Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.41549 del 27/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18424-2019 proposto da:

AQUILEIA CAPITAL SERVICES SRL (quale mandataria con rappresentanza di EAGLE SPV SRL, cessionaria di HYPO ALPE ADRIA BANK SPA), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 42, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GALOPPI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONELLA LILLO;

– ricorrente –

contro

***** SAS *****, in persona del Curatore pro tempore, nonché

dei soci illimitatamente responsabili, B.A., L.A., B.D., BO.AR., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVORNO 7, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO TEDESCHI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELLA SANTELLO;

– controricorrenti –

avverso il decreto n. RG 5726/2018 del TRIBUNALE di TREVISO, depositato il 03/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.

RILEVATO

che:

1. Con ordinanza n. 9933 del 20/04/2018 questa Corte ha accolto il ricorso proposto da Hypo Alpe Adria Bank S.p.a. avverso il decreto con cui il Tribunale di Treviso aveva rigettato la sua opposizione ex art. 98 L. Fall., volta ad ottenere l’ammissione del credito al passivo del Fallimento ***** s.a.s. *****, nonché dei soci illimitatamente responsabili, in via chirografaria piuttosto che con l’invocata prelazione ipotecaria;

1.1. il Tribunale di Treviso, in sede di rinvio, ha dichiarato la tardività della riassunzione del giudizio – con conseguente estinzione del processo – ad opera di Aquileia Capital Services s.r.l. (quale mandataria con rappresentanza di Eagle SPV s.r.l., a sua volta cessionaria del credito di Hypo Alpe Adria Bank Spa), in quanto proposta con citazione, a norma dell’art. 392 c.p.c., piuttosto che con ricorso, ai sensi dell’art. 394 c.p.c., peraltro depositata in cancelleria oltre il termine di tre mesi dalla pubblicazione dell’ordinanza di cassazione con rinvio, a nulla rilevando che la notifica fosse stata pacificamente effettuata alla controparte entro il predetto termine;

2. avverso detta decisione Aquileia Capital Service ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi di ricorso, corredato da memoria ex art. 380-bis c.p.c., cui il Fallimento intimato ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:

2.1. il primo motivo denuncia la nullità del decreto “ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 392 e 394 c.p.c., anche in relazione all’art. 12 preleggi, nella parte in cui afferma che la riassunzione del giudizio di rinvio sarebbe dovuta avvenire con ricorso e non invece con citazione”;

2.2. analoga censura, con l’aggiunta della violazione dell’art. 156 c.p.c., viene mossa con il secondo mezzo, in relazione alla parte in cui si “esclude che la notifica dell’atto di citazione in riassunzione – sebbene avvenuta nel rispetto del termine di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza di Cassazione – sia equipollente, al fine di fare salvo il termine di cui all’art. 392 c.p.c., comma 1, al deposito del ricorso in Cancelleria”, sollevando in subordine la questione di legittimità costituzionale degli artt. 392 e 394 c.p.c., come interpretati dal tribunale, “per contrasto con i principi del giusto processo e con il diritto all’effettività della tutela giurisdizionale sanciti dagli artt. 24 e 111 Cost., e art. 6 CEDU”;

2.3. anche il terzo motivo lamenta la nullità del decreto per violazione dell’art. 112 c.p.c., “avendo il Tribunale omesso di pronunciare la domanda di rimessione in termini di Aquileia formulata per l’ipotesi di overruling (quale appunto quello pronunciato dal Tribunale di Treviso)”;

3. i motivi sono infondati;

3.1. da lungo tempo questa Corte afferma, con il conforto di autorevole dottrina processualistica, che l’art. 394 c.p.c., è norma speciale rispetto all’art. 392 c.p.c. (Cass. n. 2973 del 1975, Cass. n. 1603 del 1982, Cass. n. 13422 del 2004, Cass. n. 21255 del 2010, 19020/2017), con conseguente necessità di provvedere alla riassunzione del giudizio con ricorso, qualora questo sia l’atto tipico del rito speciale seguito;

3.2. rispetto a questo granitico orientamento, non rilevano i precedenti invocati nel ricorso (peraltro, Cass. Sez. U n. 2155 del 1985, in realtà richiama Cass. n. 2973 del 1975, mentre Cass. Sez. U n. 13797 del 2012, attiene al giudizio di impugnazione della decisione del C.N.F. nel quale il deposito presso l’Ordine locale C.O.A. è aggiuntivo);

3.3. detto orientamento è stato anche di recente confermato in materia fallimentare, nel senso che, “in seguito alla cassazione della sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento, il giudizio di reclamo ex art. 18 L. Fall.. deve essere tempestivamente riassunto, dinanzi al giudice del rinvio, con ricorso e non con citazione, rimanendo assoggettato alle regole del rito camerale che permeano l’originario procedimento di cui esso rappresenta una fase ulteriore” (Cass., Sez. 1, 31 marzo 2021, n. 8980);

3.4. sempre secondo il costante indirizzo di questa Corte, parimenti in linea con la dottrina, l’art. 156, comma 3, non può superare il termine perentorio posto a pena di estinzione del processo dall’art. 392 c.p.c., comma 1 (Cass. n. 13422 del 2004, Cass. n. 21255 del 2010, Cass. n. 5777 del 2012), con conseguente manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata al riguardo poiché, altrimenti, si finirebbe sostanzialmente per ritenere che qualsiasi termine perentorio posto a pena di inammissibilità o di decadenza leda il diritto di difesa;

3.5. non si ravvisa infine la denunziata omessa pronuncia, sussistendo semmai una pronuncia implicita di rigetto (Cass. n. 92627 del 2019, Cass. n. 32258 del 2018, Cass. n. 27627 del 2018, Cass. n. 22545 del 2018), in assenza dei presupposti del cd. overruling (per quanto sopra osservato in relazione al primo motivo), fenomeno che peraltro non ricorre quando viene confermato un orientamento maggioritario (Cass. n. 13522 del 2017);

4. stante la piena conformità del decreto impugnato alla costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte, il ricorso va dunque rigettato;

5. segue la condanna alle spese, che si liquidano come da dispositivo;

6. ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Cass. Sez. U, n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021

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