Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.41269 del 22/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18049/2012 di R.G. proposto da:

EQUITALIA NORD S.P.A., elettivamente domiciliata in Roma Via Faravelli n. 22, presso lo studio dell’avvocato Arturo Maresca, rappresentata e difesa dall’avv. Luca Schiavon.

– ricorrente –

contro

LEVORATO – MARCEVAGGI S.R.L., elettivamente domiciliata in Roma Via dei Monti Parioli n. 48, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Marini, rappresentata e difesa dall’avvocato Loris Tosi e dall’avvocato Giuseppe Marini.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– intimata –

Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO, n. 02/05/12, depositata il 16/01/2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14 dicembre 2021, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Riccardo Guida. Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale Alberto Cardino ha formulato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del secondo, del terzo e del quarto motivo del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

1. Equitalia Polis S.p.a. notificò a La Nuova Rapida S.r.l. tre cartelle di pagamento per IRAP, IVA, ritenute IRPEF, rispettivamente (la prima) per il 2000, (la seconda) per il 2001, (la terza) per il 2002 e il 2003 e, non essendo andato a buon fine il tentativo di recupero dei crediti tributari, nel maggio 2009, notificò le medesime cartelle, per un importo complessivo di Euro 487.657,72, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, a Levorato Marcevaggi S.r.l., la quale, nel maggio del 2002, aveva acquistato da La Nuova Rapida S.r.l. un ramo d’azienda (al prezzo di Euro 438.988,00).

2. Levorato Marcevaggi S.r.l., con atti distinti, impugnò le cartelle e la Commissione tributaria provinciale di Venezia, riuniti i ricorsi, li accolse, con decisione che, sull’appello principale di Equitalia Nord S.p.a. (nel frattempo subentrata a Equitalia Polis S.p.a.) e su quello incidentale della contribuente e dell’Agenzia delle entrate, è stata parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) del Veneto che ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia e, nel resto, ha confermato la decisione di primo grado.

3. La C.T.R., in primo luogo, ha ritenuto che l’Agenzia fosse del tutto estranea al complesso procedimento scaturito dall’emissione delle cartelle nei confronti della debitrice principale La Nuova Rapida S.r.l., e, successivamente, dalla loro notificazione a Levorato Marcevaggi S.r.l., cessionaria di un ramo d’azienda della contribuente inadempiente. Nel merito, il giudice d’appello ha premesso che, per il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, l’escussione del cessionario dell’azienda può avvenire soltanto dopo l’inutile tentativo di escussione del cedente. Indi, ha ravvisato che l’Agente della riscossione avesse violato il principio del beneficio d’escussione, non avendo escusso preventivamente il patrimonio della debitrice principale (nonché cedente l’azienda) che, in base alla documentazione versata in atti, era sufficiente a coprire i debiti fiscali de La Nuova Rapida S.r.l.

4. Equitalia Nord S.p.a. ricorre con quattro motivi avverso la sentenza d’appello; la società resiste con controricorso, nel quale articola ricorso incidentale, affidato a un motivo; l’Agenzia delle entrate ha depositato un atto finalizzato alla partecipazione alla pubblica udienza, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

RAGIONI DELLA DECISIONE

(i) Preliminarmente, sono prive di fondamento le censure d’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per cassazione sollevate dalla contribuente, giacché: (a) il ricorso soddisfa il requisito dell’autosufficienza in quanto menziona con chiarezza gli elementi oggettivi della causa e la vicenda processuale; (b) in punto d’eccezione d’improcedibilità del ricorso per omesso deposito, unitamente al ricorso medesimo, degli atti processuali sui quali esso si fonda, vanno richiamati integralmente i principi in materia enunciati da Cass. Sez. U. 03/11/2011, n. 22276, con la precisazione che, nella specie, la presentazione dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio è sufficiente a garantire la procedibilità del ricorso, anche in considerazione del fatto che il fascicolo di parte resta acquisito a quello d’ufficio, a meno che la parte non ne abbia irritualmente ottenuto la restituzione dalla segreteria della Commissione tributaria (Cass. 23/03/2016, n. 5740; 22/01/2016, n. 1175; 14/01/2015, n. 434).

