LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31534-2020 proposto da:
G.G., in proprio e quale erede del Sig. T.A., in qualità di fidejussore della WORDL COM SRL, domiciliatain ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI BARBATELLI;
– ricorrente –
contro
BPER CREDIT MANAGEMENT SCPA, quale mandataria e per conto della BPER Banca Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA 55, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO IZZO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1244/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
CHE:
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe indicata, disattendendo il gravame proposto da G.G. e T.A., ha confermato la sentenza del Tribunale di Avellino, con la quale era stata dichiarata l’estinzione del giudizio dagli stessi promosso, unitamente alla società World Com SRL in liquidazione, nei confronti di BPER Credit Management SCPA, sul rilievo che il processo era stato riassunto oltre il termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione, termine previsto dall’art. 305 c.p.c. nella formulazione applicabile ratione temporis.
G.G., in proprio e quale erede di T.A., ricorre per cassazione con due mezzi; BPER Credit Management SCPA ha replicato con controricorso e memoria; il Fallimento della società World Com SRL in liquidazione è rimasto intimato.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 303 e 305 c.p.c., nonché ex art. 18 L. Fall., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
La ricorrente, sulla premessa che il termine per la riassunzione non decorre dal momento in cui si è verificato l’evento interruttivo, ma dal momento in cui lo stesso evento è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione in forma legale, si duole che in fase di merito non si sia tenuto conto che nel corso del giudizio di primo grado, una volta intervenuta l’interruzione del giudizio per il sopravvenuto fallimento della società, vi erano state delle modifiche sia nella persona del giudice delegato che del curatore – a seguito della declaratoria di incompetenza del Tribunale fallimentare originariamente adito – che aveva inciso sulla possibilità di notificare la riassunzione.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 303 e 305 c.p.c., nonché ex art. 18 L. Fall..
La ricorrente si duole della declaratoria di intempestività della riassunzione ed assume che vi sarebbe stata una sospensione del termine per la riassunzione conseguente al reclamo proposto avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della società, accolto sotto il profilo dell’incompetenza territoriale del giudice fallimentare, oltre che per la sospensione feriale dei termini che sarebbe caduta in detto periodo.
2. I due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione sono infondati.
E’ decisivo rammentare che “In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43 L. Fall., comma 3, ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 L. Fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario.” (Cass., Sez. U. Sentenza n. 12154 del 07/05/2021): nel caso in esame, è incontestato che la ricorrente ed il suo dante causa avevano avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo (e cioè, l’intervenuto fallimento della società World Com SRL in liquidazione), ex art. 176 c.p.c., comma 2, all’udienza del 20/1/2010, nel corso della quale l’interruzione venne dichiarata, e che da tale data decorreva il termine semestrale per il deposito del ricorso in riassunzione – peraltro non inciso dalla sospensione feriale dei termini -, con la conseguenza che quest’ultimo, depositato l’11/10/2010, era palesemente tardivo, come accertato in sede di merito.
Va, inoltre, ribadito che “La riassunzione del processo si perfeziona nel momento del tempestivo deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, senza che rilevi l’eventuale inesatta identificazione della controparte nell’atto di riassunzione, dal momento che tale atto è valido, per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., quando contenga gli elementi idonei ad individuare il giudizio che si intende proseguire. Ne consegue che non incide sulla tempestività della riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, atta invece alla realizzazione del contraddittorio, nel rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”, sicché, ove essa sia stata omessa nei confronti del soggetto che doveva costituirsi, il giudice è tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine (in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c.) entro un termine necessariamente perentorio la cui inosservanza determinerà, se del caso, l’estinzione del giudizio ai sensi del citato articolo in combinato disposto con l’art. 307 c.p.c., comma 3.” (Cass. n. 6921 del 11/03/2019): pertanto, sono del tutto prive di rilevo e fuori centro le deduzioni in merito alle vicende fallimentari – segnatamente, la declaratoria di incompetenza del giudice fallimentare originariamente adito e la nomina del nuovo curatore, cui non consegue alcun effetto sospensivo del termine per la riassunzione -, atteso che le stesse non impedivano il tempestivo deposito del ricorso per riassunzione.
La decisione impugnata risulta, perciò, immune dai vizi denunciati.
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
PQM
– Rigetta il ricorso;
– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.400,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2021