Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.41439 del 23/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

su ricorso 22265/2019 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in Roma Via Giovanni Nicotera 29 presso lo studio dell’avvocato Armando Pergola, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Unicredit Spa, elettivamente domiciliato in Roma Via Vigliena, 10 presso lo studio dell’avvocato Fabio Di Nicuolo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gurreri Alessandro;

– controricorrente –

contro

Fino 1 Securisation Srl, quale avente causa di Unicredit spa e, per essa, la do Value Spa (nuova denominazione assunta da Dobank spa), elettivamente domiciliato in Roma Viale Parioli, 74 Sc. b presso lo studio dell’avvocato Francesco Piselli, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3042/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata ii 08/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2021 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

FATTI DI CAUSA

1. S.G. ricorre, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva riformato la pronuncia del Tribunale di Velletri con la quale, in accoglimento della domanda da lui proposta, era stata accertata la falsità della sottoscrizione esistente nella fideiussione vantata da Unicredit Spa a garanzia della S. Gioielli di C. e D.S., ed era stata accolta anche la sua domanda risarcitoria nei confronti dell’istituto di credito. 1.1. Per ciò che qui interessa, la Corte territoriale ha ribaltato la sentenza del primo giudice valorizzando sia il recesso dalla fideiussione (circostanza questa che veniva ritenuta incompatibile con la negazione della sottoscrizione dell’atto revocato), sia la mancata comparazione, da parte del CTU, della firma dell’odierno ricorrente con quella apposta in un documento prodotto e non considerato in sede peritale, fatto questo che rendeva l’accertamento inidoneo a superare sia la prima ratio della decisione, sia la valutazione della prova testimoniale assunta, ritenuta non convincente.

2. Le parti intimate hanno resistito con controricorso; la Fino 1 Securisation s.r.l. ha depositato anche memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 1418 e 1325 c.c. e dell’art. 117TUB con conseguente erronea valutazione della documentazione disconosciuta e accertata come apocrifa nel giudizio di primo grado.

1.1. Assume, al riguardo, che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che la controversia originaria intercorsa fra le parti riguardava l’accertamento della nullità della fideiussione asseritamente sottoscritta in data 24 luglio 2009 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla società ” S. Gioielli snc” e che non era stato considerato che egli aveva scoperto l’esistenza della fideiussione bancaria a garanzia delle obbligazioni assunte dalla società costituita da parenti con i quali non intratteneva rapporti da lungo tempo; che aveva dedotto di non aver mai sottoscritto la fideiussione oggetto della controversia e che entrato in possesso di una copia di essa dall’esame della quale aveva constatato che la firma apposta in calce non era la propria.

1.2. Lamenta, sul punto, che la CTU calligrafica che era stata espletata nel corso de giudizio di primo grado era stata realizzata con estrema completezza e da essa emergeva in modo inconfutabile che la firma risultante in calce al documento era falsa.

1.3. Deduce, al riguardo:

a. che la Corte d’appello aveva erroneamente ribaltato la decisione di primo grado – superando l’accertamento peritale e, quindi, la conseguente nullità del negozio – sulla base di un documento successivo che era dipendente e connesso al primo e che, pertanto, doveva ritenersi travolto dalla potenziale invalidità del negozio fideiussorio;

b. che con ciò aveva violato l’art. 117 T.U.B, che prevede il requisito della forma scritta del contratto a pena di nullità;

c. che, trattandosi di “nullità di protezione”, non poteva essere superata dal recesso contenuto in un documento dell’11/10/2011, di cui lui aveva sempre disconosciuto la data di sottoscrizione.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 196 c.p.c., con conseguente erronea valutazione dell’accertamento tecnico versato in atti.

2.2. Lamenta che il giudice, in relazione al mancato utilizzo, da parte del CTU, della scrittura di comparazione depositata da Unicredit (doc 25), era tenuto a dare adeguata motivazione alla non adesione alle conclusioni dell’accertamento peritale, dovendo altrimenti disporre la rinnovazione delle indagini.

3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullità della sentenza per omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla erronea valutazsione del rapporto dare/avere fra le parti in causa, questioni che erano state oggetto del suo appello incidentale, ed erano state ritenute assorbite dalla Corte territoriale.

4. Tanto premesso, deve preliminarmente essere esaminata la questione, rilevabile d’ufficio, attinente alla procedibilità del ricorso.

4.1. Infatti, la società ricorrente da atto dell’avvenuta notifica della sentenza impugnata (cfr. pag. 2) in data 16.5.2019 nell’epigrafe del ricorso (di cui, tuttavia, non indica la modalità con la quale è avvenutale cioè a mezzo PEC o a mezzo Ufficiale Giudiziario), ma dall’esame della documentazione allegata risulta del tutto assente la prova dell’incombente enunciato, prescritto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

4.2. A ciò si aggiunge che il ricorrente non la menziona neanche, in calce al ricorso, fra gli atti depositati, né la indica nella nota di deposito ed iscrizione a ruolo allegata al fascicolo depositato nella cancelleria di questa Corte il 29.7.2019. Ne’ risulta che la prova della notifica sia stata fornita dai controricorrenti e che sia, pertanto, comunque, presente fra gli atti.

4.3. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare i seguenti principi, ormai consolidati, ai quali il Collegio intende dare seguito:

a. “la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, i ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2 applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte dei controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione” (cfr. Cass. 25070/2010; Cass. 9987/2016).

b, “Pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima (adempimento prescritto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2), il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi precedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire ai giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2” (cfr. Cass. 17066/2013).

5. Nel caso in esame, l’assenza della prova della notifica della sentenza, della quale è ignota anche la modalità con la quale venne effettuata, è accompagnata dal mancato superamento della cd. “prova di resistenza”: infatti, la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 8.5.2019 ed il ricorso è stato notificato il 12.7.2019, e cioè oltre il termine di sessanta giorni dalla data della pubblicazione.

5.1. In tale situazione, l’omissione del ricorrente non può ritenersi in alcun modo “sanata” e, conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

dichiara l’improcedibilità del ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore di Unicredit Spa in Euro 5.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, ed in favore di Fino 1 Securisation Srl in Euro 200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile della Corte di cassazione, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2021

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