1. Con il primo motivo di ricorso principale (“1. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 49 e dell’art. 491 c.p.c. (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”), Equitalia Nord S.p.a. censura la sentenza impugnata che, nonostante l’ineccepibile premessa giuridica secondo cui il beneficio d’escussione a favore del cessionario di azienda riguarda soltanto la fase esecutiva, ha poi erroneamente giudicato operante tale principio anche a fronte della semplice notifica, alla cessionaria Levorato Marcevaggi S.r.l., della cartella di pagamento, che (però) non è un atto esecutivo, in quanto l’esecuzione inizia con il (successivo) pignoramento.

2. Con il secondo motivo (“2. Omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la sentenza impugnata non ha fornito alcuna motivazione in ordine agli elementi che erano stati dimessi nel corso del giudizio al fine di rappresentare il rispetto del beneficium excussionis (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”), la ricorrente censura il vizio della motivazione della sentenza impugnata che ha trascurato una serie di elementi -segnatamente, che (i) la società La Nuova Rapida S.r.l. era in liquidazione dal 2005, non svolgeva alcuna attività ed era “sconosciuta” all’indirizzo corrispondente alla sua sede legale; (ii) alcuni beni della società erano stati pignorati e, dalla loro vendita, erano state ricavate poche migliaia di Euro; (iii) durante l’accesso dell’ufficiale per la riscossione, S.G., liquidatore de La Nuova Rapida S.r.l., aveva dichiarato che la società non disponeva di altri beni e, del resto, lo stesso incaricato della riscossione aveva dato atto che, nonostante le ricerche, non aveva rinvenuto altri beni da sottoporre a pignoramento; (iv) erano stati esperiti anche due pignoramenti presso terzi (due istituti di credito), che avevano fruttato poco più di mille Euro – che erano stati offerti, fin dal primo grado del giudizio, a conferma che il beneficio d’escussione (sebbene non ritenuto operante) era comunque stato rispettato.

3. Con il terzo motivo (“3. Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: dalla documentazione agli atti non emerge che la società cedente aveva un patrimonio sufficiente a soddisfare il credito iscritto a ruolo (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”), la ricorrente stigmatizza la contraddittorietà della sentenza impugnata che per un verso asserisce che la debitrice principale/cedente aveva un attivo patrimoniale sia nel 2002, anno in cui si era perfezionata la cessione di azienda, sia negli anni successivi, rappresentato da numerosi crediti verso terzi, che il concessionario della riscossione non aveva valutato né cercato di recuperare, sebbene detto attivo fosse sufficiente a coprire il debito tributario della medesima società; per altro verso, non considera che i crediti iscritti a ruolo verso La Nuova Rapida S.r.l. ammontavano a Euro 3.829.244,34, mentre la consistenza attiva della società, registrata in bilancio, nel 2009 (anno di notifica delle cartelle a Levorato Marcevaggi S.r.l.), pari a Euro 895.495,00, era del tutto insufficiente ad estinguere l’obbligazione tributaria.

4. Con il quarto motivo (“1. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, sotto un diverso profilo (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”), la ricorrente ascrive alla sentenza impugnata la violazione del principio che, per il rispetto del beneficio d’escussione, non è necessario che sia dimostrato l’esperimento di azioni esecutivi nei confronti della debitrice principale nell’ipotesi in cui (ed è quanto si è verificato in questa vicenda tributaria) sia provata l’inutilità di simili azioni a causa dell’insufficienza del patrimonio dell’obbligata a soddisfare anche parzialmente il credito fiscale per cui si procede.

5. I quattro motivi di ricorso, da esaminare insieme per connessione, sono fondati.

5.1. Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, in tema di “Cessione di azienda.”, dispone: “1. Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.”.

