LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8795/2015 proposto da:
Comune Candela, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Sestio Calvino 33 presso lo studio dell’avvocato Cannas Luciana che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Daunia Candela Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via delle Quattro Fontane 15, presso lo studio dell’avvocato Tinelli Giuseppe che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato De Lorenzi Maurizio e dall’avv. Mescia Giacomo;
– controricorrente –
Daunia Candela Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Di Villa Severini 54 presso lo studio dell’avvocato Tinelli Giuseppe che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mescia Giacomo, De Lorenzi Maurizio;
– ricorrente successivo –
contro
Comune Candela, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Sestio Calvino 33 presso lo studio dell’avvocato Cannas Luciana che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1840/2014 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di FOGGIA, depositata il 22/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/11/2021 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO;
lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacalone Giovanni, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso del Comune e il rigetto del ricorso della società
contribuente.
FATTI DELLA CAUSA 1. Il 26 novembre 2012, il Comune di Candela emetteva, nei confronti della srl Daunia Candela, tre avvisi di accertamento per ICI degli anni 2009, 2010 e 2011 e sanzioni, in relazione ad un parco eolico per la produzione di energia elettrica, costituito da aerogeneratori con annesse opere civili, reti di distribuzione dell’energia e cabine elettriche prefabbricate, ultimato dalla società nel 2008 e non iscritto in catasto. L’imposta veniva calcolata in applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, con riguardo al valore contabile del parco.
2. La società impugnava gli avvisi davanti alla commissione tributaria provinciale di Foggia. Il ricorso veniva parzialmente accolto: la commissione riduceva gli importi richiesti dal Comune per l’imposta dei tre anni e per le sanzioni.
3. La decisione veniva appellata sia dal Comune sia dalla società. La commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza in epigrafe, ha accolto in parte i due appelli affermando che l’imposta era dovuta come da avvisi mentre le sanzioni erano inapplicabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8.
4. Avverso la sentenza della CTR hanno proposto ricorso la società, con otto motivi, e il Comune, con un motivo.
5. Entrambe le parti hanno depositato controricorso.
6. La Procura Generale ha chiesto il rigetto del ricorso della contribuente e l’accoglimento del ricorso del Comune.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I due ricorsi, del Comune e della società contribuente, sono stati notificati nella stessa data: il 25 marzo 2015.
Il ricorso del Comune è stato depositato per primo: il 10 aprile 2015.
E’ stato precisato: “Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale. Nel caso in cui i due ricorsi risultino essere stati notificati nella stessa data, l’individuazione del ricorso principale e di quello incidentale va effettuata con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, sicché è principale il ricorso depositato per primo, mentre è incidentale quello depositato per secondo.” (Cass. Sez. 1, sentenza n. 25662 del 04/12/2014).
Il ricorso del Comune deve essere qualificato come principale. Il ricorso della contribuente come incidentale.
2. H ricorso incidentale va esaminato per primo perché pone in discussione la sussistenza della pretesa tributaria alla quale si correlano le sanzioni. La questione sollevata dal ricorso principale investe l’applicazione di queste ultime. Il ricorso principale è quindi logicamente subordinato a quello incidentale.
3. Con il primo motivo di ricorso, la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3. Sostiene che la CTR ha errato nell’avallare l’operato del Comune atteso che nei bilanci dei tre anni di riferimento non vi era una distinta contabilizzazione degli aerogeneratori né dei costi ad esso inerenti.
3. Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 per avere la CTR omesso di spiegare perché essa ha ritenuto di poter applicare i criteri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3 nonostante che la ricorrente avesse evidenziato non esservi una contabilizzazione differenziata delle singole unità componenti il parco eolico ed essere quindi impossibile individuare il “loro singolo costo di acquisizione”.
4. Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che la CTR non avrebbe considerato che “alcuni costi del parco non potevano essere presi a riferimento in relazione al costo di costruzione delle pale eoliche” e che tra le voci di bilancio prese a riferimento vi erano anche costi non afferenti alle unità immobiliari da classare.
5. Con il quarto motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, e art. 5, comma 3, per avere la CTR “ritenuto corretto da parte dell’ufficio impositore determinare la base imponibile Ici con il metodo contabile nonostante che mancasse il presupposto della distinta contabilizzazione in bilancio dei costi specificamente afferenti le unità immobiliari da classare”.
6. Con il quinto motivo di ricorso, la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essersi la CTR “voluta riferire alla questione della distinta contabilizzazione del parco eolico nelle sua interezza nelle scritture contabili rispetto ad altri beni immobili della società” laddove “al contrario qualora avesse esaminato la questione della necessaria distinta contabilizzazione delle singole unità immobiliari (ovverosia i 17 aerogeneratori e relative piazzole) la CTR avrebbe senza dubbio concluso per l’illegittimità dell’operato comunale”.
