Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.4084 del 16/02/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23482-2019 proposto da:

T.L., rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO VARALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1033/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. T.L., cittadino del ***** proveniente dalla Regione di *****, chiese alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona, la protezione internazionale nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria.

1.1. La domanda, respinta in sede amministrativa, venne rigettata dal Tribunale, che dispose l’audizione del ricorrente; la decisione di primo grado venne confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza del 14.3.2019.

1.2. Il racconto non venne ritenuto credibile per la presenza di numerose lacune ed incertezze relative ai luoghi, alle modalità delle torture subite nel periodo di detenzione, alla dinamica del sinistro ed alla possibilità che il ricorrente, ancora malato, fosse fuggito attraversando il *****; infine, la Corte di merito dubitò che egli non fosse a conoscenza del processo a suo carico per il sinistro stradale, pur avendo contatti in *****. Escluse che in ***** vi fosse una situazione di conflitto indiscriminato, anche con riferimento alla regione di *****, dove, già dal 2014, vi era stata una tregua delle ostilità tra le forze governative ed indipendentiste, interrotta da isolati scontri. Respinse la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie sia in relazione alle condizioni del Paese di provenienza, sia in relazione all’assenza di integrazione nel Paese di destinazione, non configurabile in ragione del mero esercizio di attività lavorativa presso un’azienda agricola.

2. Ha proposto ricorso per cassazione T.L. sulla base di tre motivi.

2.1. Il Ministero degli Interni ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omessa valutazione delle dichiarazioni rese in sede di audizione innanzi al Tribunale, sostenendo il ricorrente di aver colmato in tale sede le lacune ravvisate dalla Commissione Territoriale.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c., è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892/2016; Cass. S.U. n. 16598/2016).

1.2. Il motivo in esame mira surrettiziamente a sollecitare un diverso apprezzamento della credibilità delle dichiarazioni del ricorrente, che la Corte d’appello ha ritenuto intrinsecamente inattendibile, sulla base di numerosi indici rivelatori dell’incoerenza e della implausibilità del racconto, contenente numerose lacune ed incertezze relative ai luoghi, alle modalità delle torture subite nel periodo di detenzione, alla dinamica del sinistro ed alla possibilità che il ricorrente, ancora malato, fosse fuggito attraversando il *****; inoltre, la Corte di merito ha dubitato che il ricorrente non fosse a conoscenza del processo a suo carico nel Paese di provenienza.

1.3. Il ricorso afferma in modo apodittico la veridicità della versione resa innanzi al Tribunale, in sede di audizione, senza censurare profili di violazione o falsa applicazione di legge e si limita ad una mera trascrizione delle dichiarazioni rese in sede giudiziale, peraltro confermative di quelle rese in sede amministrativa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce “la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs. 25 del 2008, art. 8”, per avere la Corte di merito rigettato la richiesta di protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 14, lett. c) nonostante le fonti consultate dessero atto di una situazione di grave instabilità nella regione della *****, caratterizzata solo da una tregua delle ostilità tra forze governative ed indipendentiste.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Il Tribunale ha escluso, sulla base di numerose ed autorevoli fonti di informazione (cfr. pag.9, 10 e 11 del decreto) che nella regione della ***** e, più in generale, nello Stato del ***** fosse ravvisabile una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, all’art. 14, lett. c) facendo applicazione dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018).

2.3. L’accertamento circa la sussistenza, in concreto, di siffatto tipo di conflitto implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 2.4. Il ricorrente, senza fare riferimento a fonti diverse rispetto a quelle richiamate dal giudice di merito, si limita, in modo assertivo, a proporre una diversa interpretazione dell’accezione di “conflitto generalizzato” rispetto all’accertamento del giudice di merito, peraltro svolto in conformità ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza interna e sovranazionale.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce il vizio di carenza di motivazione in ordine alla richiesta di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, con conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, oltre che per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, del D.P.R. n. 349 del 1999, artt. 11 e 29 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 per avere la Corte fondato la statuizione di rigetto sull’elemento della carenza di credibilità del richiedente e sulle condizioni del Paese di provenienza.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 – applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

3.3. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

3.4. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile Sez. Un., 13/11/2019, n. 29459).

3.5. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha tenuto conto sia dell’assenza di vulnerabilità sia dell’assenza di integrazione, non ravvisabile nello svolgimento di attività lavorativa presso un’azienda agricola.

3.6. L’assenza di ragioni di vulnerabilità e di un percorso di integrazione rendono conforme la decisione ai principi di diritto affermati da questa Corte, indipendentemente dall’erronea affermazione del giudice di merito circa la rilevanza della credibilità delle dichiarazioni del ricorrente nell’ambito della valutazione della protezione umanitaria (cfr. Cassazione civile, sez. I, 21/04/2020, n. 8020 secondo cui il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno di una domanda di protezione internazionale, non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di “vulnerabilità” ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, poichè la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale).

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

4.1. Non deve provvedersi sulle spese in quanto il controricorso è privo dei requisiti che lo rendono idoneo a svolgere la sua funzione di contrastare le tesi del ricorrente in quanto mancante di qualsiasi riferimento alla concreta vicenda processuale.

4.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, art. 5, comma 6, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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