art. 2758 c.c., comma 2, del credito di Euro 112.752,64 per canoni di locazione dalla data di apertura della L.C.A. (ottobre 2012) al recesso del Commissario liquidatore G.E. (novembre 2013), nonché di Euro 390.000,00 per anticipato recesso (ex art. 6 contratto di locazione).
1.2. Nel costituirsi in giudizio con il ministero dell’avv. G.P. (fratello del Commissario liquidatore G.E., che lo avrebbe nominato anche per “seguire tutte le cause pendenti di Vancini”, come si legge a pag. 18 del controricorso) la Vancini in L.C.A. sollevò per la prima volta eccezione di inopponibilità del contratto di locazione per mancanza di data certa anteriore alla procedura e propose, in subordine: l’eccezione di compensazione con il controcredito di Euro 97.500,00 vantato a titolo di deposito cauzionale; l’eccezione di ricalcolo ad Euro 110.110,00 dei canoni dovuti; l’eccezione riconvenzionale di annullabilità del contratto di locazione ex art. 1395 c.c., in quanto concluso con sé stesso da P.H., ritenuto amministratore di fatto di Vancini ed XX, alla luce delle dichiarazioni delle ex-amministratrici e dei dipendenti D. e Dr. raccolte contestualmente e verbalizzate dal Commissario liquidatore secondo modalità ritenute illegittime e perciò contestate dall’opponente (v. pag. 40 del controricorso), chiedendo l’ammissione di n. 32 capitoli di prova testimoniale (riportati a pag. 27-31 del ricorso).
1.3. La XX chiese ed ottenne termine per replicare sul nuovo thema decidendum e con memoria autorizzata del 16 maggio 2014 produsse ulteriori documenti – tra i quali il doc. 81-bis, ossia lo stesso contratto di locazione del 9 marzo 2010 già prodotto con il ricorso L. Fall., ex art. 99, ma munito della prova della registrazione effettuata dalla stessa Vancini presso l’Agenzia delle entrate di Asti in data 08/04/2010 (n. 120 servizio Entratel) – e articolò a sua volta n. 29 capitoli di prova contraria sul ruolo di amministratore di fatto del P. (v. pag. 51-56 del ricorso), eccependo l’incapacità ex art. 246 c.p.c. dei testi indicati da parte opposta, in quanto tutti interessati (non senza sottolineare come i crediti da essi vantati fossero stati integralmente ammessi al passivo senza alcuna contestazione del Commissario liquidatore G.E., nonostante egli stesso avesse allegato che gli amministratori si erano fatti supinamente dirigere dal preteso amministratore di fatto e i sindaci nulla avevano rilevato: v. pag. 38, nt. 12 del controricorso).
1.4. Con il decreto impugnato, il Tribunale di Genova ha dichiarato inammissibili alcune domande nuove (cessione di crediti e penale per il recesso dal rapporto locatizio), ha respinto l’opposizione con riguardo ai crediti chirografari di circa quattrocentomila Euro a titolo di forniture e prestazioni di servizi (per mancanza di data certa opponibile alla procedura nei documenti prodotti oltre che di prova dell’effettivo svolgimento delle prestazioni) e l’ha accolta parzialmente con riguardo al credito prededucibile locatizio, ammesso limitatamente ad Euro 12.610,00 (previo ricalcolo dell’entità dei canoni in Euro 110.110,00 e accoglimento dell’eccezione di compensazione con il controcredito per deposito cauzionale di Euro 97.500,00), compensando integralmente le spese.
1.5. Per quanto rileva in questa sede, con riferimento al credito locatizio prededucibile il tribunale ha rigettato l’eccezione di mancanza di data certa ex art. 2704 c.c., del contratto di locazione (perciò ritenuto opponibile alla procedura di L.C.A.) sul duplice rilievo che “la produzione della prova della registrazione del contratto medesimo è stata effettuata dall’opponente in uno con la memoria autorizzata del 16.5.2014” e che, inoltre, “l’esistenza di detto contratto era nota anche in precedenza, alla luce di quanto emerso nella fase del concordato preventivo”. Ha altresì rigettato l’eccezione riconvenzionale di “annullabilità del contratto di locazione per conflitto di interessi” ritenendo che “non ricorrano gli estremi del contratto con sé stesso” e che “quanto dedotto da parte opposta in merito all’annullabilità del contratto non sia stato provato (essendo emerso, per contro, che l’importo relativo alla vendita dell’immobile è stato regolarmente incassato dalla Vancini la quale ha poi continuato ad usufruire del bene prendendolo in locazione)”.
