LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2178-2019 proposto da:
G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 26/B, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SABLONE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
F.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA BUFALOTTA 174, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA BARLETTELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ERMANNO MANCINI, giusta delega in atti;
FE.FA.EM., rappresentato e difeso dall’Avvocato SILVIA CIFONE, giusta delega in atti;
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SEBINO 11, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CAIANELLO, rappresentato e difeso dall’Avvocato ALESSIA MASCOTTO, giusta delega in atti;
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SEBINO 11, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CAIANELLO, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIANNALISA VIDIMARI, giusta delega in atti;
BE.AN., rappresentato e difeso da se medesimo e dall’avvocato FEDERICO BELLONI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIA N. 240, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO BELLONI, giusta delega in atti;
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI RIETI, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato EMANUELE VESPAZIANI, giusta delega in atti;
L.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO L., giusta delega in atti;
– controricorrenti –
nonché contro BA.AN.MA., D.P.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 7081/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
L’avv. G.P. ebbe ad evocare in giudizio avanti il Tribunale di Rieti il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rieti e, personalmente, i suoi componenti per sentirli condannare, in via tra loro solidale, a risarcirgli il danno provocatogli con l’avvio di procedimento disciplinare illegittimo, quantificato nella misura di Euro 20 mila.
Resistettero tutti i soggetti evocati ed il Tribunale reatino ebbe a rigettare la domanda; l’avv. G. impugnò con appello la decisione sfavorevole avanti al Corte d’Appello di Roma.
La Corte capitolina, sempre resistendo il Collegio professionale ed i suoi componenti, rigettò il gravame ed onerò l’avv. G. e delle spese di lite e di somma ex art. 96 c.p.c.
Per quanto ancora interessa, il Collegio romano, ai fini della liquidazione delle spese a carico del soccombente ebbe a ritenere la causa di valore pari ad Euro 20 mila, ossia pari all’ammontare del risarcimento chiesto dal G., in solido tra loro, ai soggetti evocati in giudizio.
Il G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza, articolato su tre motivi, illustrato con nota difensiva.
Resistono con controricorso F.A.F., L.E., B.A., R.A., Fe.Fa.Em., Be.An. ed il Consiglio dell’Ordine, questi ultimi due soggetti hanno anche depositato nota difensiva.
Sono rimasti intimati Br.An.Ma. e D.P.M., benché regolarmente evocati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal G. non ha fondamento giuridico e va rigettato.
In limine rileva il Collegio come con atto datato 14.2.2018 ma depositato in Cancelleria il 8.9.2021 e ritualmente accettato dalle controparti non costituite avv.ti Ba. e D., il G., unitamente al suo difensore, ha proposto rinuncia all’impugnazione mossa nei confronti dei soli due accettanti – resistenti non costituiti – a spese compensate.
Il procedimento di legittimità conseguito al ricorso proposto da G.P. nei soli confronti di Ba.An.Ma. e D.P.M. va dichiarato estinto per intervenuta rituale rinuncia ex art. 390 c.p.c. all’impugnazione proposta.
Con il primo mezzo d’impugnazione il professionista denunzia vizio di nullità per violazione delle norme ex artt. 91 e 10 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, art. 5 e 6 e artt. 1292,1298 e 1299 c.c., in quanto il Collegio romano ha ritenuto che il valore della controversia era da individuare nell’ammontare complessivo della richiesta risarcitoria proposta in via solidale verso i soggetti evocati.
Viceversa, ad opinione dell’impugnante, correttamente andava ritenuto che il valore della lite era da ragguagliare alla somma, risultante in capo al singolo obbligato, una volta sciolto il vincolo solidale.
La censura mossa appare priva di pregio giuridico posto che la tariffa ministeriale prescrive che il valore della causa, cui parametrare la liquidazione delle spese di lite, sia da effettuare secondo le regole del codice di rito. Ed, in modo perspicuo, il disposto dell’art. 11 c.p.c. – richiamato dall’art. 10 quale disciplina specifica per determinare il valore della causa – dispone che in ipotesi di obbligazione, di cui viene richiesto a più persone l’adempimento per quote, il valore sarà individuato dall’ammontare complessivo dell’obbligazione dedotta in causa – Cass. sez. 2 n 4441/77 -.