7. I motivi da uno a cinque possono essere esaminati assieme dato che essi, sotto diverse prospettazioni – violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992; omesso esame delle risultanze dei bilanci dei tre anni di riferimento; difetto di motivazione – veicolano la medesima censura: avere la CTR avallato l’operato del Comune malgrado che nei bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011 non vi fosse una contabilizzazione dei costi riferita alle singole componenti immobiliari del parco eolico.
8.1 motivi non sono fondati. Valgono le seguenti considerazioni.
8.1.1 parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche, sono accatastabili nella categoria “D/1-Opificio”. La possibilità e l’obbligatorietà di iscrizione dei parchi eolici, unitariamente considerati, in particolare nella categoria “D/1-Opificio”, è un dato costante della giurisprudenza di questa Corte (v. sentenza n. 14042 del 07/07/2020; 3344 del 19/02/2015; 4028 del 14/03/2012).
8.2. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, stabilisce che “Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 7, comma 3 convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, applicando i seguenti coefficienti…”.
Del D.L. n. 333 del 1992, art. 7, il comma 3 convertito con modificazioni, dalla 1.359/1992 stabilisce che “Per le unità immobiliari classificate o classificabili nel gruppo D possedute nell’esercizio d’impresa, il valore è costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili applicando per ciascun anno di formazione dello stesso i seguenti coefficienti…”.
Il riferimento testuale al fabbricato, e all’unità immobiliare contenuto nelle disposizioni ricordate e, ancor prima, il riferimento alle unità immobiliari costituite da opifici, contenuto nella normativa catastale (in particolare, nel combinato disposto del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 1 e 10), evidenzia l’intento del legislatore di assumere quale base imponibile per la determinazione del reddito fondiario non la singola opera o il singolo bene, ma il complesso dei manufatti costituenti nel reciproco collegamento l’unità di riferimento quale entità produttiva di utilità ed espressiva di capacità reddituale.
Per questo è stato, ad esempio, affermato che “In tema di determinazione della rendita catastale degli immobili urbani, ai sensi della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 244, norma di interpretazione autentica del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10 tutte le componenti che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare ad una unità immobiliare una specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo sono da considerare elementi idonei a descrivere l’unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale” (Cass. n. 3166 del 18/02/2015). Ed ancora è stato affermato che “In tema di classamento, ai fini della determinazione della rendita catastale rilevano tutti gli impianti fissi, in qualsiasi modo uniti al suolo, perché gli stessi concorrono alla complessiva unità immobiliare ed al suo valore, come confermato dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 21, che ha escluso dal calcolo della rendita, soltanto dall’1 gennaio 2016, i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo” (Cass., n. 24924 del 6/12/2016).
8.3. La Corte ha precisato che “La peculiarità della fattispecie unitaria costituita dal parco eolico pluri-impianto è tale da giustificare l’applicazione (provvisoria) del criterio contabile in ragione della sua valorizzazione complessiva di bilancio allorquando (all’esito di accertamento fattuale demandato al giudice di merito) tale valorizzazione appaia univoca e certamente riferibile – per parte immobiliare e parte impiantistica – al parco oggetto di imposizione; e ciò per la mancata distinta contabilizzazione di ulteriori immobili a destinazione speciale suscettibili di classamento D1, ovvero per l’insussistenza di qualsivoglia margine di dubbio e confusione nella identificazione del parco in questione rispetto agli altri immobili a destinazione speciale eventualmente iscritti” (Cass. n. 13779 del 22/05/2019).
8.4. La CTR ha dato conto della contabilizzazione del compendio tassato, i.e. il parco eolico, in particolare affermando che “la separata contabilizzazione si riferisce al fatto che nel bilancio dell’impresa siano distintamente contabilizzati i costi dell’intero parco eolico, da eventuali altri costi. Pertanto si ritiene idonea ai fini che qui interessano la contabilizzazione dell’intero parco eolico sul cui valore quantificare l’ICI” (pp.6-7 della sentenza impugnata).
8.5. Le contestazioni della contribuente sono basate sulla tesi – smentita dalla riportata giurisprudenza di questa Corte – per cui l’applicazione del criterio contabile sarebbe condizionata dalla contabilizzazione dei costi in rapporto alle singole componenti immobiliari del parco. Sennonché la Commissione Tributaria Regionale, con valutazione fattuale qui non rivedibile, ha accertato che le modalità di contabilizzazione in concreto seguite integravano, in assenza della deduzione di costi in ipotesi concernenti beni diversi dal parco eolico, il criterio di stima prescritto dalla legge. Ne’ la società contribuente confuta efficacemente questo ragionamento, limitandosi ad affermare che determinati costi – pur essi dichiaratamente riferibili all’impianto eolico ed alla sua funzionalità – non dovevano rilevare ai fini della rendita, così ponendosi in contrasto con il già rassegnato indirizzo interpretativo di legittimità.