2. Avverso tale decreto la Vancini ha proposto ricorso per cassazione articolato su 17 motivi, corredato da memoria, cui la XX si è limitata a resistere con controricorso, dichiarando di aver rinunciato a proporre ricorso incidentale per i crediti non ammessi nella consapevolezza dell’insufficienza delle risorse della procedura (assottigliatesi anche a causa del “proliferare delle spese in prededuzione”, come si lamenta a pag. 19 del controricorso).
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo si deduce “violazione dell’art. 112 c.p.c. – nullità del decreto per omessa pronuncia sull’eccezione della Procedura di inammissibilità per tardività della produzione di XX Company 81 bis a corredo della memoria integrativa del 16.5.2014 costituita da “copia contratto di locazione anno 2010/ serie 3T n. 120 registrato tramite entratel al n. 120 in data 10.4.2010"” (art. 360 c.p.c., n. 4).
2.2. In via alternativa, per il caso in cui si ravvisasse una pronuncia implicita di rigetto dell’eccezione predetta, il secondo mezzo lamenta “omessa motivazione, omesso esame del fatto decisivo e oggetto di discussione integrato dall’eccezione della Procedura di inammissibilità per tardività della produzione di XX Company 81 bis a corredo della memoria integrativa del 16.5.2014 costituita da “copia contratto di locazione anno 2010/ serie 3T n. 120 registrato tramite entratel al n. 120 in data 10.4.2010"” (art. 360 c.p.c., n. 5).
2.3. In via subordinata, con il terzo motivo si denuncia la “nullità del decreto per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c.” (art. 360 c.p.c., n. 4) stante l’inesistenza della motivazione sull’ipotetico rigetto implicito della predetta eccezione di tardività.
2.4. Il quarto mezzo censura la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4), richiamato dalla L. Fall., art. 209 (art. 360 c.p.c., n. 3) perché l’opponibilità alla procedura del contratto di locazione de quo sarebbe “fondata – esclusivamente – su un documento prodotto non a corredo del ricorso” e dunque inammissibile ai sensi del combinato disposto delle norme indicate, che richiede l’indicazione specifica dei documenti prodotti a pena di decadenza.
2.5. Il quinto motivo si duole della “omessa motivazione su fatto decisivo e controverso” (art. 360 c.p.c., n. 5) poiché l’affermata opponibilità del contratto di locazione, in quanto munito di data certa anteriore, sarebbe “fondata, esclusivamente, su una prova documentale inutilizzabile” in quanto prodotta dopo il termine decadenziale di cui alla L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4).
2.6. Con il sesto mezzo si lamenta “omessa motivazione, motivazione apparente ovvero perplessa e obbiettivamente incomprensibile” (art. 360 c.p.c., n. 5) avuto riguardo alla seconda ratio decidendi per cui “l’esistenza di detto contratto era nota anche in precedenza, alla luce di quanto emerso nella fase del concordato preventivo”; affermazione, questa, ritenuta “del tutto inidonea a costituire ratio decidendi (alternativa e concorrente rispetto a quella censurata con i motivi che precedono)” in quanto “generica, apodittica, disancorata dalla fattispecie concreta e, comunque, assolutamente sprovvista di riferimenti specifici e puntuali al rapporto in contestazione” ovvero integrante, in alternativa, “una fattispecie di motivazione apparente”.
2.7. Il settimo mezzo, proposto in alternativa al sesto, deduce la “nullità del decreto per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c.” (art. 360 c.p.c., n. 4), risultando la motivazione inesistente perché priva di una ratio decidendi e di specifici riferimenti agli atti di causa.
2.8. L’ottavo motivo denuncia, in subordine rispetto ai due precedenti, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per violazione del principio dispositivo, in quanto la decisione non sarebbe stata assunta né sulla base di prove proposte dalle parti né su fatti non contestati o notori.
