Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.40994 del 21/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28021/2019 proposto da:

Atradius Credito Y Caucion S.A. de Seguros Y Reaseguros, elettivamente domiciliata in Roma Lungotevere Michelangelo 9, presso lo studio dell’avvocato Biamonti Luigi, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gallitto Niccolò Antonino;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Dei Caprettari, 70 presso lo studio dell’avvocato Li Puma Emanuele, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Borlone Luigi;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 3812/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza cameralizzata del 27/10/2021 dal consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

FATTI DI CAUSA

1. Atradius Credit Insurance N. V. ricorreva ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c. al Tribunale di Roma, esponendo di avere stipulato con ***** S.p.A., il 10 luglio 2007, una polizza fideiussoria per Euro 216.458,52, diretta a garantire al Comune di Verolanuova la corretta esecuzione da parte di ***** di opere d’urbanizzazione, ed esponendo altresì che in un’appendice a detta polizza C.E. – legale rappresentante di ***** che qui agiva in proprio – si era dichiarato fideiussore riconoscendo il diritto di Atradius di ottenere da lui il rilievo ai sensi dell’art. 1953 c.c.. Essendo poi fallito ***** senza aver eseguito le opere, il Comune escuteva Atradius, cui il coobbligato C. nulla corrispondeva nonostante le richieste della stessa. Per questo Atradius adiva il Tribunale chiedendo di dichiarare l’obbligo del C. di tenerla indenne e quindi di condannarlo a pagarle la somma di Euro 216.458,52; in subordine chiedeva di dichiarare il proprio diritto di rilievo e di condannare il C. a prestare le idonee garanzie per assicurarle il soddisfacimento delle eventuali azioni di regresso riguardo alla polizza; in ulteriore subordine chiedeva di dichiarare il proprio diritto ad agire per regresso e di condannare il C. a pagarle la medesima somma di Euro 216.458,82.

Il C. si costituiva, resistendo.

Il Tribunale, con sentenza del 16 ottobre 2014, accoglieva la domanda principale, dichiarando l’obbligo del resistente di tenere indenne la ricorrente e condannando il resistente a pagare alla ricorrente Euro 216.418,52.

Il C. proponeva appello, cui resisteva Atradius.

La Corte d’appello di Roma, accogliendo l’appello con la sentenza del 7 giugno 2019, rigettava ogni domanda dell’appellata Atradius, condannandola alle spese di entrambi i gradi.

2. Atradius Credit Insurance N. V., nelle more divenuta Atradius Credito y Caucion S.A. de Seguros y Reaseguros, ha presentato ricorso articolato in tre motivi e illustrato anche con memoria.

C.E. si è difeso con controricorso e ha proposto ricorso incidentale, basato su un unico motivo, anch’esso illustrato pure con memoria.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte per il rigetto di entrambi i ricorsi.

La pubblica udienza si è compiuta in forma camerale, D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso principale, come già si è detto, è composto di tre motivi.

3.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322,1936,1950 e 1953 c.c., per avere il giudice d’appello ritenuto che la controgaranzia rilasciata a favore della ricorrente dal C. costituisse una “mera fideiussione al fideiussore”, anziché una garanzia autonoma, per pretesa inderogabilità delle norme regolanti la fideiussione erroneamente e apoditticamente ritenute imperative, e quindi appunto inderogabili, così violando l’art. 1322 c.c.

La corte territoriale sarebbe incomprensibile nel ritenere che l’art. 1950 c.c. sia inderogabile, pur esistendo legittime garanzie atipiche (si invoca in particolare l’insegnamento di S.U. 3947/2010). Per tale esistenza si dovrebbe riconoscere che l’obbligazione del C. si fonda su “una propria, autonoma e legittima causa”: costituisce una controgaranzia autonoma, ammessa dalla giurisprudenza di legittimità.

La sentenza d’appello sarebbe poi contraddittoria e illogica, reputando quella della ricorrente una garanzia autonoma a prima richiesta e invece garanzia tipica di regolazione inderogabile la garanzia di cui all’appendice della polizza.

3.2 Il secondo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss. riguardo le statuizioni presenti nella Dichiarazione di Fideiussione del C..

Rimarcando che il primo motivo sarebbe già di per sé sufficiente, la ricorrente afferma che il secondo viene proposto per tuziorismo.

Questo motivo, in sintesi, denuncia la mancanza di una corretta applicazione dei criteri ermeneutici contrattuali.

3.3 il terzo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4 in relazione alla condanna alla rifusione delle spese processuali a favore del C., nonché erronea liquidazione delle spese processuali stesse.

4. Il ricorso incidentale presenta un unico motivo che denuncia violazione dell’art. 1938 c.c. e art. 112 c.p.c.

Pur avendo vinto nel giudizio d’appello, il C. intende riproporre la questione della indeterminatezza della garanzia, non ritenendo condivisibile la corte territoriale nel seguente passo che si rinviene a pagina 7 della sentenza:

“Analogamente l’appellante non può dolersi dell’eventuale indeterminatezza dell’importo massimo garantito nella “fideiussione al fideiussore”, che non costituisce titolo che fonda nella decisione del Tribunale l’accoglimento delle ragioni di Atradius”.