Inoltre non va dimenticato il principio – Cass. sez. 2 n 1749/72 – che, in ipotesi di obbligazione solidale, ciascuno dei convenuti è tenuto e può essere escusso per l’intero, sicché il valore della causa va attagliato all’intera pretesa senza che abbia rilievo la successiva ed eventuale fase di regresso tra i condebitori solidali, poiché estranea alla specifica pretesa azionata nella causa.
Quindi avendo il Collegio romano fatta puntuale applicazione della legge non concorre il vizio di legittimità denunziato.
Con la seconda censura mossa parte ricorrente lamenta vizio di nullità per la violazione del disposto delle norme dianzi indicate, in quanto la Corte capitolina, anche nel liquidare le spese di lite afferenti il grado di gravane, aveva individuato il valore della causa nell’ammontare complessivo della somma richiesta agli appellati in via solidale.
La soluzione, adottata in ordine al primo motivo di ricorso, comporta l’infondatezza del secondo omologo mezzo d’impugnazione in quanto attagliato al giudizio di gravame, nel cui ambito era sempre richiesta la condanna in solido al risarcimento del danno nel medesimo ammontare del primo giudizio.
Con il terzo mezzo d’impugnazione il G. rileva nullità della sentenza impugnata per violazione del disposto D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4 in quanto il Collegio romano ebbe a riconoscere, nella liquidazione delle spese di lite del grado d’appello, anche la voce tariffaria per la “fase istruttoria e di trattazione” che invece in sede di procedimento d’appello non risulta esser stata espletata per come attestato dal verbale di udienza.
Il motivo non è fondato posto che, in relazione all’esemplificazione presente in art. 4 tariffa forense dell’attività ricomprese nella voce tariffaria in discussione, nulla osta che detta fase sia svolta anche in relazione al procedimento di gravame, salva la puntuale comprova che, in effetti, alcuna delle attività previste nella voce tariffaria sia stata in concreto posta in essere.
Nella specie, a fronte del riconoscimento, operato dalla Corte di merito, della debenza anche della voce tariffaria, lumeggiante l’effettuazione di almeno una dell’attività previste nella citata norma, parte impugnante contrappone solamente l’astratta asserzione che effettivamente non fu svolta alcuna fase istruttoria senza che detta asserzione risulti confortata, ai fini della specificità del motivo, con l’illustrazione dell’attività svolta nell’ambito dell’udienza od udienze celebrate avanti la Corte d’Appello.
Difatti l’esemplificazione portata nel D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. c si riferisce non solo ad attività strettamente correlata all’espletamento dell’attività istruttoria della causa, bensì anche in generale ad attività di trattazione – Cass. sez. 3 n 20993/20 – della stessa, siccome anche testualmente confermato dalla locuzione utilizzata nella tabella annessa al D.M. citato, ove la fase viene descritta come “istruttoria e/o di trattazione” e ricordato dallo stesso ricorrente nella rubrica del motivo di censura mosso.
Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del G. alla rifusione, in favore di ciascuna delle parti resistenti costituite, delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Spese tassate in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore del Consiglio dell’Ordine e del Be., ed in Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore di tutte le altre parti resistenti, oltre in ogni caso accessori di legge e rimborso forfetario secondo regola di tariffa forense.
Concorrono in capo al G. i requisiti di legge per il versamento dell’ulteriore contributo unificato pari a quello già versato all’iscrizione della lite.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il G. a rifondere a tutti i soggetti resistenti costituiti le spese di lite del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00 per il Consiglio dell’Ordine ed il Be. ed in Euro 1.800,00 per tutti le altre parti resistenti, oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.
Dichiara l’estinzione del giudizio di legittimità tra il G., la Ba. ed il D., nulla per le relative spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, ad esito dell’adunanza in camera di consiglio in Roma, il 29 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021
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