9. I motivi da uno a cinque devono dunque essere rigettati.
10.Con il sesto motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, per avere la CTR affermato che “in ogni caso a seguito della diffida con la quale la società veniva invitata ad accatastare il parco eolico bene avrebbe fatto questa ad indicare quali potevano essere i costi da escludere perché estranei alla costruzione del parco eolico inteso nella sua interezza”.
11. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.). L’affermazione a cui la censura si correla non costituisce la ratio della decisione impugnata. La ratio decidendi è quella per cui la rendita è stata legittimamente determinata dall’amministrazione in base ai dati contabili del parco eolico.
12. Con il settimo motivo di ricorso viene lamentata la falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, e la violazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 336 e 337 per avere la CTR affermato che l’art. 1, comma 336, “non è riferibile agli immobili di proprietà di imprese che sono obbligate a depositare i bilanci bensì a proprietà di privati cittadini che non hanno provveduto all’accatastamento”.
13. In ordine al settimo motivo si osserva quanto segue.
La L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336: “I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 28 convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni”.
La riportata affermazione della CTR è errata. La CTR limita l’ambito applicativo dell’art. 1, comma 336, cit., ad immobili di “privati cittadini” così escludendo dall’ambito stesso gli immobili di società. La disposizione fa riferimento genericamente a “immobili di proprietà privata” così includendo anche immobili di società.
Nondimeno il motivo di ricorso in esame non può trovare accoglimento in quanto la conseguenza che la CTR tra da tale errata affermazione – essere la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, non applicabile in riferimento agli avvisi di accertamento de quibus – è corretta, talché la sentenza, emendata dell’errore di motivazione, deve essere, in parte qua, tenuta ferma.
La L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, definisce una procedura di aggiornamento del catasto, relativa ad immobili mai accatastati o accatastati in modo non più corrispondente allo stato di fatto degli immobili stessi.
In tema di ICI e con riferimento alla base imponibile dei fabbricati non iscritti in catasto, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, prevede, fino alla attribuzione della rendita catastale, un metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili.
Le due disposizioni non interferiscono.
In particolare, non è sostenibile quanto sostiene la contribuente ossia che il Comune non potrebbe pretendere il pagamento dell’imposta calcolata ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, per il tempo tra il completamento dell’immobile e il relativo accatastamento da effettuarsi secondo la procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336.
Al contrario, fino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, il proprietario del fabbricato di categoria D è tenuto ad applicare il regime del valore contabile (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13077 del 17/06/2005; Sez. U, Sentenza n. 3160 del 09/02/2011). Dal momento in cui egli fa la richiesta, pur dovendo ancora applicare, anche se ormai in via precaria, il medesimo regime, diventa titolare di una situazione giuridica nuova, derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicché può avere il dovere di pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tal senso) o il diritto di pagare una somma minore e chiedere il relativo rimborso nei termini di legge (Sez. 5, Sentenza n. 5933 del 11/03/2010; conf. Sez. 5, Sentenza n. 12753 del 06/06/2014).
Ne’, si aggiunge per completezza, in senso contrario, evidentemente rileva che gli effetti fiscali delle rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui alla L. n. 311 del 2004, comma 336 retroagiscano, ai sensi del successivo comma 337, a decorrere, alternativamente, dal 1gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, o, in assenza della suddetta indicazione, dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune in tutti i casi in cui l’immobile non risulti dichiarato in catasto. Il comma 337 regola gli effetti della rendita dichiarata o attribuita. Non interferisce con la definizione della base imponibile ICI per immobili (posseduti da imprese e distintamente contabilizzati) per i quali nessuna rendita sia stata dichiarata né attribuita.
14. Con l’ottavo motivo di ricorso la società lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la CTR abbia violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 e il D.Lgs. n. 156 del 2001, art. 53, comma 8, disattendendo l’eccezione di inammissibilità dell’appello del Comune siccome proposto da difensore, insegnante statale, privo della autorizzazione di cui al D.Lgs. n. 156 del 2001, art. 53, comma 8.
15. Il motivo è infondato.
E’ incontroverso che il Comune è stato in appello con il patrocinio di un commercialista, insegnante statale, a tempo pieno, munito della autorizzazione di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 508.
La società sostiene che detta autorizzazione non era sufficiente dovendo il difensore dell’amministrazione comunale, in quanto dipendente dell’amministrazione statale, avere l’autorizzazione di cui al D.Lgs. n. 156 del 2001, ridetto art. 53, comma 8.
