Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.40410 del 16/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31857-2019 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., – Società con socio unico, soggetta all’attività

di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO TOSI;

– ricorrente –

contro

G.A., V.A., P.A., tutti domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCA QUADRIO, VALENTINA CIVITELLI, ALBA CHIARA ELENA CIVITELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 795/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/06/2019 R.G.N. 687/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/10/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza n. 795/2019 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia resa dal Tribunale della stessa sede che, in accoglimento della domanda proposta dai lavoratori in epigrafe indicati avverso la società convenuta, aveva dichiarato la nullità dell’art. 18, comma 7 CCNL 16.4.2003 e art. 7 dell’Accordo 1.3.2006, nella parte in cui gli stessi escludevano il computo dell’intero periodo di apprendistato ai fini degli aumenti periodici di anzianità ed aveva accertato il diritto dei dipendenti all’integrale riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata durante tale arco temporale nel computo dei predetti incrementi retributivi, con condanna di parte datoriale a riconoscere il diritto alla maturazione del primo scatto di anzianità decorsi i primi 24 mesi di servizio e a corrispondere le relative differenze retributive.

2. I giudici di seconde cure, richiamando dei precedenti specifici della stessa Corte in cause analoghe, hanno precisato che: a) la L. n. 25 del 1955, art. 19 era venuta meno soltanto in data successiva alla stipulazione dei contratti per cui è causa, per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, comma 6; b) in senso contrario non rilevava la delega alle parti sociali, prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49 che non incideva sul riconoscimento dell’anzianità di servizio con la conseguente illegittimità della disposizione della contrattazione collettiva che disciplinava tale aspetto; c) il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 47, comma 3 prevedeva espressamente che, in attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del decreto continuava ad applicarsi la normativa in materia; d) parimenti la L. n. 25 del 1955, art. 19 non poteva ritenersi abrogato dalla L. n. 196 del 1997, art. 16 che aveva inciso solo sugli artt. 6 e 7 del testo normativo; e) all’art. 19 citato doveva riconoscersi il carattere di norma imperativa; f) alcuna significativa differenza terminologica, quanto agli effetti, era da ravvisarsi nella locuzione “e’ considerato utile” inserita nella L. n. 25 del 1955, art. 19 e l’espressione “e’ computato” contenuta nel D.L. n. 726 del 1984, art. 3 avendo entrambe le diciture l’univoco significato di stabilire che la fase inziale del rapporto (instaurato con contratto di apprendistato) dovesse valere ai fini dell’anzianità di servizio in caso di prosecuzione quale ordinario rapporto di lavoro; g) la suddetta interpretazione risultava altresì conforme alla disciplina sovranazionale della materia, come interpretata dalla CGUE, in tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; h) illegittimi e nulli, pertanto, erano i punti 7 dell’Accordo Sindacale dell’1.3.2006 nonché dell’art. 18.11 del CCNL Attività Ferroviarie 16.4.2003 nella parte in cui non computavano l’intero periodo di lavoro svolto in regime di apprendistato ai fini degli aumentii periodici di anzianità.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Trenitalia spa affidato a quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori in epigrafe indicati.

4. Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:

1. Preliminarmente va evidenziato che Da questione dell’equiparazione all’anzianità ordinaria di quella maturata durante determinati periodi del rapporto di lavoro, sia pure in riferimento ad altri istituti, è già stata affrontata da questa Corte, sicché non appaiono ricorrere i presupposti per la trattazione della causa in pubblica udienza.

