LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26797/2018 proposto da:
CAMERA COMMERCIO FROSINONE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO MARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ULISSE COREA, giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che lo rappresenta e difende giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 902/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/05/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Cassino, con Decreto n. 393/2009, ingiunse alla Camera di Commercio di Frosinone di pagare la somma di Euro 2.697,32 in favore dell’Avv. S.G., a titolo di compenso professionale per l’attività difensiva svolta nelle procedure esecutive immobiliari nelle quali aveva assistito la Camera di Commercio, giusto contratto di patrocinio conferitogli con Delib. Giunta Comunale 15 ottobre 1998 e conseguente procura generale alle liti conferita dal Segretario Generale con atto per Notar P. del 2.11.1998.
1.1. La Camera di Commercio di Frosinone propose opposizione, deducendo, in primo luogo, la nullità del titolo posto a fondamento dell’emissione del decreto ingiuntivo per difetto di forma scritta ad substantiam, prevista ex lege per i contratti con la pubblica amministrazione.
1.2. L’Avv. S.G. si costituì in giudizio per resistere all’opposizione.
1.3. Il Tribunale di Cassino accolse l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo, fondando la decisione sull’assenza della forma scritta del contratto di patrocinio prevista ad substantiam.
1.4. Decidendo sull’appello dell’Avv. S.G., la corte territoriale, in riforma della sentenza di primo grado, accertò la validità del contratto di patrocinio intercorso tra le parti, ritenendo che il requisito della forma scritta risultava soddisfatto dal rilascio all’Avv. S., a mezzo di atto pubblico, della procura generale alle liti ai sensi dell’art. 83 c.p.c., essendo stato fissato l’ambito delle controversie per le quali operava la procura stessa, come affermato in diverse pronunce intervenute tra le parti, sia di merito che di legittimità.
1.5. La Corte distrettuale osservò che l’Avv. S. aveva concluso distinti contratti di patrocinio in relazione alle procedure esecutive nelle quali era intervenuto per il recupero del credito della Camera di Commercio.
Non era, inoltre, ravvisabile la nullità della procura per essere stata sottoscritta dal Segretario Generale e non dal Presidente della Camera di Commercio, che ha la rappresentanza dell’ente, per essere stato l’operato dell’Avv. S. oggetto di ratifica. Tanto si evinceva dal tenore letterale delle “comparse di costituzione e di intervento a nuovo difensore”, nelle quali i nuovi difensori della Camera di Commercio, muniti di valida procura, avevano fatto riferimento alle precedenti difese dell’Avv. S., lasciando chiaramente intendere la volontà di avvalersi dei risultati sino a quale momento conseguiti grazie all’attività processuale.
1.6. La corte distrettuale rigettò anche l’eccezione di illegittimo ed abusivo frazionamento del credito da parte dell’opposto, richiamando i principi espressi dalle Sezioni Unite con sentenza n. 4090/2017 poiché, nella specie, le domande proposte dall’Avv. S. avevano ad oggetto diversi e distinti diritti di credito per quanti erano i procedimenti esecutivi nei quali era intervenuto.
2. Per la cassazione della sentenza d’appello, la Camera di Commercio di Frosinone ha proposto ricorso sulla base di due motivi.
2.1. L’Avv. S.G. ha resistito con controricorso.
2.2. Il relatore aveva formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso.
2.3.Con ordinanza interlocutoria resa pubblica in data 8.7.2020, il collegio ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
2.4. In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative.
2.5. Il Procuratore Generale, in persona della Dott.ssa Anna Maria Soldi, ha depositato requisitoria scritta ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1421 e 1418 c.c., dell’art. 112 c.p.c., nonché la violazione delle direttive Europee (2004/18/CEE e 2004/17/CE) e della normativa nazionale (D.Lgs. n. 157 del 1995, art. 3; D.Lgs. n. 406 del 1991; L. n. 109 del 1994; D.Lgs. n. 157 del 1995 e D.Lgs. n. 158 del 1995; D.Lgs. n. 163 del 2006; D.Lgs. n. 50 del 2016) in materia di contratti pubblici. Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello aveva omesso di rilevare d’ufficio la nullità del contratto di patrocinio e della procura alle liti, conferita dalla Camera di Commercio di Frosinone all’Avv. S. per violazione di norme imperative nazionali ed Eurounitarie in materia di contratti ad evidenza pubblica.
