Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.40423 del 16/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5431/2017 proposto da:

R.F., nato a ***** (C.F.: *****), ivi residente alla *****, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dall’Avv. Michele Mondelli, (C.F.: MNDMHL64C11H926S), ed elettivamente domiciliato in Roma, al Corso Trieste n. 109, presso lo studio dell’Avv. Donato Mondelli, (C.F.: MNDDNT68M05H926X);

– ricorrente –

contro

D.F.;

– intimata –

– avverso la sentenza n. 1411/2016 emessa dalla Corte d’appello di Bari in data 29/12/2016 e notificata il 02/01/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato il 22 settembre 7006 a R.F., D.F. chiedeva al Tribunale di Foggia di accertare e dichiarare che il suolo acquistato dal marito, con atto di compravendita del 21/02/1991 per notaio F., nonché il fabbricato edificato su detto suolo e l’immobile acquistato anch’esso dal marito con atto di compravendita del 17/12/1992 per notaio F., costituivano oggetto di comunione legale; chiedeva altresì ordinarsi al Conservatore dei RR.II. competente la trascrizione anche a suo favore della proprietà degli stessi, ovvero, in subordine, di condannare il convenuto al rimborso della metà del prezzo pagato per l’acquisto, nonché della metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’immobile, il tutto con vittoria di spese di lite.

La D. esponeva che, quand’anche fosse intervenuta nei citati atti di compravendita, ratificando la dichiarazione del marito di acquistare con denaro proprio, detta dichiarazione non avrebbe potuto avere valore confessorio dell’esistenza dei presupposti di fatto richiesti dall’art. 179 c.c., comma 1, lett. f), non avendo il coniuge acquirente espressamente specificato che gli immobili erano stati acquistati con denaro proveniente dal prezzo del trasferimento di beni personali, sicché gli stessi dovevano considerarsi di proprietà comune.

R.F. si costituiva, opponendosi alla domanda attorea, della quale chiedeva il rigetto, deducendone l’infondatezza.

Il Tribunale adito, con la sentenza n. 13/2014 depositata il 9 gennaio 2014, accoglieva la domanda dell’attrice, affermando che la dichiarazione contenuta negli atti di compravendita oggetto di causa non potesse avere efficacia probatoria di confessione stragiudiziale, in assenza dei presupposti di fatto indispensabili per l’esclusione dei beni dalla comunione legale, che neppure erano stati menzionati dal marito all’atto dell’acquisto.

Con atto di citazione in appello notificato alla D. il 28 luglio 2014, R.F. chiedeva la riforma della sentenza n. 13/2014. L’appellata si costituiva, resistendo al gravame, di cui chiedeva il rigetto. Con sentenza del 29.12.2016, la Corte d’appello di Bari rigettava l’appello, sulla base, delle seguenti considerazioni:

1) condivisibilmente il Tribunale aveva affermato che il regime della comunione legale dei beni, in considerazione della sua funzione pubblicistica, non è “modificabile ad nutum dal singolo coniuge, secondo l’opzione estemporanea di ciascuno di essi in relazione all’acquisto dei singoli beni.”;

2) nella fattispecie in esame, pertanto, l’esclusione dei beni dalla comunione legale non poteva dipendere sic et simpliciter dalla dichiarazione della moglie, intervenuta negli atti di compravendita, per conformare che il marito stesse acquistando con denaro proprio;

3) pertanto, perché il bene, acquistato durante il matrimonio dai coniugi in regime di comunione legale dei beni, possa ritenersi di natura personale, è necessario, da una parte, che, nell’atto di compravendita, il coniuge acquirente, ai sensi dell’art. 179 c.c., comma 1, lett. f), dichiari espressamente che l’immobile è acquistato con il prezzo del trasferimento di beni personali o col loro scambio e, dall’altra, che il coniuge non acquirente riconosca il presupposto di fatto già esistente (la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto);

4) in definitiva, la partecipazione all’otto dell’altro coniuge non acquirente, previsto dall’art. 179 c.c., comma 2, si porta come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene della comunione, occorrendo a tal fine anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate nell’art. 179 c.c., comma 1, lett. c), d) ed f);

5) nella specie, il R. non aveva provato che il prezzo degli immobili per cui era causa fosse stato pagato con denaro derivante dalla vendita di beni personali, ex art. 179 c.c., avendo egli semplicemente affermato che il suddetto acquisto era stato effettuato con i profitti dell’impresa costituita dopo il matrimonio;

6) negli atti di acquisto in questione vi era solo un generico riferimento all’art. 179 c.c., e non era, invece, presente il richiamo specifico alle lettere c), d) ed f) dell’art. 179 c.c., o meglio l’indicazione analitica della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisto degli immobili.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.F., sulla base di tre motivi.

D.F. non ha svolto difese.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’omessa motivazione su fatto decisivo ai fini della decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento all’art. 179 c.c., commi 1, lett. c), d) ed f) e comma 2 e art. 2732 c.c., per non essersi la corte territoriale pronunciata sulle sue censure rivolte con l’atto d’appello, relative alla natura ricognitiva e confessoria della dichiarazione resa dal coniuge non acquirente in sede di stipula degli atti di acquisto e per non aver rilevato la totale assenza di revoca della detta dichiarazione, che assumeva, nella specie, valore di confessione stragiudiziale ex art. 2732 c.c..

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 179 c.c., commi 1, lett. c), d) ed f) e comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte d’appello indagato sul contenuto della dichiarazione resa dal coniuge non acquirente negli atti di trasferimento ed averla, all’esito, comparata con le risultanze probatorie acquisite nel processo, non considerando la sua natura confessoria e la mancata revoca della stessa.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 179 c.c., commi 1, lett. c), d) ed f), e comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la corte di merito dato conto del percorso logico della decisione, senza considerare che la controparte non aveva mai allegato una diversa interpretazione della dichiarazione resa negli atti di compravendita né disconosciuto e/o revocato la medesima.

4. Con nota del 17 settembre 2021 il ricorrente ha rinunciato al ricorso, chiedendo la declaratoria di estinzione del processo con compensazione delle spese, non avendovi più interesse.

Tale atto risulta conforme a quanto prescritto dall’art. 390 c.p.c., sicché deve essere dichiarata l’estinzione del procedimento.

Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese del presente grado di giudizio, non avendo l’intimata svolto difese.

L’estinzione del giudizio esclude, infine, l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass. 30 settembre 2015, n. 19560; Cass. 12 ottobre 2018, n. 25485).

P.Q.M.

La Corte:

dichiara estinto il giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione tenutasi con modalità da remoto, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021

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