LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35620-2018 proposto da:
F.M., T.A., G.C., B.F., A.L., F.S., G.A.L., P.V., M.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO BOLOGNESI, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
TELECOM ITALIA S.P.A. (anche nella qualità di incorporante di EMSA SERVIZI S.P.A. in liquidazione), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.
FARAVELLI presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro H2H FACILITY SOLUTIONS S.P.A., (già MANUTENCOOP PRIVATE SECTOR SOLUTIONS S.P.A.);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1384/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/06/2018 R.G.N.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
Con ricorso al Tribunale di Roma in funzione di Giudice del lavoro, i sigg.ri F., G., A., B., G., M., P., T., R. e S. hanno esposto di aver lavorato alle dipendenze di Telecom Italia s.p.a. come addetti alla manutenzione del patrimonio immobiliare fino al 31 ottobre 2004; che i contratti di lavoro erano stati ceduti a MP Facility s.p.a. per conferimento di ramo di azienda (da Telecom o dalla società EMSA Servizi s.p.a. -presso cui erano già transitati per effetto di analoga cessione con decorrenza 1.12.03 da IT Telecom s.p.a.), sicché, con decorrenza 31.10.04, i rapporti di lavoro erano proseguiti (ai sensi dell’art. 2112 c.c.), alle dipendenze della M.P. Facility s.p.a. con contratti di cessione di rami di azienda del 28 ottobre 2004.
I ricorrenti deducevano che tale contratto faceva seguito ad una serie di operazioni analoghe con cui Telecom Italia s.p.a. aveva esternalizzato numerosi servizi trasferendoli a società costituite ad hoc in modo da ridurre di circa la metà il personale e senza che potessero individuarsi, nell’oggetto delle cessioni, i requisiti per la sussistenza di un ramo di azienda per cui il contratto impugnato non poteva essere ricondotto allo schema tipico del ramo d’azienda come delineato dall’art. 2112 c.c..
I ricorrenti convenivano pertanto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, Telecom Italia s.p.a. e M.P. Facility s.p.a. chiedendo l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento loro intimato con immediato ripristino dei rapporti di lavoro con la Telecom Italia s.p.a..
Le società convenute si costituivano in giudizio per resistere alle avverse pretese e, in riferimento alla sola EMSA SERVIZI, eccepivano l’inammissibilità della domanda nei confronti del sig. T..
La Manutencoop private sector solutions s.p.a. (già MP Facility), regolarmente citata, rimaneva contumace.
Nel merito, le società resistenti, contestavano le avverse domande sostenendo che, nell’ambito della struttura aziendale della Telecom e di EMSA, era stata costituita un’articolazione di “Facility Management” per la gestione dei servizi di manutenzione degli immobili, sia per la parte amministrativa che per la parte tecnica; che la manutenzione era stata trasferita, come ramo di azienda, alla M.P. Facility s.p.a., che con tali società aveva stipulato un contratto di servizio avente ad oggetto lo svolgimento della medesima attività svolta in precedenza dal ramo trasferito ed aveva creato una struttura di controllo dell’operato della M.P. Facility s.p.a..
Il Tribunale, con sentenza del 3.5.16, dichiarava l’inammissibilità del ricorso “per intervenuta adesione alla cessione da parte dei ricorrenti, espressa per fatti concludenti e cioè tramite l’esecuzione per oltre 10 anni del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria”.
Avverso tale sentenza proponevano appello i lavoratori; resistevano le società convenute.
Con sentenza depositata il 4.6.18, la Corte d’appello di Roma, pur escludendo che nella specie potesse parlarsi di acquiescenza al trasferimento, rigettava il gravame compensando le spese del grado. Per la cassazione di tale pronuncia propongono ricorso i lavoratori, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste con controricorso Telecom Italia s.p.a., in proprio e quale incorporante la EMSA Servizi s.p.a. in liquidazione.
La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. – Con il primo motivo i lavoratori denunciano la violazione dell’art. 2504 bis c.c., per avere la sentenza impugnata escluso che R., T., F. e S. potessero chiedere il ripristino del rapporto nei confronti di Telecom Italia essendo essi dipendenti di EMSA s.p.a. e di IT Telecom, società pur incorporate da Telecom Italia.
Il motivo è infondato poiché seppure è vero che in base alla norma ora citata la fusione di società realizza una successione universale corrispondente a quella “mortis causa” e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati (ex aliis, Cass. n. 11059/11), il subentro di Telecom è pur sempre inerente una società, la EMSA, nei cui confronti non risulta avanzata alcuna domanda di nullità del trasferimento di ramo d’azienda ad MP Facility.
2.- Con secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 2907 c.c. e art. 99 c.p.c., oltre che degli artt. 1406 e 2112 c.c., lamentando che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto che le domande di R., T. e S. nei confronti di Telecom Italia non potevano essere accolte per il fatto che non era stata introdotta alcuna contestazione riguardo alla cessione del ramo di azienda da Emsa a MP Facility s.p.a..
Il motivo è infondato per le stesse considerazioni svolte sub 1).
3.- Con terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 2112 c.c., per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che i servizi esternalizzati integrassero un autonomo ramo d’azienda, trasferibile.
Al riguardo occorre osservare che questa Corte, proprio con riferimento alla vicenda traslativa Telecom Italia-MP Facility (cfr. Cass. n. 5117/12), ha escluso la sussistenza di un valido trasferimento di ramo di azienda.
Tuttavia la sentenza, basata su di uno specifico accertamento di fatto riguardante la cessione di ramo d’azienda direttamente da Telecom a MP Facility e non già attraverso il passaggio per EMSA, non può vincolare questa Corte, tanto più che la sentenza oggi impugnata ha accertato che il ramo di azienda ceduto possedesse i requisiti di autonomia organizzativa ed economica in parola, risolvendosi così la censura in esame in un’inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti.
4.- In conclusione il ricorso va rigettato.
Considerata la complessità della vicenda e dei trasferimenti tra le varie società, ritiene il Collegio equo compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2021