Il conferimento dell’incarico di patrocinio si sarebbe infatti perfezionato a seguito della proposta dell’Avv. S., cui aveva fatto seguito la determina dirigenziale del Segretario Generale N. 274/98, senza l’osservanza delle norme Eurounitarie (la direttiva 2004/18/CEE e 2004/17/CEE) e nazionali (il D.Lgs. n. 157 del 1995), con particolare riferimento all’omessa pubblicazione dell’avvenuta aggiudicazione (D.Lgs. n. 157 del 1995, art. 8, comma 3) ed all’obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di definire le “specifiche tecniche del servizio nei capitolati d’oneri o nei documenti contrattuali relativi a ciascun appalto (art. 20).
All’osservanza della procedura di evidenza pubblica sarebbero soggette le Camere di Commercio, che hanno natura di enti pubblici non economici, ai sensi del D.Lgs. n. 157 del 1995, art. 2.
Dal punto di vista oggettivo, il contratto di patrocinio sarebbe inquadrabile in un contratto di appalto di servizi perché avente ad oggetto non un singolo ed episodico incarico di consulenza ed assistenza, ma tutte le cause attive e passive pendenti innanzi a qualsiasi Autorità Giudiziaria per il recupero dei crediti della Camera di Commercio, come risultante dal contenuto della procura generale alle liti rilasciata in suo favore. L’ampiezza e l’omnicomprensività dell’incarico integrerebbero pertanto un contratto di appalto di sevizi e non di prestazione d’opera intellettuale.
Per tale ragione, il contratto intercorso tra la Camera di commercio e l’Avv. S. sarebbe radicalmente nullo, ai sensi dell’art. 1418 c.c., per violazione di norme imperative, anche alla luce dell’interpretazione della giurisprudenza amministrativa prevalente.
Il ricorrente chiede, inoltre, di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale relativa alla compatibilità alla Direttiva N. 92/50 del D.Lgs. n. 157 del 1995, nella misura in cui consente l’affidamento dei servizi legali da parte della Pubblica Amministrazione non preceduti dal procedimento di evidenza pubblica.
1.1. Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
1.2. Quanto alla deduzione della nullità della procura generale alle liti per notar P. del 2/11/1998, va osservato che, secondo la ricostruzione della Corte d’appello, la fonte del rapporto obbligatorio cui si ricollega la richiesta di compenso del professionista è stata rinvenuta nel singolo contratto di patrocinio, in virtù del quale l’Avv. S. era intervenuto nelle singole procedure immobiliari.
1.3. Nel rigettare l’appello proposto dalla Camera di Commercio, la Corte distrettuale ha escluso la sussistenza di un unico rapporto obbligatorio, volto all’esternalizzazione dei servizi legali dell’ente, venendo in gioco, invece, la conclusione di tanti contratti di patrocinio in distinti procedimenti esecutivi immobiliari, nei quali l’Avv. S. si era costituito depositando comparsa di intervento. Ne derivava che l’obbligazione di pagamento sorgeva nei confronti del professionista con il conferimento della procura in relazione ad ogni procedimento esecutivo, a nulla rilevando, ai fini della nullità del contratto, l’antieconomicità della prestazione o l’illiceità della causa, peraltro mai allegata dalla Camera di Commercio.
Tale principio è stato ribadito dalla Corte distrettuale anche con riferimento alla deduzione, da parte della Camera di Commercio, dell’illegittimo frazionamento del credito.
1.4. La ricostruzione del giudice d’appello – che ha accertato l’esistenza di tanti contratti per quante erano le cause affidate al professionista per il recupero dei crediti della Camera di Commercio – è stata apoditticamente contestata dal ricorrente, il quale ha riproposto la tesi del contratto unitario, sollecitando un nuovo accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità.
1.5. Peraltro, sulla validità del contratto di patrocinio si è formato il giudicato esterno, in quanto nei numerosi procedimenti intercorrenti tra le stesse parti ed aventi ad oggetto il pagamento delle prestazioni professionali per l’attività svolta per il recupero dei crediti è stato sempre riconosciuto il diritto dell’Avv. S. al compenso professionale.