2.9. In ulteriore subordine rispetto ai tre precedenti motivi, il nono deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 99, richiamato dalla L. Fall., art. 209, per il caso in cui l’affermazione “l’esistenza di detto contratto era nota anche in precedenza, alla luce di quanto emerso nella fase del concordato preventivo” fosse riferita alla “”copia della relazione redatta dal commissario giudiziale Dott. Ab. nella fase relativa al concordato” di cui il Tribunale ha disposto acquisizione d’ufficio con provvedimento reso all’udienza del 22.5.2014 e ribadito alla successiva udienza del 10.7.2014", trattandosi di documento che non sarebbe “mai stato acquisito” e di cui “il tribunale non avrebbe potuto disporre d’ufficio l’acquisizione”, tanto più che solo con memoria autorizzata la XX Company aveva proposto istanza di acquisizione riguardante altri documenti.
2.10. In subordine rispetto al nono mezzo, il decimo si duole della omessa motivazione “ai sensi dell’art. 360 c.pc.., comma 1, n. 5”, poiché, nell’ipotesi in cui il tribunale avesse inteso riferirsi alla relazione redatta dal commissario giudiziale Dott. Ab., la motivazione risulterebbe fondata una prova nulla, trattandosi di relazione mai materialmente acquisita al fascicolo d’ufficio.
2.11. Con riguardo alla stessa “denegata ipotesi”, l’undicesimo motivo prospetta ancora una volta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per violazione del principio dispositivo come denunziata con l’ottavo.
2.12. Il dodicesimo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c. “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto il tribunale avrebbe dovuto individuare un “fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento” in questione, e non potrebbero integrare questo “fatto” i documenti prodotti con il ricorso L. Fall., ex art. 99, perché a loro volta mancanti di data certa e di sottoscrizione, provenienti da terzi e quindi caratterizzati da “giuridica inesistenza”; né il tribunale avrebbe fatto ricorso a meccanismi presuntivi, che sarebbero comunque preclusi dall’art. 2729 c.c., trattandosi di locazione ultranovennale per la quale è richiesta la forma scritta a pena di nullità ex art. 1350 c.c..
2.13. Il tredicesimo mezzo denuncia la omessa motivazione “ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, per non avere il tribunale indicato (come “fatto equipollente”) quale dei documenti prodotti dall’opponente fosse idoneo a stabilire la data certa, né esplicitato quale sarebbe il “fatto noto” ai fini di un eventuale meccanismo presuntivo ex art. 2729 c.c..
2.14. Il quattordicesimo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., poiché, anche a ritenere che il tribunale abbia fatto ricorso al meccanismo presuntivo, mancherebbe completamente l’enunciazione del “fatto noto”, il quale non potrebbe essere costituito semplicemente dalla “fase del concordato”, ferma restando la mancanza dei requisiti di precisione e concordanza rispetto a quest’unica (ipotetica) inferenza.
2.15. Il quindicesimo mezzo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729,2725 e 1350 c.c., poiché, trattandosi di contratto di locazione ultranovennale, esso doveva avere forma scritta a pena di nullità ex art. 1350 c.c., comma 1, n. 8); inoltre, l’art. 2725 c.c., comma 2, che vieta in tal caso il ricorso alla prova testimoniale, è richiamato dall’art. 2729 c.c., comma 2, non potendosi perciò ammettere che la prova della data certa del contratto di locazione sia tratta da elementi presuntivi.
2.16. Con il sedicesimo motivo si denuncia “omessa motivazione, ovvero motivazione apparente, ovvero motivazione perplessa e obbiettivamente incomprensibile – omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti” (art. 360 c.p.c., n. 5): il tribunale avrebbe apoditticamente respinto per mancanza di prova l’eccezione di annullamento del contratto di locazione concluso dal Dott. P.H., all’epoca “unico amministratore, di fatto, di Vancini e di XX Company” – nonostante la procedura opposta avesse prodotto le dichiarazioni scritte degli ex amministratori e dipendenti e richiesto (inutilmente) l’ammissione di prova testimoniale – al tempo stesso adducendo l’assenza di pregiudizio in capo alla Vancini, però rilevante solo ai fini dell’art. 1394 c.c. (contratto concluso in conflitto di interessi) e non anche dell’art. 1395 c.c. (contratto concluso dal rappresentante con sé stesso); l’esclusione dell’ipotesi del contratto con sé stesso sarebbe poi sguarnita di qualsivoglia motivazione.
