Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.40746 del 20/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13973 del 2019 proposto da:

C.A., (*****), elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Abenavoli;

– ricorrente –

contro

B.A., (*****), elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Giuseppe Mazzini 27, presso lo studio dell’avv. Consolato Mafrici, rappresentato e difeso dall’avv. Demetrio Battaglia;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 770/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/09/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato Consolato Mafrici per il controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Reggio Calabria ingiunse ad B.A. il pagamento, in favore di C.A., della somma di Euro 5.500 a titolo di compensi per lavori aggiuntivi rispetto a quelli pattuiti in origine.

Avverso il decreto propose opposizione il B..

Si costituì in giudizio il C., contestando il contenuto dell’atto di opposizione e chiedendone il rigetto, con conferma del decreto ingiuntivo.

il Tribunale, disposto l’espletamento di una c.t.u., accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e condannò l’opponente B. al pagamento della minore somma di Euro 1.123,30, con gli interessi e con la compensazione integrale delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dal C. e la Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 5 novembre 2018, ha dichiarato inammissibile l’appello e ha condannato il difensore dell’appellante, avv. Francesco Abenavoli, alla rifusione delle spese del giudizio di appello.

Ha osservato la Corte territoriale che doveva essere accolta la preliminare eccezione, sollevata dall’appellato, in base alla quale l’appello risultava proposto in assenza di una valida procura alle liti.

L’atto di impugnazione, infatti, era stato redatto e depositato dall’avv. Francesco Abenavoli, in qualità di difensore di C.A., richiamando la procura alle liti conferita per il giudizio di primo grado in favore del medesimo difensore e dell’avv. Francesco Calarco, successivamente venuto a mancare. Nel corso del giudizio di primo grado, però, il C., con atto del 6 giugno 2016, depositato in via telematica il 7 giugno 2016, aveva revocato il mandato in favore dell’avv. Francesco Abenavoli, nominando in sua vece l’avv. Tancredi Saverio Abenavoli. La procura rilasciata per il primo grado, quindi, era da ritenere non più valida ai fini della proposizione dell’appello.

Nel corso del giudizio di secondo grado, inoltre, l’avv. Francesco Abenavoli aveva depositato in via telematica un ulteriore atto di costituzione per C.A., contenente una ratifica ed un conferimento di mandato in suo favore per il giudizio di appello. Tale atto, da considerare come nuova procura, è stato ritenuto inidoneo dalla Corte reggina la quale, richiamando l’art. 125 c.p.c., comma 2, ha rilevato che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. Nel caso specifico, inoltre, non poteva trovare applicazione l’art. 182 c.p.c., nel testo modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, trattandosi di giudizio intrapreso in primo grado in data anteriore al 4 luglio 2009.

Il mandato conferito in favore dell’avv. Francesco Abenavoli, poi, era stato depositato in via telematica soltanto in data 11 giugno 2017, cioè in data successiva sia alla notifica dell’appello (avvenuta il 6 marzo 2017) che alla costituzione in tale grado (avvenuta il 13 marzo 2017), oltre che alla data della prima udienza indicata in citazione (10 giugno 2017). Ha rilevato la Corte di merito che il potere di certificazione riconosciuto al difensore anche in ordine alla data di conferimento sussiste se la procura è conferita al momento della costituzione, ma non successivamente. Pertanto, l’attestazione di conformità redatta dall’avv. Francesco Abenavoli secondo cui la procura alle liti era stata a lui conferita il 6 marzo 2017 non poteva ritenersi idonea alla certificazione anche della data, tornando ad operare in simile caso la regola generale per cui il potere di certificazione spetta solo al notaio.

Dal complesso di tali argomenti la Corte d’appello ha dedotto l’inidoneità della procura e la conseguente inammissibilità dell’appello, ponendo le relative spese a carico del difensore e non della parte.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria ha proposto ricorso C.A., difeso dall’avv. Francesco Abenavoli, con atto affidato a due motivi.

B.A. ha resistito con controricorso.

La Sesta Sezione Civile – 3, con ordinanza interlocutoria 12 maggio 2021, n. 12590, ha disposto il rinvio alla pubblica udienza presso la Terza Sezione Civile, ponendo la questione se sia sanabile o meno in grado di appello la mancanza di un’originaria procura alle liti, facendo applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, in presenza di una causa, come quella odierna, incominciata dopo il 4 luglio 2009.

Il ricorso è stato quindi fissato per l’udienza pubblica del 10 settembre 2021.

B.A. ha depositato memoria.