La tesi è stata correttamente disattesa dalla CTR sul motivo che quest’ultima norma è “inconferente”.
Il D.Lgs. n. 156 del 2001, art. 53, comma 8, stabilisce che “Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto…”.
Lo stesso articolo, al comma 6, stabilisce tuttavia che “I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, compresi quelli di cui all’art. 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso”.
Tra i “dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali” vi sono i docenti (a tempo pieno) ai quali si riferisce il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 508, comma 15.
Questa disposizione stabilisce infatti che “Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio”.
Il cerchio si chiude con il rilievo per cui l’art. 508 cit. è tra le disposizioni che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, richiama prevedendo che esse “restano ferme”.
16. In conclusione, il ricorso proposto dalla società contribuente deve essere rigettato.
17. Il Comune di Candela, con l’unico motivo del ricorso principale lamenta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8,D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e della L. n. 212 del 2000, art. 10 per avere la CTR “annullato” le sanzioni ritenendo sussistente una situazione di “incertezza della normativa che regola l’imposta ICI per i parchi eolici e ciò anche con riferimento all’obbligo di accatastamento in categoria D, acclarato solo di recente dalla giurisprudenza della Suprema Corte, sia con riferimento alla quantificazione dell’ICI in caso di mancato accatastamento”.
18. Il motivo è fondato.
Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 espressamente richiamato dalla CTR, stabilisce che “La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”.
Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 comma 2, stabilisce che “Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento”.
La L. n. 212 del 2000, art. 1, commi 2 e 3, stabilisce che “Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa” (comma2) e che “Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta…” (comma 3).
In termini generali, l’incertezza sulla norma tributaria esime dalle conseguenze sanzionatorie amministrative collegate alla violazione di norma medesima se è obiettiva ed inevitabile, non se è dovuta a soggettiva colpevole ignoranza del singolo contribuente.
E’ stato affermato che “deve escludersi la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza nell’interpretazione delle norme violate, nel caso in cui la giurisprudenza della Suprema Corte, alla quale soltanto spetta assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, ai sensi del R.D. n. 12 del 1941, art. 65 sia consolidata, senza che assumano rilevanza eventuali contrasti nella giurisprudenza di merito (Cass. ordinanza n. 3431de1 06/02/2019).
Deve parimenti escludersi la sussistenza di dette obiettive condizioni di incertezza laddove vi siano circolari interpretative dell’amministrazione che chiariscano il significato dalla norma da applicare.
Questa Corte con sentenza n. 26877 del 05/10/2021 ha statuito, “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie (nella specie in materia di ICI), non sussiste, a partire dal 2006, alcuna situazione di oggettiva incertezza normativa che giustifichi la non irrogazione di sanzioni in merito all’accatastamento e alla classificazione dei parchi eolici, assumendo all’uopo rilievo le circolari dell’Agenzia del territorio n. 4 del 2006, n. 4 e 14 del 2007 e, per l’anno 2005, la novella normativa di cui al D.L. n. 44 del 2005, art. 1-quinquies (conv. con modif. dalla L. n. 88 del 2005)”.
La contribuente, alle pagine 13 e ss. del controricorso, richiama la sentenza di questa Corte n. 1978 del 04/02/2015. Questa sentenza – con la quale fu ravvisata una situazione di obiettiva incertezza riguardo alla normativa su “l’accatastamento e alla classificazione delle pale eoliche” e sulla inclusione o meno delle “turbine” tra gli elementi rilevanti ai fini del calcolo della rendita dei parchi eolici – ebbe tuttavia ad oggetto avvisi di accertamento ICI degli anni dal 2001 al 2005. La Corte sottolineò non esservi, allora, alcuna pronuncia di legittimità a cui potersi e doversi fare riferimento ed ebbe, dichiaratamente, riguardo alla situazione antecedente all’emanazione delle circolari e del D.L. ricordati invece dalla successiva sentenza 26778/2021.
19. Il ricorso dell’amministrazione comunale di Candela deve quindi essere accolto e in relazione ad esso la sentenza impugnata va cassata. Non vi sono accertamenti in fatto da svolgere cosicché la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario anche in punto di sanzioni.
20. Le spese del merito sono compensate in ragione dell’evoluzione della vicenda processuale.
21. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso della contribuente, accoglie il ricorso del Comune, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e decide nel merito rigettando il ricorso originario anche in punto di sanzioni;
compensa le spese del merito;
condanna la contribuente a rifondere al Comune di Candela le spese del giudizio, liquidate in Euro 13.300,00, oltre spese forfetarie, accessori ed Euro 200,00 per esborsi.
ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico della contribuente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021