Ad avviso del ricorrente ciò omette di accertare se sia stato rispettato l’art. 1938 c.c. La “dichiarazione di fidejussione” non indicherebbe il massimo garantito, “indipendentemente dall’espresso richiamo al numero della Polizza principale, al contrario di quanto erroneamente osservato dal Tribunale”. Pertanto la natura imperativa della norma porterebbe alla nullità ex art. 1418 c.c. l’appendice della polizza, perché priva di una somma massima di garanzia.

5.1 Il primo e il secondo motivo del ricorso principale meritano un vaglio congiunto e, per meglio comprenderli, è opportuno riassumere in primis il contenuto della sentenza impugnata.

La corte territoriale prende le mosse riportando ampiamente la motivazione della sentenza di primo grado (v. sentenza d’appello, pagine 2-5), ove, disattesa l’eccezione di nullità della dichiarazione di coobbligazione assunta dal C. per omessa indicazione dell’importo massimo della garanzia ex art. 1938 c.c. – affermando che tale importo è agevolmente desumibile dall’espresso richiamo nell’appendice della polizza al numero della polizza sottoscritta in pari data dallo stesso C. quale legale rappresentante della ***** e dove è espressamente indicata, quale importo massimo della garanzia principale prestata a favore del Comune garantito, la somma di Euro 216.418,52 -, il Tribunale rileva che è stata stipulata una “fideiussione al fideiussore”, o fideiussione di regresso, nella quale “il fideiussore si obbliga nei confronti di colui il quale è già fideiussore, per garantirgli, una volta che egli abbia pagato, la fruttuosità dell’azione di regresso”, in modo tale che nella seconda fideiussione il primo fideiussore diventa il creditore garantito che, dopo avere pagato il primo creditore, potrà escutere l’altro fideiussore.

Osserva il primo giudice che, quindi, si è dinanzi a “due contratti di fideiussione, concettualmente ed ontologicamente autonomi, per quanto, generalmente, funzionalmente collegati”. Sulla base di questo, in sostanza, il Tribunale ha riconosciuto “l’obbligo di C.E. di tenere indenne la Atradius da ogni pagamento effettuato o da effettuare in virtù della polizza”, e conseguentemente lo ha condannato a pagare ad essa la somma di Euro 216.418,52.

La corte territoriale accoglie invece il secondo e il terzo motivo dell’appello proposto dal C., sostenendo che questi, con la polizza accessoria definita “dichiarazione di fideiussore”, si sarebbe reso “garante dell’adempimento delle obbligazioni a carico del debitore principale *****”, e dunque “in sostanza del pagamento di tutto quanto Atradius, fideiussore del primo rapporto, può pretendere dal debitore anche in via di regresso dopo aver soddisfatto il creditore”. Pertanto il C. “diventa fideiussore del primo fideiussore Atradius non al fine di garantire il debito di quest’ultimo verso il creditore principale, ma esclusivamente il debito del debitore principale verso lo stesso primo fideiussore”. Quindi non sussisterebbe “una autonoma garanzia distinta dal già autonomo rapporto fideiussorio accessorio”, onde “la previsione della azionabilità della fideiussore (sic) del regresso anche prima dell’effettivo pagamento al creditore principale non è altro che regolamentazione palesemente in contrasto con l’art. 1950 c.c.” e “una evidente forzatura dell’istituto di garanzia” che giungerebbe a vanificare “la causa concreta della fideiussione del regresso, che è appunto quella di assicurare al fideiussore il buon esito dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale”.

Inoltre, come rilevato dall’appellante, “un generico patto di manleva, il quale fosse stato per avventura inserito nel contesto regolamentare di altra fattispecie di garanzia, necessiterebbe di una causa concreta corrispondente all’interesse sia del garante che del garantito, il quale, nel contesto dato, rimanda sempre al buon esito dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale”. Quindi “l’eventuale patto di manleva, che avesse avuto ingresso in quel contesto contrattuale, si confonderebbe, per la causa, sempre con fideiussione del regresso, e la sua regolamentazione in deroga finirebbe per violare le condizioni di esercizio della stessa fideiussione del regresso”.

Dunque, conclude il giudice d’appello, “l’eventuale generico patto di garanzia, pure costruito in chiave completamente autonoma, e dunque stralciato da ogni eventuale causa, non sarebbe lecito nella parte in cui autorizza l’escussione prima del pagamento, perché contrario a norme imperative, consentendo di conseguire il risultato vietato dall’ordinamento che all’art. 1950 c.c. condiziona il regresso, e quindi anche le azioni a sua tutela, all’intervenuto pagamento del creditore principale”.

