LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C.P., e La Corte s.a.s. di C.P. e C., in persona del socio accomandatario C.P., rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocato Marco Dotta, elettivamente domiciliati presso il suo studio in Torino, via XX Settembre n. 17.
– ricorrenti –
contro
L.G., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati Roberto Giacobina, e Giulio Mundula, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Tronto n. 32.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 411/2015 della Corte di appello di Torino, depositata il 31.5.2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22.9.2021 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto notificato il 28.12.2016 La Corte s.a.s. di C.P. e C., in persona dell’amministratore e socio accomandatario C.P., e quest’ultimo in proprio propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 923 del 31.5.2016 della Corte di appello di Torino che, in riforma della decisione di primo grado, aveva respinto la loro opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso di L.G., titolare della ditta G. Impianti, per il pagamento della somma di Euro 27.500,00, quale corrispettivo dei lavori di realizzazione degli impianti idraulici e termosanitari in alcune villette. A sostegno della conclusione accolta la Corte torinese, per quanto qui ancora interessa, affermò che sulla base dei testi escussi e della documentazione acquisita risultava provato che i lavori realizzati, la cui esecuzione e congruità del prezzo non erano stati contestate, erano stati effettivamente conferiti dalla società opponente al L., disattendendo la tesi difensiva della opponente secondo cui i lavori erano stati commissionati alla società Antiche Borgate e che il L. li aveva eseguiti in qualità di subappaltatore di quest’ultima.
Resiste con controricorso L.G..7 La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., lamentando che la Corte di appello abbia ammesso la testimonianza di N.B.R. e fondato la propria decisione sulle dichiarazioni da questi rese, nonostante la palese incapacità a testimoniare dello stesso, in quanto socio accomandatario ed amministratore della società Antiche Borgate. La società opponente aveva infatti dedotto che i lavori di cui il L. aveva chiesto il pagamento erano stati da essa commissionati proprio alla Antiche Borgate, con la quale aveva stipulato un contratto di appalto scritto che difatti li comprendeva, e che quest’ultima li aveva dati in subappalto a L., sicché era evidente l’interesse di detto teste a smentire tale versione dei fatti, che, se confermata, avrebbe comportato l’obbligo a carico della Antiche Borgate di provvedere al loro pagamento in favore della parte opposta.
Il motivo è fondato.
Ai sensi dell’art. 246 c.p.c., non possono essere assunti come testimoni le persone aventi un interesse che possa legittimare la loro partecipazione al giudizio. Questa Corte ha precisato che l’incapacità a deporre si verifica quando il teste sia titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, sia in veste di attore che di intervenuto o chiamato in causa (Cass. n. 1101 del 2006; Cass. n. 6894 del 2005; si veda pure: Cass. n. 167 del 2018; Cass. n. 9353 del 2012; Cass. n. 19498 del 2018).
Nel caso di specie la testimonianza risulta resa da N.B.R. che, in base alla allegazione di parte opponente e come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata, era socio accomandatario della s.a.s. Antiche Borgate, vale a dire della società che, secondo la prospettazione dell’opponente, aveva stipulato il contratto di appalto dei cui lavori le era stato chiesto il pagamento. Appare pertanto evidente che la suddetta società era portatrice di un interesse che avrebbe legittimato la sua partecipazione in giudizio, sia in quanto, come affermato dalla stessa Corte di appello, essa avrebbe potuto essere “chiamata in giudizio dallo stesso C. per essere manlevato dalle pretese della ditta G. Impianti che, a suo dire, erano già state saldate in favore della impresa appaltatrice”, sia perché, può aggiungersi, essa avrebbe potuto essere destinataria della pretesa creditoria della stessa ditta G. Impianti, nel caso in cui fosse stato accertato che quest’ultima aveva agito come sua subappaltatrice.
Appare opportuno altresì precisare che l’interesse qualificato del testimone che ne determina la incapacità a deporre va apprezzato ex ante, al momento in cui la deposizione viene resa, e non sulla base di fatti successivi (Cass. n. 22030 del 2008; Cass. n. 7740 del 1999).
La sentenza impugnata appare pertanto errata, per avere respinto l’eccezione di incapacità del teste sollevata dall’appellato e quindi per avere tenuto conto, ai fini della ricostruzione dei rapporti intercorsi tra le parti, conferendole un autonomo rilievo in termini di decisività, della dichiarazione testimoniale del teste incapace, fondando così il proprio convincimento su una prova nulla.
Il secondo motivo di ricorso, che denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per non avere considerato il contratto di appalto sottoscritto dalle società La Corte e Antiche Borgate comprendeva i lavori di cui al credito azionato dal L., si dichiara assorbito.
La sentenza va quindi cassata in relazione al primo motivo e la causa rinviata alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021