1.6. Come evidenziato nell’ordinanza interlocutoria, sono intervenute numerose pronunce di questa Corte che hanno affermato la validità del contratto di patrocinio e della procura generale alle liti per notar P. del 2/11/1998 (in controricorso si indica Cass. n. 7791/2015, Cass. N. 7796/2015 cui si aggiungono altri precedenti indicati nella memoria illustrativa), rigettando i ricorsi della Camera di Camera di Commercio avverso sentenze di merito, che avevano riconosciuto il diritto dell’Avv. S. al pagamento delle prestazioni professionali tutte ricollegabili, quanto alla fonte, al contratto di patrocinio ed alla procura generale alle liti, di cui si chiede, in questa sede, la declaratoria di nullità.
1.7. Come costantemente affermato da questa Corte, l’autorità del giudicato copre il dedotto ed il deducibile, ovvero non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio, ma anche tutte quelle che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione (Cass. Civ., Sez. 11,4.3.2020, n. 6091; Cass. Civ., Sez. V, 30.10.2013, n. 24433).
1.8. Ne deriva che, qualora i due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il “petitum” del primo (Sul punto, è di estrema chiarezza Cass. n. 5486/2019).
1.9. Il principio è di portata generale ed è applicabile anche alle questioni di nullità, impedendo alle parti del rapporto processuale di proporre questioni oggetto di giudicato che costituiscano il necessario presupposto delle prime (Cass. n. 13207/2015).
1.10. Detto principio ha avuto costante applicazione, nella giurisprudenza di questa Corte, in materia di locazioni (Cass. n. 16319/2007; Cass. n. 12994/2013; Cass. n. 5801/1998) e di contratti di durata in generale, ipotesi nelle quali è stato affermato il principio secondo cui la pronuncia di condanna al pagamento d’una prestazione contrattuale presuppone necessariamente l’accertamento dell’esistenza e della validità del credito e della sua fonte.
1.11. Nell’ampia motivazione della sentenza N. 13207/2015, è stato infatti chiaramente affermato che il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, ed avente ad oggetto la condanna al pagamento di canoni di locazione, preclude all’intimato la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità della clausola contrattuale di determinazione della misura del cannone.
1.12. Tale questione resta infatti coperta dal c.d. “giudicato per implicazione discendente”.
1.13. Detto principio è stato affermato in ogni caso in cui si è trattato di stabilire se un decreto ingiuntivo di condanna all’adempimento d’una obbligazione, se non opposto, possa avere effetto di giudicato circa la validità del rapporto fonte dell’obbligazione (ex multis la Cass. 23235/2013, secondo cui il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice quando sulla validità del rapporto si sia formato il giudicato, anche implicito, come allorché il giudice di primo grado, accogliendo una domanda, abbia dimostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità).
1.14. La ricorrente, per sostenere la propria tesi difensiva sul rilievo d’ufficio della nullità, ha richiamato le pronunce delle Sezioni Unite enunciate nelle sentenze N. 26242 e N. 26243 del 2014, sul rilievo ufficioso della nullità del contratto; al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, l’accoglimento della domanda fondata su di un determinato titolo contrattuale, con sentenza passata in cosa giudicata, vale come giudicato anche quanto all’insussistenza di cause di nullità anche laddove siano dedotte cause di nullità diverse da quelle fatte valere nel processo definito con sentenza passata in giudicato.
1.15. Affermata l’intangibilità del giudicato esterno, rileva il collegio l’inammissibilità della censura relativa alla nullità del contratto per violazione di norme imperative derivanti dal mancato rispetto delle procedure di evidenza pubblica, previste dalle norme Eurounitarie (la direttiva 2004/18/CEE e 2004/17/CEE) e nazionali (il D.Lgs. n. 157 del 1995) per il contratto di appalto di servizi, basata sulla circostanza che l’attività dell’Avv. S. non fosse limitato ad un singolo ed episodico incarico di consulenza ed assistenza ma avesse ad oggetto le cause attive e passive pendenti innanzi a qualsiasi Autorità Giudiziaria, ad eccezione della Corte di Cassazione, finalizzate al recupero dei crediti della Camera di Commercio, come risultante dalla procura generale alle liti rilasciata in suo favore.