2. I motivi dedotti dalla ricorrente possono essere così sintetizzati:

a) violazione e falsa applicazione della L. n. 25 del 1955, art. 19D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 47,49,57 e più in generale di tutti gli artticoli D.Lgs. n. 276 del 2003, da art. 47 a art. 53 in relazione alla L. 25 del 1955, per inapplicabilità ai contratti di apprendistato in questione della L. n. 25 del 1955, per l’autonomia della nuova fattispecie di apprendistato professionalizzante, alternativa a quella previgente regolata dalla legge citata, pertanto da ritenere applicare in via residuale alle sole ipotesi di apprendistato anteriori alla nuova disciplina, incompatibile con la precedente (primo motivo);

b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49, comma 4, lett. c), e), L. n. 25 del 1955, art. 19 per incompatibilità specifica in tema di recesso, disciplinato dalla seconda norma senza previsione di conseguenze e cui connessa, in via accessoria, l’anzianità di servizio; al contrario di quella più recente, contenente specifiche disposizioni sul recesso per la nuova ed autonoma fattispecie, sostitutive, senza alcuna salvaguardia dell’anzianità, di quella anteriore, pertanto inapplicabile ai contratti di apprendistato professionalizzante in oggetto (secondo motivo);

c) violazione e falsa applicazione della L. n. 25 del 1955, art. 19 art. 12 preleggi, anche in relazione all’art. 7 dell’accordo sindacale nazionale 1 marzo 2006, per la diversa portata, da valorizzare secondo una corretta interpretazione letterale e sistematica (attenta alle significative differenze strutturali tra apprendistato, inserito in un contratto di lavoro a tempo indeterminato e contratto di formazione e lavoro, invece a termine, con evidenti riflessi sulle conseguenze giuridiche dell’inadempimento datoriale all’obbligo formativo), delle espressioni normative “considerare utile” (L. n. 25 del 1955, art. 19) e “computare” (D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 3): dovendosi intendere l’imperatività della prima norma nei limiti di una considerazione del servizio reso dal lavoratore nell’apprendistato, ai fini dell’anzianità, tale da non obliterarlo completamente e tuttavia da consentire all’autonomia collettiva di poterlo modulare: come appunto in riferimento all’accordo sindacale in questione, che ha ritenuto utile a detti fini solo una parte del periodo formativo (ventotto mesi su quarantasei), operandone una graduazione e non una sterilizzazione integrale, anche alla luce di una più attenta lettura dell’arresto (Cass. s.u. 20074/2010) richiamato dai giudici di merito (terzo motivo);

d) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 Direttiva UE 2000/78, per la sostanziale inconferenza di una discriminazione indiretta per età, nel caso di specie, in assenza di alcun fattore determinante un differente trattamento collegato all’età, con esclusione di rilevanza decisionale, ma di mero obiter dictum (quarto motivo);

3. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati.

4. Giova, in via di preliminare chiarimento, ribadire che il contratto di apprendistato, anche nel regime normativa previsto dalla L. n. 25 del 1955, si configura come rapporto di lavoro a tempo indeterminato a struttura bifasica, nel quale la prima è contraddistinta da una causa mista (aggiungendosi al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione l’elemento specializzante costituito da quello tra attività lavorativa e formazione professionale), mentre la seconda, soltanto residuale, perché condizionata al mancato recesso ai sensi dell’art. 2118 c.c., consiste nella trasformazione del rapporto in uno tipico di lavoro subordinato: con la conseguenza che, in caso di licenziamento intervenuto nel corso del periodo di formazione, è inapplicabile la disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a tempo determinato (Cass. 3 febbraio 2020, n. 2365, in riferimento ad un’assunzione del 22 marzo 2005, con contratto di apprendistato della durata di trenta mesi; nel solco di Cass. 14 agosto 2017, n. 20103, p.ti da 5.1. a 5.3. in motivazione; Cass. 19 settembre 2016, n. 18309).

5. Una tale modulazione bifasica del rapporto, lungi dall’essere incompatibile con la più articolata configurazione delle nuove forme di apprendistato compendiate nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 47, comma 1, lett. a), b), c) (applicabile ratione temporis), è stata anzi ritenuta, siccome in essi ricorrente, nel contratto di apprendistato professionalizzante, stipulato ai sensi dell’art. 49 D.Lgs. cit. (Cass. 3 agosto 2020, n. 16595) e così pure di formazione e lavoro (Cass. 26 gennaio 2015, n. 1324) e di inserimento (Cass. 25 settembre 2018, n. 22687; Cass. 4 marzo 2020, n. 6094, p.to 12. in motivazione).