2.17. L’ultimo motivo prospetta la “nullità del decreto per violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c.” (art. 360 c.p.c., n. 4), stante l’assenza di motivazione e la mancanza del benché minimo cenno al fatto decisivo che all’epoca della conclusione del contratto di locazione il P. rivestisse il ruolo di unico amministratore, di fatto, delle due società contraenti.
3. Tutti i motivi proposti non sono meritevoli di accoglimento.
4. Il primo motivo è inammissibile poiché, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il vizio di omissione di pronuncia, ex art. 112 c.p.c., attiene solo al mancato esame delle domande o eccezioni di merito e non anche delle questioni processuali (Cass. 1701/2009, 22083/2013, 1876/2018, 25154/2018, 10422/2019), che non può pertanto assurgere a causa di nullità del provvedimento, essendo la Cassazione giudice del fatto processuale (cfr. Cass. 6174/2018, 321/2016, 7519/2014, 22083/2013, 4513/2009, 3667/2006, 10073/2003, 14670/2001, 588/1999, 5482/1997).
4.1. Per analoghe ragioni è inammissibile il terzo motivo; invero, in tema di errores in procedendo non è consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di cassazione accertare, attraverso l’esame diretto degli atti, se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, indipendentemente dall’esistenza ovvero dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass. 22952/2015).
5. L’inammissibilità del secondo motivo deriva invece dal rilievo che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come riformulato del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modifiche dalla L. n. 134 del 2012) rende denunziabile per cassazione il vizio specifico dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (che sia beninteso controverso e decisivo per il giudizio), da intendersi riferito a un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non anche a eccezioni, deduzioni difensive o argomentazioni della parte (Cass. 26305/2018, 14802/2017), essendo perciò inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 22397/2019).
6. Il quarto motivo è infondato, con assorbimento del quinto.
6.1. Entrambi sono diretti a censurare la ratio decidendi per cui “la produzione della prova della registrazione del contratto” di locazione per cui è causa “e’ stata effettuata dall’opponente in uno con la memoria autorizzata del 16.5.2014”.
6.2. Dagli atti di causa risulta pacifico che: il Commissario Liquidatore della Vancini in L.C.A., Dott. G.E., era subentrato nel contratto di locazione (che peraltro conosceva benissimo, avendo in precedenza svolto le funzioni di attestatore del piano di concordato preventivo della stessa società, di cui la locazione dell’immobile e la sublocazione all’affittuaria del ramo d’azienda rappresentavano elementi fondamentali); ciononostante, in sede di opposizione allo stato passivo sollevò l’eccezione (nuova) di mancanza di data certa del contratto; di conseguenza il creditore opponente XX, che aveva già prodotto il contratto e indicato gli estremi della sua registrazione, nel termine concesso dal tribunale produsse anche la copia del medesimo contratto munita della registrazione (alla quale aveva invero provveduto la stessa Vancini). Orbene, una produzione di tal fatta non è inutilizzabile per violazione del termine decadenziale di cui alla L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4), (richiamato dalla L. Fall., art. 209).
6.3. Invero, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il riesame a cognizione piena del risultato della cognizione sommaria, che caratterizza la fase precedente di verifica, esclude l’immutazione del thema disputandum e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela (o liquidatela), senza tuttavia comprimerne il diritto di difesa, restando consentita la formulazione di eccezioni non sollevate nella fase precedente; in altri termini, nonostante la natura impugnatoria del giudizio, non opera la preclusione in materia di ius novorum ex art. 345 c.p.c., con riguardo alle eccezioni proponibili dal curatore o dal commissario liquidatore (Cass. 21490/2020, 27940/2020).
