Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.40603 del 17/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3743/2019 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in Roma Via Giangiacomo Porro 8 presso lo studio dell’avvocato Colombini David, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Banca Di Credito Cooperativo Di Alba Langhe Roero E Del Canavese Soc Coop, elettivamente domiciliato in Roma Via Cosseria 5 presso lo studio dell’avvocato Romanelli Guido Francesco, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pittatore Emanuele;

– controricorrente –

nonché contro Cassa Di Risparmio Di Asti Spa, elettivamente domiciliato in Roma Via Arenula, 16 presso lo studio dell’avvocato Comoglio Silvia, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Todeschini Giorgio;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 1978/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

RILEVATO

che:

Cassa di Risparmio di Asti s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Asti B.G. ed il coniuge M.R. proponendo azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. dell’atto di data 14 luglio 2011 di costituzione di fondo patrimoniale. Intervenne nel giudizio la Banca di Credito Cooperativo di Alba proponendo anch’essa azione revocatoria del medesimo atto. Il Tribunale adito accolse la domanda. Avverso detta sentenza propose appello il B.. Con sentenza di data 19 novembre 2018 la Corte d’appello di Torino rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che solo con la memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2. il convenuto aveva contestato il credito della Banca di Credito Cooperativo di Alba, rilevando che per tale credito era in corso giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, tardivamente trattandosi di circostanza dedotta per la prima volta dopo lo spirare del termine di decadenza per le preclusioni assertive, e che, quanto ai documenti prodotti dal B. in sede di precisazione delle conclusioni, per una parte erano irrilevanti perché relativi a procedura esecutiva nei confronti di un terzo (Primula s.r.l.), per l’altra, benché di formazione successiva alla chiusura della fase istruttoria, erano riferiti a sostegno di eccezioni non tempestivamente dedotte. Aggiunse che sufficiente per la qualità di creditore nell’azione revocatoria era la natura di credito litigioso del credito allegato da Banca di Credito Cooperativo di Alba e che in ordine all’istanza di sospensione del processo non era ravvisabile alcuna pregiudizialità in senso tecnico. Premesso che il contratto di conto corrente della Banca d’Alba con Iniziative Immobiliari risaliva al 27 aprile 2007, che le aperture di credito risalivano al 1 febbraio 2010 ed al 31 gennaio 2001, che il mutuo chirografario fra la banca e l’appellante risaliva al 27 febbraio 2009, osservò ancora la corte territoriale che l’anteriorità del credito rispetto all’atto da revocare andava stabilita con riferimento alla nascita dell’obbligazione, e non alla sua esigibilità, a nulla rilevando che la revoca dell’affidamento fosse avvenuta posteriormente all’atto, per cui nessun rilievo aveva la revoca dell’apertura di credito in data 17 marzo 2014, e che dalla documentazione in atti si evinceva che il debito complessivo di Iniziative Immobiliari (e quindi del fideiussore B.) era al 30 giugno 2011 pari ad Euro 620.003,22 nei confronti di CR Asti e ad Euro 202.100,42 nei confronti di Banca d’Alba.

Osservò quindi, con riferimento al motivo di appello relativo al credito vantato da CR Asti (per il quale solo nel 2014 quest’ultima avrebbe agito) ed a quello vantato da Banca d’Alba (oggetto di contestazione nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, nelle quali la CTU avrebbe quantificato il debito nella misura di Euro 7.572,85), che il motivo di impugnazione era aspecifico in quanto assolutamente generico ed indeterminato, senza una critica specifica della motivazione di primo grado vertente sulla natura litigiosa del credito, e limitato alla confutazione delle deduzioni delle controparti.