6. Non può allora dubitarsi, come meglio anche infra, della vigenza della L. n. 25 del 1955, art. 19 (che recita: “Qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta a norma dell’art. 2118 c.c., l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore”) fino all’abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, comma 6.

7. Al riguardo e’, infatti, irrilevante la “delega” conferita alle parti sociali dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49 in quanto specificamente limitata alla “durata” del contratto di apprendistato professionalizzante (comma 3) e, “fino all’approvazione della legge regionale prevista” allo scopo, alla “regolamentazione dei profili formativi” rimessi alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano (comma 5 e quinto-bis): sicché, è evidente che la contrattazione collettiva, investita di una funzione precariamente sostitutiva del legislatore regionale, non possa esorbitare dal perimetro ad esso devoluto, di regolamentazione dei profili formativi del contratto di apprendistato.

8. Giova in proposito rammentare la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile”, a norma dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), cui pertiene la disciplina del rapporto di lavoro e invece concorrente dello Stato e delle Regioni in materia di “istruzione” (ferma la legislazione esclusiva dello Stato in materia di “norme generali sull’istruzione”: art. 117 Cost., comma 2, lett. n)), “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e formazione professionale” (art. 117, comma 3).

9. D’altro canto, quando il legislatore ha inteso delegare alla disciplina contrattuale l’intera materia dell’apprendistato, come con il D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 2, comma 1 (“La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi: a)… m)… “), in attuazione della delega conferita dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 30 (“Il Governo è delegato ad adottare… garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale… n), si è ben diversamente e inequivocamente espresso.

10. Non si può poi ignorare come questa Corte, in un’attenta ricostruzione del quadro normativo regolante la disciplina dell’apprendistato, abbia già ritenuto: “Per completezza di ricostruzione… che lo stesso D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 47, comma 3 ha previsto che in attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato restasse in vigore la disciplina dell’apprendistato dettata dalla L. n. 25 del 1955 come modificata dalla L. n. 196 del 1997. Ancora, va sottolineato che la L. n. 25 del 1955, art. 19 abrogato con l’intera legge solo con il citato D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, comma 6 e dunque applicabile al caso in esame, prevede che “qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta a norma dell’art. 2118 c.c. l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore”.” (Cass. 14 agosto 2017, n. 20103, p.to 5.1. motivazione).

11. Quanto poi alle locuzioni normative, con le quali il legislatore ha designato la rilevanza del periodo formativo in funzione dell’anzianità di servizio (“computato” in essa: D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 3, commi 5 e 12; “considerato utile”: L. n. 25 del 1955, art. 19), si tratta di espressioni assolutamente equivalenti.

12. Ciò è stato pure affermato da un autorevole arresto di questa Corte, che, dopo avere specificamente indicato tra le “plurime… norme che fanno (o hanno fatto) salva la computabilità di certi periodi nell’anzianità di servizio… la L. 19 gennaio 1955, n. 55, art. 19 (recante la disciplina dell’apprendistato), che prevede che, qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta, l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore”, ha ben chiarito che “e’ vero che gli scatti di anzianità costituiscono un istituto giuridico di fonte esclusivamente contrattuale collettiva; ma l’equiparazione posta dalla legge (periodo di formazione e lavoro = periodo di lavoro ordinario), in quanto formulata in termini generali ed assoluti, non è derogabile dalla contrattazione collettiva”; sicché, “Il contratto collettivo potrebbe non prevedere affatto l’istituto degli scatti di anzianità, come anche lo può prevedere articolando nel modo più vario la progressione di tali aumenti retributivi automatici, ma non può escludere dal computo dell’anzianità di servizio, a tal fine, il pregresso periodo di formazione e lavoro. L’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione” (Cass. s.u. 23 settembre 2010, n. 20074, p.ti 11 e 12 in motivazione).