6.4. A fronte di questa possibilità della procedura opposta di introdurre eccezioni nuove, il rispetto del principio del contraddittorio esige – solo in relazione ai contenuti e termini delle stesse – che sia specularmente concesso termine all’opponente per dispiegare le proprie difese e produrre la documentazione probatoria idonea a supportarle (Cass. 22386/2019).
6.5. Su tali basi risulta quindi corretta la decisione del tribunale di consentire la produzione della prova della già allegata registrazione del contratto e, su quella base, di accertare l’opponibilità dello stesso alla procedura, in quanto munito di data certa anteriore.
7. Rispetto a tale ratio decidendi – che, per quanto estremamente sintetica, risulta comunque chiara – il successivo rilievo per cui “l’esistenza di detto contratto era nota anche in precedenza, alla luce di quanto emerso nella fase del concordato preventivo”, integra evidentemente una mera ratio svolta ulteriormente ad abundantiam, con conseguente assorbimento di tutte le censure veicolate con i motivi da 6 a 15.
7.1. D’altro canto, questa seconda ratio decidendi – per cui l’anteriorità del contratto di locazione emergeva anche dai plurimi riferimenti che ad esso si facevano negli atti e documenti relativi alla pregressa procedura di concordato preventivo, il cui svolgimento in data certa anteriore era fuori di dubbio – risulta in linea (sia pure nella sua ellitticità) con l’insegnamento di questa Corte, in base al quale “nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la parte che contesti la mancata ammissione del proprio credito al passivo fallimentare deve dimostrare la data certa anteriore del contratto ad esso relativo, ma il giudice non è vincolato dai fatti a tal fine allegati, ben potendo attribuire rilievo a fatti diversi, comunque risultanti dagli atti di causa, in applicazione del principio di acquisizione processuale, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzata ai fini della decisione, indipendentemente dalla sua provenienza” (Cass. 23490/2020).
8. Vanno infine disattesi gli ultimi due motivi, che aggrediscono la motivazione del rigetto dell’eccezione subordinata di annullabilità del contratto.
8.1. Al riguardo il tribunale, dopo aver premesso a pag. 2 del decreto impugnato che il Commissario liquidatore della Vancini ha “eccepito l’annullabilità del contratto di locazione per conflitto di interessi”, ha ritenuto, per un verso, che “non ricorrono gli estremi del contratto con se stesso” e, per altro verso, “che quanto dedotto da parte opposta in merito all’annullabilità del contratto non sia stato provato (essendo emerso, per contro, che l’importo relativo alla vendita dell’immobile è stato regolarmente incassato dalla Vancini la quale ha poi continuato ad usufruire del bene prendendolo in locazione” (v. pag. 2 decreto).
8.2. Il ricorrente non censura quest’ultima statuizione, diretta ad escludere la sussistenza del conflitto di interessi ex art. 1394 c.c., peraltro in conformità con la giurisprudenza di questa Corte per cui l’esistenza di un conflitto d’interessi tra due società, ai fini dell’annullabilità del contratto (e segnatamente della fideiussione prestata da una società in favore di un’altra il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima) non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, le due società contraenti (Cass. 29475/2017; cfr. Cass. 10103/2019, 27547/2014).
8.3. La censura è invece rivolta contro l’esclusione dei presupposti della figura del contratto concluso dal rappresentante con se stesso, nella quale in effetti l’annullabilità sussiste anche quando dal contratto non sia derivato danno al rappresentato (Cass. 4143/2012), poiché l’art. 1395 c.c., contiene una presunzione iuris tantum di conflitto di interessi, che è onere dello stesso rappresentante superare mediante la dimostrazione di una delle due condizioni ivi tassativamente previste in via alternativa, vale a dire la predeterminazione del contenuto di tale contratto da parte del rappresentato o l’autorizzazione specifica di quest’ultimo, la quale può considerarsi idonea ove sia accompagnata dalla puntuale indicazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo (Cass. 29959/2019).
8.4. In altri termini, la predeterminazione del contenuto del contratto e la specifica autorizzazione del rappresentato sono elementi richiesti unicamente dall’art. 1395 c.c., per la validità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso – quali cautele previste in via alternativa dal legislatore per superare la presunzione legale circa l’esistenza connaturale, in tal caso, del conflitto medesimo, attesa l’identità tra la persona del rappresentante e dell’altro contraente – mentre non rilevano, come detto, ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, ex art. 1394 c.c. (Cass. 2529/2017, 19229/2013).
