Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.41293 del 22/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32497-2020 proposto da:

K.E.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via L.

Pirandello, 67/A, presso lo studio dell’avvocato Sabrina Belmonte, e rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Fedeli, per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, n. 8372/2020 depositato in data 17 novembre 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 30/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALZA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. K.E.A., cittadino del Senegal, ricorre con unico motivo per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della competente commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del diritto al riconoscimento di quella umanitaria, nella ritenuta inattendibilità del racconto ed insussistenza dei presupposti della richiesta protezione.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al dichiarato fine di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del giorno 30 settembre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

2. Con l’unico proposto motivo il ricorrente deduce l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda: violazione di legge con riferimento al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 2, oltre al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6".

Il tribunale aveva erroneamente escluso, in ragione degli esiti istruttori, il radicamento in Italia del richiedente protezione umanitaria ed in capo al primo una situazione di vulnerabilità che deve essere accordata, invece, quando il rimpatrio si ponga in contrasto con norme di rango costituzionale quali l’art. 10 Cost., o internazionale, come la Convenzione di Ginevra del 1951 che, all’art. 33, esclude il respingimento del rifugiato verso i territori in cui vita e libertà verrebbero minacciate per ragioni legate alla razza, religione, cittadinanza o appartenenza ad un gruppo sociale o per opinioni politiche.

Il motivo è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4, perché, generico, non si confronta con il provvedimento impugnato e con il giudizio del tribunale sulla insussistenza dei presupposti relativi alla protezione per motivi umanitari.

Il tribunale ha escluso in capo al richiedente una situazione di vulnerabilità ed il ricorso dell’istante si limita a contestare genericamente siffatto accertamento senza dedurre quale situazione sia mancata nella valutazione dei giudici di merito e, ancora, a contestare l’escluso radicamento senza dare conto delle ragioni di sussistenza mancate nell’accertamento impugnato, nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche in punto di radicamento in Italia.

In ricorso non si deduce poi sulla lesione dei diritti fondamentali che verrebbe dal rimpatrio nella terra di origine e tanto nella non credibilità del racconto, ritenuta dal tribunale ed in alcun modo censurata in ricorso, e della così accertata insussistenza delle ivi dedotte situazioni di vulnerabilità.

3. La natura delle censure proposte dal ricorrente, che giustifica la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in applicazione del criterio della “ragione più liquida”, esclude la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione relativa all’invalidità della procura ad litem per mancanza di certificazione della data di rilascio, risolta in senso affermativo da una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 1/06/2021, n. 15177) e su quella, successiva, di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970).

Non occorre provvedere sulle spese nella tardività della costituzione dell’Amministrazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2021

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