13. Ben si comprende allora che una diversa interpretazione integrerebbe una “discriminazione vietata, come si desume dalla pronuncia della Corte di giustizia del 18 giugno 2009, n. C-88/08, che, seppure sotto il profilo della discriminazione per l’età, ha ritenuto contrastante con gli artt. 1, 2 e 6 della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, sulla parità di trattamento in materia di lavoro, una disciplina nazionale” (nella specie, austriaca) “che, proprio al fine degli scatti di anzianità, escludeva la formazione acquisita dal lavoratore prima dei diciotto anni di età” (così: Cass. 14 settembre 2015, n. 18045, p.to 4 in motivazione); nello stesso senso, è stato ritenuto che gli artt. 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva citata debbano essere interpretati in senso ostativo ad una normativa nazionale (ancora austriaca), che, per porre fine a una discriminazione fondata sull’età, computi i periodi di servizio anteriori al compimento del diciottesimo anno di età, ma che comporti simultaneamente una norma, applicabile in realtà solo ai dipendenti vittime di tale discriminazione, che prolunga di un anno il periodo richiesto al fine dell’avanzamento in ciascuno dei primi tre scatti retributivi, mantenendo in tal modo in via definitiva una differenza di trattamento fondata sull’età (CGUE 28 gennaio 2015, in causa C-417/13, OBB Personenverkehr AG vs. Starjakob) e invece in senso non ostativo ad una normativa nazionale (sempre austriaca), che, per porre fine ad una discriminazione basata sull’età (dipendente dall’applicazione di una normativa che computi, ai fini dell’inquadramento dei lavoratori di un’impresa nella tabella salariale, solo i periodi di attività maturati dopo i diciotto anni di età), sopprima retroattivamente e nei confronti dell’insieme di tali lavoratori un simile limite di età, ma autorizzi esclusivamente il computo dell’esperienza acquisita presso imprese che operino nel medesimo settore economico (CGUE 14 marzo 2018 in causa C-482/16, Stollwitzer vs. OBB Personenverkehr AG).

14. Merita ancora sottolineare come il principio in discussione sia stato recepito anche nel comparto del lavoro pubblico, e pertanto ormai a livello di sistema complessivo, essendo stato affermato che la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 99/70/CE (relativa al principio di non discriminazione, secondo il cui comma 1, in particolare: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”), di diretta applicazione, imponga al datore di lavoro pubblico di riconoscere, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera successivi al 10 luglio 2001, l’anzianità di servizio maturata sulla base di contratti a tempo determinato, nella medesima misura prevista per il dipendente assunto ab origine a tempo indeterminato, fatta salva la ricorrenza di ragioni oggettive che giustifichino la diversità di trattamento (Cass. 16 luglio 2020, n. 15231; Cass. 19 agosto 2020, n. 17314; con operatività del principio anche nell’ipotesi in cui il rapporto a termine sia anteriore all’entrata in vigore della direttiva perché, in assenza di espressa deroga, il diritto dell’Unione si applica agli effetti futuri delle situazioni sorte nella vigenza della precedente disciplina).

15. In via conclusiva, deve essere affermata, come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale, la nullità dell’art. 18 (contratto di apprendistato), comma 7 (retribuzione base dell’apprendista) del CCNL 16 aprile 2003 e dell’art. 7, u.c. dell’accordo 1 marzo 2006 (“L’anzianità di servizio nel primo periodo della tabella al precedente punto 3 non è valida ai fini della maturazione degli aumenti periodici di anzianità”), siccome in violazione della L. n. 25 del 1955, art. 19.

16. Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza nonché raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021

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