1.16. Sotto tale profilo, va osservato che il ricorrente inammissibilmente introduce per la prima volta nel giudizio di cassazione un nuovo thema decidendum (ex multis Cass. Civ., Sez. II, 30.1.2020, n. 2193; Cass. Civ., Sez. II, 6.6.2019, n. 14477) che implica ulteriori accertamenti di fatto sull’esistenza di una specifica organizzazione di natura imprenditoriale attraverso l’impiego di lavoro subordinato, tale da soddisfare in materia indifferenziata i bisogni via via emersi in relazione alla rappresentanza in giudizio o a una consulenza continuativa nel tempo (Cons. Stato Sez. V 11.5.2012 n. 2730).
1.17. Va infine evidenziato che, sulla questione relativa alla compatibilità con le norme Eurounitarie degli incarichi di patrocinio legale da parte della Pubblica Amministrazione, si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 06/06/2019, n. 264.
1.18. Con la citata pronuncia, la Corte di Lussemburgo ha osservato che, quanto ai servizi forniti da avvocati, di cui all’art. 10, lettera d), i) e ii), della direttiva 2014/24, risulta dal considerando 25 di tale direttiva che il legislatore dell’Unione ha tenuto conto del fatto che tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone designati o selezionati secondo modalità che non possono essere disciplinate dalle norme sull’aggiudicazione degli appalti pubblici vigenti in determinati Stati membri.
1.19. Le prestazioni professionali degli avvocati sono connotate, infatti, dall’intuitu personae e da rapporti, tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzati dalla massima riservatezza, incompatibili con il procedimento di evidenza pubblica.
1.20. Dette ragioni giustificano l’esigenza della libera scelta del difensore da parte del cliente e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato.
1.21. La Corte di Giustizia ha enfatizzato proprio l’aspetto della riservatezza e del diritto di difesa della Pubblica Amministrazione, che si esplica anche nella scelta del proprio difensore (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 1982, AM & 5 Europe/Commissione, 155/79, EU:C:1982:157, punto 18).
1.22. Conseguentemente, è stato affermato dalla Corte di Giustizia che l’art. 10, lettere c), d), i), ii) e v), della direttiva 2014/24/UE, nell’escludere dal regime dei contratti pubblici i servizi d’arbitrato, di conciliazione e determinati servizi di rappresentanza e consulenza legale, nonché altri servizi legali che, nello Stato membro interessato, sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri, non si pone in contrasto con i principi di parità di trattamento e sussidiarietà, nonché con gli artt. 49 e 56 TFUE.
1.22. La richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia va, pertanto, rigettata anche sotto questo ulteriore profilo.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 580 del 1993, artt. 9 e 16 e dell’art. 1399 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto valido il contratto stipulato tra la Camera di Commercio di Frosinone e l’Avvocato, nonostante la procura alle liti fosse stata rilasciata dal Segretariato Generale e non dal Presidente delle Camera di Commercio, rappresentante legale dell’Ente.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Questa Corte si è già pronunciata sulla medesima questione (tra le tante Cass. n. 28753/2018) in procedimenti tra le medesime parti aventi ad oggetto identico motivo di ricorso ed ha stabilito che la disciplina del negozio concluso da un rappresentante senza poteri si applica anche alla rappresentanza organica degli enti pubblici, poiché l’organo competente ad esprimere la volontà dell’ente può procedere alla ratifica del contratto sottoscritto dal falsus procurator, per la quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di un contratto della P.A. Detta ratifica non deve necessariamente risultare da un atto che manifesti espressamente la volontà del dominus, potendo desumersi implicitamente da altro atto, redatto per iscritto, che esprima in modo inequivoco una volontà incompatibile con quella di rifiutare l’operato del rappresentante senza potere, da valutarsi in base ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da idonea motivazione.
2.3. Nel caso in esame, come argomentato da questa Corte nel precedente citato, a fronte della proposta dell’Avv. S., il Segretario Generale investì la Giunta – per il tramite del Presidente – affinché adottasse idonea Delibera e la Giunta approvò la proposta ritenendola valida e conveniente. In questi termini, l’organo deputato ad esprimere la volontà dell’ente, ebbe debitamente a pronunciarsi.