5.2. Per questa sezione tributaria (Cass. 27/05/2021, n. 14736, in continuità con Cass. Sez. U. 16/12/2020, n. 28709), “In tema di responsabilità solidale del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 14 del cessionario di azienda o di ramo di essa, va esclusa la nullità della cartella di pagamento per il solo fatto che l’emissione della stessa e l’iscrizione a ruolo non siano stati precedute dalla preventiva escussione del cedente il ramo di azienda, poiché la violazione del “beneficium excussionis” non configura un vizio proprio della cartella ma la relativa eccezione integra un’autonoma “causa petendi” impugnatoria appartenente al perimetro dell’esecuzione che può fondare, al più, la richiesta di sospensione dell’atto riscossivo D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 47.”.

5.3. La C.T.R., discostandosi da tale principio di diritto, ha ravvisato la violazione, da parte del concessionario della riscossione, del beneficio d’escussione per non avere sottoposto ad esecuzione il patrimonio della società cedente prima di emettere la cartella nei confronti della cessionaria.

5.4. La sentenza è altresì viziata nella motivazione poiché asserisce che, comunque, il patrimonio della cedente era sufficiente a coprire l’obbligazione tributaria, senza prendere in considerazione i numerosi elementi oggettivi, offerti dalla ricorrente, a dimostrazione del fatto che, in realtà, il patrimonio de La Nuova Rapida S.r.l., sottoposta a precedenti pignoramenti, era assolutamente insufficiente a soddisfare il debito erariale. Un simile accertamento di fatto – che, previa cassazione della decisione d’appello, è demandato al giudice di merito – è dirimente come chiarito dalle Corte a Sezioni Unite (così Cass. Sez. U. n. 28709/2020, che, come nota Cass. n. 14736/2021, sebbene affronti la questione dell’impugnabilità della “cartella di pagamento, notificata al socio illimitatamente responsabile in relazione a debiti della società, a causa della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale, statuisce, in motivazione, principi in materia di beneficium excussionis, applicabili anche al cessionario di azienda alla luce di quanto sancito dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, comma 1.”), secondo cui, ove l’Amministrazione creditrice, gravata del relativo onere probatorio (in base all’insegnamento delle Sezioni Unite appena richiamate (p. 19), in analogia con i principi sul riparto dell’onere della prova, tra erario e contribuente, in materia di impugnazione della cartella da parte del socio illimitatamente responsabile per i debiti della società), provi l’insufficienza totale o parziale del patrimonio della società cedente per la realizzazione del credito del fisco, il ricorso della società cessionaria contro la cartella verrà rigettato o accolto parzialmente (negli stessi limiti).

6. Con l’unico motivo del ricorso incidentale (“Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Illegittimità della sentenza di seconde cure nel capo in cui ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate. Violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 22 e dell’art. 102 c.p.c.”), la società censura l’errore di diritto della sentenza impugnata nella parte in cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia, senza considerare che le somme oggetto delle cartelle impugnate sono “riversate nelle casse dell’Agenzia delle entrate” (cfr. pag. 94 del controricorso), la quale, pertanto, è litisconsorte necessaria nel presente giudizio.

6.1. Il motivo è inammissibile.

La censura in esso contenuta è generica e, in sostanza, si regge sull’erroneo presupposto che, in caso di impugnazione della cartella esattoriale, sussista (sempre) la legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate, quale soggetto destinatario delle entrate fiscali. Invece, per la giurisprudenza della Corte, il discrimine tra la legittimazione dell’ufficio e quella del concessionario poggia su una specifica base giuridica (nemmeno adombrata dalla contribuente) che consiste in ciò, che la legittimazione spetta al concessionario ove si faccia valere un vizio proprio della cartella di pagamento, mentre spetta all’Agenzia delle entrate (la quale, pertanto, è litisconsorte necessario), quando si faccia questione della fondatezza della pretesa erariale (Cass. 24/04/2018, n. 10019).

7. In conclusione, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, la sentenza è cassata, in relazione al ricorso principale, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso principale e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2021

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