LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3765-2017 proposto da:
M.D., e C.T., rappresentati e difesi dagli Avvocati STEFANO DE FERRARI, e MONICA BUCARELLI, ed elettivamente domiciliati presso lo studio della seconda, in ROMA, VIA del TRITONE 169;
– ricorrenti –
contro
L.F., e L.A., rappresentati e difesi dagli Avvocati LAURA TRICERRI, CARLA BORACHIA, e ALESSANDRO BORACHIA, elettivamente domiciliati presso la prima in ROMA, COSSERIA 5;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 538/2016, della CORTE di APPELLO di GENOVA pubblicata il 17.05.2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione, notificato in data 18.6.2001, L.A. e L.F. convenivano in giudizio avanti il Tribunale della Spezia i coniugi M.D. e C.T. per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “Quanto a L.F.. Dichiarare che L.F. è comproprietario della striscia di terreno larga 4 mt, facente parte del mappale *****, che si estende lungo il canale; ovvero in subordine che egli ha sulla stessa una servitù di passaggio per accedere agli immobili di sua proprietà specificati in premessa; il tutto: a) in forza della riserva contenuta nell’atto C. 22.07.1954; b) e/o in forza delle clausole dell’atto di divisione del 1945 e/o in forza di destinazione del padre di famiglia e/o di usucapione e/o ex collatione agrorum privatorum. Quanto a L.A.. 2. Dichiarare che L.A. ha, sulla medesima striscia di terreno, servitù di passaggio per accedere agli immobili di sua proprietà specificati in premessa, ovvero ne è comproprietaria; il tutto per gli stessi motivi e titoli di cui sub 1b). Quanto a L.F. e L.A.. 3. Condannare i convenuti in solido ad arretrare la loro recinzione in modo da lasciare libero lo spazio di 4 mt. Lungo il canale, nonché al risarcimento dei danni. 4. Condannare i convenuti in solido alle spese di giudizio”.
I convenuti, nel costituirsi contestavano le domande altrui.
Espletata CTU e prove testimoniali, con ordinanza del 16.6.2008, la causa era rimessa in istruttoria per richiedere al CTU di determinare se e su quale parte del mappale ***** veniva (asseritamente) esercitato il passaggio.
Con sentenza n. 700/2010, il Tribunale della Spezia dichiarava che il mappale ***** foglio ***** era di proprietà dei convenuti, e più in particolare la striscia di terreno che correva parallela al canale e comunque lungo la linea di confine catastale, per la larghezza di mt. 4 e meglio individuata nell’elaborato peritale del geom. Cu., e che su di esso gravava servitù di passaggio pedonale e carrabile, convenzionalmente costituita a favore dei fondi di proprietà degli attori; condannava i convenuti a rimuovere ogni ostacolo insistente sul tracciato della predetta servitù di passaggio; rigettava la domanda risarcitoria di parte attrice; condannava i convenuti al pagamento delle spese di CTU e di quelle di lite.
Avverso la sentenza proponevano appello i soccombenti, i quali rilevavano la nullità e/o inutilizzabilità della CTU (avendo il perito utilizzato documentazione non prodotta dalle parti, ma da lui acquisita oltre il termine ex art. 184 c.p.c.), l’inesistenza della servitù di passo e, in via subordinata, il suo carattere non carrabile, e censuravano la liquidazione delle spese di giudizio.
Al gravame resistevano A. e L.F.F., chiedendo in via principale di rigettare il medesimo; in via subordinata, di dichiarare costituita per usucapione ventennale una servitù di passaggio anche veicolare; qualora non si fosse ritenuta costituita alcuna servitù, dichiarare la striscia in questione in comunione tra le parti; qualora si fosse ritenuto esistente solo un contratto preliminare di divisione, che gli appellanti fossero tenuti a lasciare libera la striscia di terreno larga mt. 4 e che gli appellati avessero diritto di transitarvi anche con veicoli; in ogni caso, confermare la condanna degli appellanti alla rimozione della rete.
Con sentenza n. 588/2016, depositata in data 17.5.2016, la Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali. In particolare, la Corte di merito riteneva: a) che non sussisteva alcun vizio di nullità della CTU in quanto il tecnico incaricato aveva acquisito le foto aeree su preciso mandato del Giudice; b) che sussisteva una servitù di passo carrabile a favore dei L. sul fondo M.- C. in forza del (sopra menzionato) contratto di divisione del 14.11.1945 tra i danti causa delle parti; e) che l’ampiezza della strada costruenda (4 mt.) e la sua destinazione a collegamento con la strada comunale dovevano fare indurre per la carrabilità della stessa; d) che le testimonianze e la CTU deponevano per l’esistenza di una servitù di passaggio carrabile; e) che le spese di giudizio erano state liquidate correttamente in quanto rimaste entro gli scaglioni tariffari di riferimento.
Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione M.D. e C.T. sulla base di due motivi. Resistono A. e L.F. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato rispettiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1369 c.c. nonché degli artt. 1027,1028,1058,1059 c.c. in relazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, giacché i Giudici di merito avevano fondato la propria decisione, quanto alla costituzione della servitù di passo, esclusivamente su un’erronea interpretazione di una clausola dell’atto divisionale del 14.11.1945. Invero, tale atto non sarebbe costitutivo di una servitù di passo (e, tantomeno, carrabile), ma finalizzato alla creazione, futura ed eventuale di una strada vicinale collegante i diversi fondi interessati alla divisione. Si pone in evidenzia che le strade vicinali rimangono in comune ai conferenti per l’utilità non di fondi terzi, ma degli stessi terreni da cui esse si sono originate per distacco particellare. Dalla clausola dell’atto divisionale in questione non si evince il dato che il fondo degli appellanti e/o dei ricorrenti debba essere individuato come fondo servente e quello dei L. come fondo dominante. Infine, si sottolinea che gli attori non hanno mai domandato l’accertamento di un rapporto obbligatorio, ma solo di far accertare l’esistenza di un diritto reale, per cui il richiamo, effettuato dai L. solo in appello, a un presunto preliminare di divisione risulta inammissibile prima ancora che infondato.