2.4. Quanto alla questione concernente il “difetto in capo al Segretario Generale – firmatario dell’atto di conferimento all’avv. S. della procura generale ad lites – del potere di rappresentanza all’esterno dell’Ente”, in primo luogo, non è stata oggetto di specifica censura l’affermazione della corte di merito secondo cui la validità della procura dalla Camera di Commercio di Frosinone, conferita al nuovo difensore, ha costituito ratifica del conferimento d’incarico all’avvocato S. da parte del Segretario Generale, privo del potere di rappresentanza dell’ente.
2.5. In secondo luogo, la ratifica di un contratto soggetto alla forma scritta “ad substantiam”, stipulato da “falsus procurator”, non richiede che il “dominus” manifesti per iscritto espressamente la volontà di far proprio quel contratto, ma può essere anche implicita – purché sia rispettata l’esigenza della forma scritta – e risultare da un atto che, redatto per fini che sono consequenziali alla stipulazione del negozio, manifesti in modo inequivoco la volontà del “dominus” incompatibile con quella di rifiutare l’operato del rappresentante senza potere (cfr. Cass. 17.5.1999, n. 4794; in tale occasione questa Corte ha ritenuto idonea ratifica scritta del contratto concluso dal “falsus procurator” il rilascio della procura alle liti volta ad ottenere il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale; Cass. 25.10.2010, n. 21844).
2.6. Per altro verso, la disciplina del negozio concluso da un rappresentante senza poteri (art. 1399 c.c.) si applica anche alla rappresentanza organica degli enti pubblici, con la conseguenza che il contratto stipulato da un assessore regionale al di fuori dei suoi poteri – nell’ipotesi perché non autorizzato ad esprimere la volontà dell’ente – può formare oggetto di ratifica da parte dell’organo che sarebbe stato competente. Inoltre, anche in tema di formazione dei contratti della Pubblica Amministrazione, l’accertamento del giudice del merito sulla sussistenza o meno della ratifica involge un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 5.3.1993, n. 2681).
2.7. Va aggiunto che la ratifica, quale atto unilaterale ricettizio, diventa efficace nel momento in cui perviene a cognizione del soggetto che ne è destinatario, e cioè di colui – nel caso de quo dell’avvocato S. – che ha contratto con il falso rappresentante: cfr. Cass. 20.6.1973, n. 1826.
2.8.La ratifica del negozio posto in essere dal falsus procurator, per essere idonea a dare efficacia al negozio medesimo, ai sensi dell’art. 1399 c.c., non deve essere necessariamente contenuta in una dichiarazione rivolta, in via immediata e diretta, al terzo contraente, essendo sufficiente, a tal fine, che essa venga portata a conoscenza di quel terzo: cfr. Cass. 11.4.1978, n. 1697), e quindi è ravvisabile nella volontà univocamente palesata dalla Camera di Commercio di far proprio l’operato del falsus procurator, ossia il contratto di patrocinio stipulato dal Segretario Generale e dall’avvocato S., recependo – sulla scorta del valido conferimento della procura al nuovo difensore e sulla scorta delle memorie scritte di costituzione del nuovo difensore – “le richieste, domande, deduzioni e produzioni sino ad ora effettuate” nelle procedure esecutive immobiliari intraprese dal difensore revocato.
2.9. Orbene il complesso delle circostanze manifesta univocamente la volontà della Camera di Commercio di Frosinone di acquisire alla propria sfera giuridica l’operato e gli effetti dell’operato del proprio Segretario Generale, rappresentante senza potere dell’ente.
2.10. Ne’ infine può essere invocato come precedente contrario a tale conclusione il contenuto dell’ordinanza di questa Corte n. 31516/2019 che in realtà ha disatteso la questione relativa alla ratifica dell’operato del resistente, con la sanatoria dell’iniziale difetto di rappresentanza, posto che in quella circostanza è stata rilevata la novità della questione rispetto a quanto dedotto in sede di merito, novità che invece non ricorre nella fattispecie, stante la espressa decisione resa sul punto dal giudice di appello.
3. Il ricorso va, pertanto rigettato.
3.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2021