L’avv. Daniele Abenavoli ha fatto pervenire una dichiarazione, in data 6 settembre 2021, dalla quale risulta che l’avv. Francesco Abenavoli è venuto a mancare il 5 giugno 2020.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva in via preliminare il Collegio che la dichiarazione appena ricordata con la quale l’avv. Daniele Abenavoli ha comunicato l’intervenuto decesso dell’avv. Francesco Abenavoli nelle more del procedimento è irrilevante nella sede odierna. Essa proviene, infatti, da un soggetto che, pur possedendo la qualifica professionale di avvocato ed essendo (molto probabilmente) parente del defunto, tuttavia non ha assunto alcuna veste processuale, nel senso che non e’, per quanto è dato sapere, difensore di C.A., per cui non ha un ruolo che lo legittimi ad interloquire. Ne consegue che non occorre neppure interpellarsi sul se tale circostanza legittimi o meno il rinvio della discussione allo scopo di consentire al ricorrente l’eventuale nomina di un nuovo difensore (v., tra le altre, le sentenze 20 settembre 2013, n. 21608, e 8 aprile 2020, n. 7751).

Deve quindi procedersi all’esame del ricorso.

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 83,84 c.p.c. e art. 125 c.p.c., comma 2, nonché del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23 e dell’art. 1396 c.c., sostenendo la validità della procura.

Osserva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere non valida la procura in favore dell’avv. Francesco Abenavoli, soffermandosi sull’efficacia della procura resa per il primo grado e senza considerare l’effettiva portata dell’atto di revoca del 6 giugno 2016. Secondo il ricorrente, il suddetto difensore non aveva mai cessato di espletare il suo mandato difensivo, perché la revoca del mandato nei suoi confronti era dovuta ad un errore della “copista”. Il C., infatti, intendeva revocare il mandato all’avv. Calarco, che era malato, e sostituirlo con l’avv. Tancredi Saverio Abenavoli, ma non intendeva revocare il mandato dell’avv. Francesco Abenavoli. L’odierno ricorrente sostiene di aver inviato una missiva a quest’ultimo, in data 6 giugno 2016, con la quale lo informava dell’errore e gli chiedeva di proseguire nell’attività difensiva. Ne consegue che, essendo intervenuta la conferma del mandato in data 6 giugno 2016, la revoca dell’avv. Francesco Abenavoli sarebbe inesistente, per cui la Corte calabrese avrebbe dovuto esaminare il merito dell’appello.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4) e dell’art. 111 Cost., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare i motivi di appello, sia in fatto che in diritto.

4. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per una serie di convergenti ragioni.

Esso e’, innanzitutto, redatto con una tecnica non rispettosa della previsione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 6); da un lato, infatti, il ricorso non contiene un’esposizione sommaria che sia organica e che metta la Corte in condizioni di comprendere con la necessaria precisione quale sia stata la cadenza degli eventi processuali; dall’altro, il ricorso richiama in modo confuso una serie di atti senza indicare né se né dove gli stessi siano stati prodotti e siano effettivamente reperibili dal Collegio ai fini della decisione.

Tanto premesso in via generale, si osserva che il ricorso non dà conto del se e del come – una volta contestata l’irregolarità della procura da parte dell’appellato, come pacificamente è avvenuto, tanto che la Corte reggina ne ha dato conto in sentenza – l’eccepito difetto di procura sia stato contestato, da parte dell’avv. Francesco Abenavoli, nella sede processuale più immediata, e cioè il giudizio di appello. Il ricorso tace completamente su questo punto, limitandosi a ricondurre il vizio ad un presunto errore della copista, cioè ad un errore (probabilmente) dello studio legale, peraltro neppure definito nei suoi contorni reali. Per cui non è chiaro se la ricostruzione in fatto compiuta in questa sede sia stata offerta o meno al giudizio della Corte d’appello (il che si traduce in un ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso, come correttamente eccepito nel controricorso).

La sentenza impugnata, inoltre – dopo aver ricostruito lo svolgimento dei fatti in modo puntuale, mentre le censure del ricorso sono quanto mai confuse – ha supportato la propria decisione con due ulteriori considerazioni in diritto: da un lato, quella per cui l’art. 182 c.p.c., nel testo formulato dalla L. n. 69 del 2009, non sarebbe applicabile nella fattispecie ratione temporis (trattandosi di un giudizio introdotto in primo grado prima del 4 luglio 2009); dall’altro, quella per cui l’attestazione di conformità prodotta dall’avv. Francesco Abenavoli non era rituale, a causa del difetto della necessaria asseverazione.

Rileva la Corte che nessuna di queste due considerazioni in diritto è stata contestata nel ricorso, il che si traduce in un’ulteriore ragione di inammissibilità dello stesso.

E’ appena il caso di rilevare, infine, che la Corte d’appello ha anche osservato che il potere certificatorio del difensore non vale per un atto depositato dopo che il giudizio è cominciato ed ha aggiunto che l’atto prodotto dall’avv. Francesco Abenavoli (asseritamente idoneo a dimostrare la regolarità della procura) era stato depositato dopo la costituzione in giudizio dell’appellante, quando il relativo potere di certificazione era da considerare non più sussistente. Ed anche tale considerazione in diritto non è stata affatto contestata dal ricorrente.

5. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tate esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021

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