Aggiunse, in ordine alla questione dell’eventus damni, premessa ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 2901 la sufficienza di un atto dispositivo che rendesse più incerto e difficile il soddisfacimento del credito, che la circostanza che il patrimonio residuo dell’appellante all’epoca della costituzione del fondo patrimoniale avesse il valore di Euro 1.353.001,60 risultava smentita dalle seguenti circostanze: gli immobili di ***** appartenevano alla società semplice Camelia; gli immobili di ***** appartenevano a Primula s.r.l.; gli immobili di cui alla relazione di stima prodotta dall’appellante sub 10 fasc. appellante appartenevano alla società semplice Silvana; gli immobili in ***** erano quelli conferiti in fondo patrimoniale; l’immobile in ***** apparteneva ad Iniziative Immobiliari. Aggiunse ancora che la tesi della sufficienza della quota del B. in Primula s.r.l. a soddisfare i crediti era infondata perché in relazione al valore della quota, rappresentato dal valore del patrimonio netto della società (differenza fra l’attivo ed il passivo dello stato patrimoniale), nulla risultava allegato, in quanto la perizia di stima prodotta dall’appellante riguardava solo il valore dei beni immobili di Primula, la quale peraltro aveva subito anche l’espropriazione dei suoi beni.

Osservò infine, quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo, premesso che l’atto di disposizione, successivo al sorgere del credito, si configurava come atto a titolo gratuito per cui sufficiente era la consapevolezza del debitore circa il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, che il B. non poteva non essere a conoscenza della sua pesante esposizione debitoria, anche in qualità di fideiussore ed amministratore di Iniziative Immobiliari, nonché dell’insufficienza del suo patrimonio a soddisfarla una volta conferita la più parte dei suoi beni immobili in fondo patrimoniale.

Ha proposto ricorso per cassazione B.G. sulla base di cinque motivi e resistono con distinti controricorsi le parti intimate. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione degli artt. 183 c.p.c. e 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, ammissibile era la produzione documentale, sopravvenuta nella disponibilità del B., a sostegno di eccezioni tempestivamente sollevate in ordine alla sussistenza dei requisiti dell’azione revocatoria, e che nella valutazione dei beni del ricorrente, ampiamente satisfattivi delle ragioni creditorie (tanto che il giudice dell’esecuzione aveva disposto la riduzione del pignoramento), si era tenuto conto della quota societaria. Aggiunge che il procedimento deve essere sospeso in attesa della definizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo.

Il motivo è inammissibile. In disparte il profilo dell’assenza dei presupposti per la sospensione del giudizio avente ad oggetto la domanda ai sensi dell’art. 2901 c.c. in pendenza del giudizio sulla posizione creditoria (fra le tante da ultimo Cass. n. 3369 del 2019), e quello del mancato assolvimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 in relazione al contenuto ed alla sede processuale nella quale sarebbero state sollevate (tempestivamente come asserito dal ricorrente) le eccezioni alla base dei documenti in discorso, la censura è priva di decisività in quanto nel motivo in esame non risulta impugnata la ratio decidendi costituita dalla circostanza che la pendenza dell’opposizione a decreto ingiuntivo, mediante cui era stato contestato il credito della Banca di Credito Cooperativo di Alba, era stata dedotta tardivamente per la prima volta dopo lo spirare del termine di decadenza per le preclusioni assertive. Non risulta peraltro confutata la ratio relativa alla rilevata irrilevanza della produzione documentale.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il credito presunto delle banche non era sorto anteriormente all’atto dispositivo perché con riferimento al contratto di apertura di credito la revoca era stata comunicata solo in data 17 marzo 2014, ed in relazione al contratto di mutuo la prima rata impagata era quella del 26 maggio 2014, e che quanto alle fideiussioni stipulate negli anni 1998 e 2001 non si trattava neppure di ragioni credito, anche eventuali, tanto più che la pretesa creditoria era in contestazione ed oggetto di accertamento giudiziale.