1.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1061,1062,1065,1158,1161 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, poiché la Corte parrebbe avallare la tesi della controparte secondo la quale la servitù di passo sarebbe stata acquistata dai L. anche per usucapione ventennale, relativamente al cui accertamento non basta l’esistenza di una strada o sentiero sul fondo servente, ma è necessario che dallo stesso tracciato sia possibile desumere, senza incertezze, che esso sia stato predisposto al servizio del fondo dominante. Con argomenti rilevanti in ordine al denunciato vulnus dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
2. – Il primo motivo è fondato.
2.1. – Questa Corte ha escluso, rispetto ad analoga questione, la sussistenza di una servitù di passo, non potendosi ricavare dal contenuto dell’atto stipulato il 14.11.1945 la costituzione di un vincolo a carico di un fondo e l’indicazione àett’utilitas a vantaggio di un altro. Tenuto conto che il vincolo era stato collocato nell’ambito di un atto divisione e allo scopo di creare in futuro una strada, non s’era di fronte a un’ipotesi di costituzione di servitù, ma tutt’al più a un obbligo personale volto alla costituzione di una strada vicinale (Cass. n. 17044 del 2015).
Osservava il giudice di legittimità che “l’esigenza che nell’atto costitutivo di una servitù siano specificamente riportati tutti gli elementi di questa non implica la necessità dell’espressa indicazione e dell’analitica descrizione del fondo dominante, di quello servente e del contenuto dell’assoggettamento di questo all’utilità del primo, essendo sufficiente che tali elementi siano comunque desumibili, attraverso i consueti strumenti ermeneutici, dal contenuto dell’atto; la relativa valutazione, concretandosi in un’indagine sull’effettiva volontà dei contraenti in ordine all’eventuale costituzione di una servitù prediale, costituisce accertamento di fatto sindacabile in sede di legittimità solo per motivazione incongrua o affetta da errori logici o per inosservanza delle regole di ermeneutica (Cass. n. 4241 del 2010; Cass. n. 9741 del 2002; Cass. n. 11674 dei 2000). (…) E’ però indispensabile l’estrinsecazione della precisa volontà del proprietario del fondo servente diretta a costituire la servitù e la specifica determinazione nel titolo di tutti gli elementi atti ad individuarla (fondo dominante, fondo servente, natura del peso imposto su quest’ultimo, estensione) (Cass. n. 5699 del 2001). Dunque per la costituzione negoziale di una servitù occorre che la convenzione rechi – espresse o ad ogni modo desumibili che siano – tutte le specificazioni anzi dette, incluso quanto necessario ad identificare con certezza il fondo dominante, di guisa che tutti e non solo alcuni degli elementi costitutivi della servitù ricadano sotto la signoria del medesimo accordo” (Cass. n. 17044 del 2015).
2.2. – Ora come allora, la costituzione convenzionale della servitù era configurata nella clausola inserita nell’atto di divisione del 14.11.1945, tra il condividente L.A. e La.Fa., in cui si conveniva “infine tra le parti che lungo tutto il lato verso il canale del terreno in oggetto, venga lasciato libero uno spazio per una larghezza di metri lineari 4 da adibirsi a strada privata; quale spazio resterà comune tra parte venditrice e parte compratrice, con diritto di passo per l’una e per l’altra e loro aventi causa”. Osservano i resistenti come la suddetta clausola avesse un chiaro significato: la striscia di mt. 4, che fino a quei momento era di proprietà esclusiva del L. e gravata di servitù di passaggio a favore degli altri condividenti, diventava comproprietà tra L.A. e il La., con servitù di passaggio a favore del primo. Veniva così costituita, a favore di A., una nuova servitù di passaggio che ricalcava quella prevista nella divisione.
2.3. – Tale conclusione viola, da parte dei controricorrenti, l’art. 1058 c.c.; giacché, se è vero che li dove vi è un peso a carico di un fondo vi deve essere di necessità anche un’utilitas a vantaggio di un altro, non è però esatto che questa possa svolgersi unicamente a titolo di servitù, tanto meno è corretto che, accertati gli estremi del peso corrispondente ad una servitù prediale, il fondo dominante s’identifichi automaticamente in quello che in concreto abbia la possibilità di goderne, se pure ciò non si desume dal titolo. Laddove la Corte territoriale ha considerato come costitutive di una servitù di passaggio delle clausole che, così come accertate nella sentenza impugnata, sulla base di una motivazione in parte qua non coinvolta dalle censure, descrivono semmai il meccanismo tipico della creazione di una strada vicinale privata ex agris collatis.
La qual cosa se non esclude che la medesima area destinata a strada comune possa essere asservita anche all’utilità di un fondo diverso da quelli (per traslato) conferenti, non per questo lo dimostra. Identificato il peso a carico di un fondo, per la costituzione della servitù prediale corrispondente non basta un immobile vicino e alieno che possa trarre vantaggio da tale aggravio.
3. – Per le considerazioni svolte, con l’accoglimento del primo motivo di ricorso ed assorbimento del secondo, la sentenza impugnata va cassata e rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che provvederà ad un rinnovato esame del merito alla luce dei principi di diritto sopra ricordati, e regolerà, altresì, le spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2021