5.2 Questa tortuosa motivazione, che, a ben guardare, continua sempre a tornare alla stessa argomentazione – tutto è stato concluso a favore del creditore principale, e non vi è regresso quindi di Atradius nei confronti del C., pena tra l’altro la violazione dell’art. 1950 c.c. -, manifesta con evidenza una erronea sussunzione, nel senso di falsa applicazione in relazione tanto alla norma fondante che attiene all’autonomia negoziale – l’art. 1322 c.c., subito invocato infatti nel primo motivo del ricorso – quanto alle norme ermeneutiche – a loro volta richiamate nel secondo motivo.

Infatti, come la ricorrente ha evidenziato ricostruendo in ricorso i fatti nel rispetto del principio della autosufficienza, il legame che la corte territoriale individua tra la “seconda” garanzia – che la corte con moto subitaneo definisce fideiussione, senza calibrarne il testo – e la posizione d’interesse del Comune chiaramente non sussiste, al contrario emergendo in modo inequivoco, dal tenore dell’appendice rapportata proprio alla polizza fideiussoria, l’autonomia della “seconda” garanzia.

5.3 Quale appendice della polizza fideiussoria che il 10 luglio 2007 ***** ha stipulato con Atradius per garantire la corretta esecuzione delle opere di urbanizzazione relative al piano di recupero “*****” in una frazione del Comune, il C. – che era l’amministratore unico della ***** – ha sottoscritto pure una “dichiarazione di fideiussione”, conformata però nella sua sostanza negoziale come esemplare fattispecie di garanzia a prima richiesta: egli infatti assume, tra l’altro, l’obbligo di “versare in qualunque momento, ed a semplice richiesta, alla Società stessa, ogni eccezione rimossa, ivi comprese quelle di cui all’art. 1952 c.c., tutte le somme a qualunque titolo o per qualunque ragione sborsate e/o che fosse chiamata a sborsare ed anche prima del loro effettivo pagamento”.

Ictu oculi, dunque, ovvero già in corrispondenza del canone letterale che si applichi – come occorre – oltre il 1:itolo del negozio scendendo nel suo contenuto regolamentare, nessuna tutela del Comune è sottesa ad una siffatta assunzione di garanzia, al contrario evidentemente rilasciata “alla Società”, delineando un obbligo di adempimento a suo favore “a semplice richiesta” e quindi esonerando da ogni eccezione (“ogni eccezione rimossa”), inclusa quella relativa all’ancora mancante pagamento del debitore principale (“anche prima” perciò di un “effettivo pagamento”): e tutto questo senza che vi si riverberi in alcun modo interesse del Comune, governando invece quello di Atradius in relazione alle conseguenze del suo eventualmente necessario adempimento della polizza fideiussoria. E – come aveva correttamente rilevato il primo giudice – l’inequivoca correlazione a quest’ultima apporta anche alla identificazione dell’oggetto della garanzia a prima richiesta, ovvero la somma oggetto della polizza fideiussoria, così da rendere rilevante la sua menzione nell’appendice che racchiude la garanzia assunta dal C.: la quale d’altronde, per la sua ontologica differenza rispetto a quella che è una vera fideiussione di Atradius a favore del Comune, si appalesa come l’unica garanzia a prima richiesta rinvenibile in questi intrecciati rapporti.

5.4 D’altronde, nessun vizio inficia la garanzia racchiusa nell’appendice de qua, qui ricorrendo (come già si accennava) ad un corretto esercizio di autonomia negoziale che l’art. 1322 c.c. sine dubio consente trattandosi di diritti disponibili (cfr. da ultimo Cass. sez. 3, ord. 26 agosto 2020 n. 17820, per cui in caso di fideiussione di regresso – o fideiussione al fideiussore – merita tutela ex art. 1322 c.c. la clausola di estensione della spettanza dell’azione di rilievo attivamente al primo fideiussore e passivamente al fideiussore di regresso, perché diretta “a rafforzare la funzione di garanzia del collaterale negozio incidendo su valori patrimoniali oggetto di contratto e non su diritti indisponibili”; e sulla stessa linea si rinviene l’ancor più recente Cass. sez. 6-3, ord. 31 marzo 2021 n. 8832).

6. Dunque, quanto rilevato conduce all’accoglimento del ricorso principale, assorbendone il terzo motivo concernente le spese disposte in una pronuncia che viene ora cassata con rinvio.

Parimenti, quel che si è osservato in ordine al ricorso principale include anche il disattendimento del ricorso incidentale, poiché ne emerge, appunto, la determinazione dell’oggetto per cui il C. si è vincolato, ovvero che egli ha assunto un obbligo di garanzia a prima richiesta in chiara relazione a quanto concordato come oggetto di garanzia nella polizza fideiussoria, senza pertanto incorrere in alcuna configurazione di nullità.

7. In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto quanto al primo e al secondo motivo, con assorbimento del terzo, mentre il ricorso incidentale deve essere rigettato; la sentenza impugnata va quindi cassata in relazione, con rinvio – anche per le spese di lite – alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo, rigetta il ricorso incidentale, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Roma.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021

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