8.5. Orbene, nel caso di specie è pacifico che il contratto de quo non sia stato concluso da due società aventi come amministratore unico la medesima persona fisica (come invece nella fattispecie decisa da Cass. 63/1985), in quanto, all’epoca dei fatti, la Vicini era amministrata da un Consiglio di amministrazione (presidente F., consiglieri A. e Al.) e la XX da un amministratore unico ( Be.); ma soprattutto risulta dagli atti di causa che l’operazione relativa al contratto di locazione del 9 marzo 2010 fu, per quanto concerne la Vancini, deliberata dal C.d.A. dell’11 gennaio 2010 (alla presenza del segretario D. e con la partecipazione dei sindaci I. e B.) e, per quanto riguarda la XX, adottata dall’assemblea dei soci (sia pure su suggerimento dell’amministratore unico, nonché socio, Be.: cfr. doc. 92 indicato a pag. 47 del controricorso). Di conseguenza, l’affermata insussistenza degli estremi del contratto con se stesso si fonda evidentemente – anche se implicitamente – non solo sull’esistenza (nella Vancini) di un consiglio di amministrazione, ma anche (e soprattutto) sulla ricorrenza, da ambo le parti, delle ipotesi di predeterminazione del contenuto del contratto, o comunque di specifica autorizzazione del rappresentato, idonee ex lege a superare la presunzione legale di conflitto di interessi derivante dalla pretesa “identità sostanziale” dei due contraenti.
8.6. A fronte di tali acquisizioni, è comprensibile che il tribunale non abbia motivato espressamente – stante la sua superfluità sulla mancata ammissione della corposa prova per testi articolata dalla procedura opposta (trascritta da pag. 27 a pag. 31 del ricorso), volta a suffragare l’assunto che, all’epoca del contratto (9 marzo 2010), le due società contraenti avessero in realtà un medesimo amministratore di fatto, il Dott. P.H. (“già amministratore di diritto fino al 2007 e, poi, preteso dirigente, di Vancini, come si evince dalla visura e dal contratto di assunzione e lettera di licenziamento del 29.9.2011 (…) nonché amministratore di XX Company fino all’ottobre 2002, come si evince dalla visura (…), il quale concentrava nella propria persona il potere deliberativo di entrambe le società”, come si legge a pag. 18-19 del ricorso), tanto più che chiamati a rendere una simile testimonianza (sostanzialmente auto-esonerativa di ogni responsabilità) erano proprio i diretti protagonisti della complessa vicenda ( Be., F., A., Al., D., Dr.); di qui anche le contestazioni mosse da parte opponente sulla loro incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c., oltre che sulla inutilizzabilità delle loro dichiarazioni irregolarmente raccolte dal Commissario liquidatore in data 17 dicembre 2012 (v. pag. 50 e ss. del controricorso).
8.7. Per non dire poi che, a norma dell’art. 1444 c.c., comma 2, il contratto annullabile “e’ pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità” e, nel caso di specie, lo stesso Commissario liquidatore, che ben conosceva l’intera vicenda anche per il ruolo precedentemente rivestito di attestatore del concordato preventivo della Vicini, è in effetti subentrato nel contratto di locazione stipulato con la XX e nel contratto di affitto di ramo di azienda e sublocazione del capannone di *****, continuando a percepire i canoni di affitto del ramo di azienda, comprensivi del corrispettivo della sublocazione (senza però versare i canoni di locazione a XX, come dedotto a pag. 17 del controricorso).
8.8. Da ultimo va richiamato il granitico insegnamento di questa Corte per cui la valutazione delle prove raccolte (ivi comprese quelle presuntive) costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché esula dal vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato, a norma dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale istruttorio, mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del suddetto vizio non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nel provvedimento impugnato, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (ex plurimis, da ultimo, Cass. 20553/2021).
9. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, liquidate in dispositivo.
10. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto (Cass. Sez. U., 20867/2020 e 4315/2020).
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021