Il motivo è inammissibile. La censura è priva di decisività in quanto non risultano impugnate le seguenti rationes decidendi: l’anteriorità del credito rispetto all’atto da revocare va stabilita con riferimento alla nascita dell’obbligazione, e non alla sua esigibilità, a nulla rilevando che la revoca dell’affidamento sia avvenuta posteriormente all’atto, per cui nessun rilievo ha la revoca dell’apertura di credito in data 17 marzo 2014; il debito complessivo di Iniziative Immobiliari (e quindi del fideiussore B.) era al 30 giugno 2011 pari ad Euro 620.003,22 nei confronti di CR Asti e ad Euro 202.100,42 nei confronti di Banca d’Alba; sufficiente per la qualità di creditore nell’azione revocatoria è la natura di credito litigioso del credito allegato da Banca di Credito Cooperativo di Alba.

Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 342 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, circa il credito di CR Asti, che con le opposizioni proposte ai decreti ingiuntivi sono state sollevate le eccezioni di nullità dei contratti, e, circa il credito di Banca d’Alba, che con le opposizioni proposte ai decreti ingiuntivi sono state sollevate le eccezioni di nullità dei contratti e che in tali giudizi, oltre il rigetto dell’istanza di concessione della provvisoria esecutività, la CTU ha quantificato il debito nella misura di Euro 7.572,85. Aggiunge che infondato era il rilievo di tardività della contestazione del credito di Banca d’Alba perché esso era stato fatto oggetto di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il motivo è inammissibile. La censura è priva di decisività in quanto non risulta impugnata la ratio decidendi costituita dall’inammissibilità del motivo di appello per difetto di specificità. Una volta non impugnata questa ratio non vi è inoltre interesse ad impugnare eventuali motivazioni sul merito (cfr. Cass. sez. U. n. 3840 del 2007). Quanto alla questione della tardività della contestazione del credito di Banca d’Alba, dovendosi avere ovviamente riguardo alle difese svolte nel presente giudizio e non in altro giudizio, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 non risulta specificatamente indicato se ed in quale sede processuale la contestazione in discorso sia stata proposta nel presente giudizio.

Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che sulla base delle risultanze dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo (nei quali fra l’altro la CTU aveva stimato il credito di Banca d’Alba nella misura di Euro 7.572,85) e del valore residuo dei beni all’esito della costituzione del fondo patrimoniale pari ad Euro 1.353.001,60, considerando anche la quota societaria, doveva escludersi il pregiudizio alle ragioni dei creditori.

Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che alla luce del valore residuo dei beni deve escludersi il requisito soggettivo dell’azione, sia come dolosa preordinazione che consapevolezza di arrecare il pregiudizio alle ragioni creditorie, posto che, se il debitore avesse inteso precostituire l’incapacità del proprio patrimonio a fronte del preteso credito, si sarebbe spogliato di tutti i beni.

Il quarto ed il quinto motivo, da valutare congiuntamente in quanto affetti dalle medesime ragioni di inammissibilità, sono inammissibili. Le censure non sono dirette alla decisione impugnata, enucleando profili di illegittimità della stessa, ma alle circostanze di fatto emerse nel giudizio alla luce delle allegazioni delle parti. Data questa natura delle censure, in primo luogo non si comprendono quali siano le norme di diritto della cui violazione la sentenza sarebbe affetta, per cui carente è il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. In secondo luogo le censure sono prive di specificità in quanto non illustrano le ragioni di illegittimità delle rationes decidendi emergenti dalla motivazione della decisione impugnata, ma si limitano, come si è detto, ad una generica confutazione delle circostanze fattuali emerse nel giudizio. Ove le censure si intendano dirette alla decisione impugnate, esse restano comunque sul piano del giudizio di fatto che, come è noto, non è sindacabile in quanto tale nella presente sede di legittimità, salvo la rituale denuncia di vizio motivazionale, nella specie non proposta.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Banca di Credito Cooperativo di Alba, Langhe, Roero e del Canavese soc. coop., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Cassa di Risparmio di Asti s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2021

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